A.C. 1018-A
Grazie, Presidente. Stiamo discutendo oggi alla Camera un atto che si potrebbe descrivere con molte parole, ma ne utilizzo una: totalmente discriminatorio. Nel momento in cui in Commissione Ambiente abbiamo visto arrivare la proposta presentata dall'onorevole Foti, devo dire che lo stupore, da parte nostra, è stato totale. Ma non solo da parte dell'opposizione, ma anche da parte di alcuni banchi della maggioranza.
Lo dico, per il suo tramite all'onorevole Foti, della volontà di poter andare avanti su una proposta del genere e lo dico perché, su questa vicenda, la cosa più brutta è utilizzare un articolo del Terzo settore, che è un tema veramente importante, un nucleo importante del nostro Paese. Utilizzando una questione di carattere urbanistico su un tema così delicato, che riguarda l'inclusione, l'integrazione e anche le questioni religiose, penso che sia un fatto bieco, totalmente discriminatorio e assolutamente ingiusto e credo che, in questo caso, ci siano tutti gli elementi perché questo provvedimento sia incostituzionale. Cerco di spiegarlo perché la norma che stiamo discutendo è una proposta di legge volta a dettare i criteri per l'applicazione alle associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto della normativa di favore, prevista in questo caso dall'articolo 71 della legge 117/2017, che riguardava, in questo caso, le associazioni di promozione sociale e che regolava i luoghi in cui le associazioni di promozione sociale potevano svolgere la propria attività. Ecco noi pensiamo che questa proposta sia del tutto illegittima e fortemente lesiva, innanzitutto, del divieto di discriminazione, in virtù dell'appartenenza a una confessione religiosa.
Così come previsto dall'articolo 3, primo comma, della Costituzione; laddove si limita l'applicazione della norma a carattere eccezionale e di favore, quale quella introdotta dall'articolo 71, solo con riferimento all'associazione di promozione sociale che non svolgano attività di culto. Ma la cosa assurda di questa vicenda è che riguarda solamente quelle religioni che non hanno firmato l'intesa, che è una cosa veramente abominevole e assolutamente discriminatoria perché credo che, nel nostro paese, oggi vivono in serenità molte persone che praticano la religione evangelica e islamica, religioni che non hanno firmato l'intesa.
Ci sono molte discussioni in merito e le audizioni che abbiamo fatto nella Commissione ci hanno dato chiaramente la stessa soluzione: questa norma è incostituzionale perché l'articolo 8 dice chiaramente che “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi, secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano”. E ancora l'articolo 19: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda, e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”; nonché l'articolo 20: “Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività”. Abbiamo letto tre articoli che dichiarano chiaramente che questa norma è incostituzionale. Credo che, onorevole Foti, non lo diremo noi, lo dirà il Presidente della Repubblica, anzi chiaramente lo dirà. Sicché voi potete andare ancora avanti, ma noi faremo battaglia politica su questo punto perché crediamo che sia totalmente discriminatoria.
Credo che, a questo punto, noi dovremmo andare a discutere non solo nei luoghi e nelle piazze, ma sarà anche necessario uno strumento da parte vostra perché questa norma - lei non se ne rende conto - non pone assolutamente limiti. Voi dovete stare attenti perché non porrà limiti, Presidente. Perché dopo ci sarà anche altro e basta leggere gli emendamenti su questo punto presentati dalla Lega, che dopo descriveremo.
C'è anche una sentenza della Corte costituzionale, la sentenza n. 254 del 2019, secondo cui “la libertà di culto si traduce anche nel diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare”. Sicché, di fatto abbiamo anche una sentenza che dichiara che questa norma è assolutamente sbagliata, discriminatoria e incostituzionale. Uno degli aspetti, signor Presidente, che io però vorrei evidenziare - perché la cosa veramente mi sta a cuore - riguarda la postura del nostro Paese di fronte alle vicende dell'integrazione e, soprattutto, dell'immigrazione.
Io credo che ci debba essere una postura diversa, qui non c'è una cultura esterna che vuole sopraffare il nostro Stato sociale o il nostro buon vivere, dal punto di vista religioso o della vita quotidiana di ognuno di noi. Il punto è che questa cosa, se si vuole gestire - come giustamente si deve gestire - ha bisogno di vincerla sulla autorevolezza culturale, sulla capacità di poter far vedere che il nostro Paese è un Paese civile che vuole l'integrazione, che vuole riuscire a far sì che la nostra popolazione si possa integrare con le altre, al di là del proprio colore o della propria religione.
Ecco perché credo che noi, su questo, come dicevo prima, faremo battaglia politica. Però, guardate, voglio leggervi un pensiero perché, di fatto, poi, si traduce tutto nel capire che tipo di tolleranza noi vogliamo. Infatti, la tolleranza è ciò che ci permette l'incontro con il diverso, senza violenze ed è evidente come, spesso, questo non sia avvenuto nel nostro Paese. Ancora oggi, seppure in maniera meno lampante, tollerare - sia nel senso di portare che di sopportare la diversità - risulta quanto mai difficile e complicato nel nostro Paese, sia per quanto riguarda il dialogo fra le religioni, specialmente monoteiste, sia per quanto concerne l'arena politica. Tollerare un'idea, un concetto, una posizione su una determinata questione sembra non fare parte del panorama politico italiano. Continue violenze e contrapposizioni, dentro e fuori le aule del Parlamento, dimostrano che l'incontro con l'altro sia sempre segnato da una violenza, a volte verbale, a volte legislativa. E questa è una violenza che noi dobbiamo fermare e che noi vogliamo fermare nell'ambito di quest'Aula e in relazione a tale decreto.
Noi vogliamo che su questo aspetto ci sia, da parte dell'Aula, un ripensamento in merito alla possibilità di andare avanti su questa questione, perché la riteniamo veramente ingiusta, sul tema dell'immigrazione e sulla gestione della coesione sociale, visti anche i tempi che stiamo vivendo a livello internazionale; credo che sia sbagliata. Ecco perché noi abbiamo presentato questo atto che vorremmo fosse votato da tutta l'Aula. Grazie.