Discussione generale
Data: 
Martedì, 8 Febbraio, 2022
Nome: 
Stefano Ceccanti

A.C. 3156-B

Sul merito puntuale della revisione costituzionale parlerà la collega Ciampi in dichiarazione di voto. La relatrice Corneli ha già inquadrato chiaramente la questione, così come avevano fatto i colleghi senatori. Ovviamente, ogni formulazione è sempre opinabile; come ha sottolineato il collega D'Ettore, in particolare lo è, come ha sempre chiarito lui, il livello di specificità a cui deve arrivare una norma costituzionale.

A me spetta, però, credo, rispondere qui ad una non improvvisata ma seria obiezione di fondo: perché intervenire per la prima volta sui primi dodici articoli della Costituzione, sul cuore della prima parte? È necessario? È opportuno? Sono domande riprese da una parte della dottrina costituzionale, con varie obiezioni, e in ultimo dal professor Tommaso Frosini sulla bella rivista federalismi.it, fondata dal professor Beniamino Caravita, recentemente scomparso e che abbiamo ricordato anche qui in Aula, e che meritano una risposta argomentata.

Questa domanda viene relativamente da lontano, almeno dagli anni Novanta, quando ci sia giustamente concentrati sugli aggiornamenti possibili sulla seconda parte della Costituzione, che evidenzia maggiormente i limiti del tempo e che è diventata per molti aspetti disfunzionale rispetto al perseguimento dei fini elevati della prima parte. Tuttavia, l'aspra polemica politica tra gli schieramenti ha portato erroneamente a vedere il rapporto tra le due parti della Costituzione come due compartimenti stagni, proibendo interventi sulla prima, il che appare eccessivo. Sappiamo bene che, a differenza della seconda parte, la prima ha bisogno solo di eventuali interventi puntuali, incrementali, evitando comunque un'inflazione di modifiche, una banalizzazione della revisione costituzionale, mantenendo una maggiore prudenza. Le due parti, però, non possono essere considerate a compartimenti stagni e l'articolo 138 sulla revisione, a differenza di altre Costituzioni, non differenzia le procedure per modificarle.

Se guardiamo bene, questo atteggiamento equilibrato è stato a lungo prevalente: basta risalire agli anni Ottanta, alla Commissione Bozzi. Quei parlamentari, tra cui sedevano ancora allora esponenti dell'Assemblea costituente e delle prime legislature repubblicane, non solo avevano previsto un intervento analogo per la valorizzazione del diritto all'ambiente, ma anche tutta una serie di ulteriori revisioni che avrebbero toccato gli articoli 21, 24, 25, 27, 29, 32, 36, 37, 39 e 49, oltre all'introduzione di vari articoli aggiuntivi, 21-bis, 21-ter, 32-bis.

In ogni caso, anche volendo collegare in modo stringente la nozione di princìpi supremi coi primi dodici articoli della Costituzione, un conto è il concetto dei princìpi supremi e un altro conto la loro concreta formulazione, che può sempre evolvere, salva, nel caso, la garanzia offerta dalla Corte costituzionale perché si evolva in positivo e non regredisca.

Nessun atteggiamento sacrale, quindi, ma un'impostazione sanamente pragmatica: restiamo dei nani sulle spalle di quei giganti che hanno scritto il testo, specialmente i primi dodici articoli, ma spesso, con interventi prudenti, anche i nani sono chiamati a fare il loro dovere e aggiornare quanto fatto dai giganti, ed è quello che stiamo facendo con questa revisione costituzionale.