Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 7 Settembre, 2023
Nome: 
Sara Ferrari

A.C. 1135

Egregia Presidente, gentili colleghe e colleghi, siamo qui, oggi, al termine di un'estate feroce contro le donne, anzi, no, usiamo bene le parole, non è l'estate ad essere stata feroce, ma uomini e ragazzi contro donne e ragazze. Un succedersi di femminicidi e almeno due notizie di stupri collettivi: un'estate anomala, un'estate che ci porta a intervenire con urgenza su un'emergenza? Certo che no, ciò per cui ci siamo giustamente indignati, preoccupati e siamo pronti positivamente ad assumere decisioni di contrasto è l'emersione di un fenomeno endemico, atavico, sommerso e accettato, più o meno accettato, più o meno affrontato, che permea la nostra società, presente in tutte le nostre comunità, nelle nostre famiglie, nelle relazioni uomo-donna collettive, individuali e di coppia, presente in tutte le classi sociali, nelle aree degradate e in quelle più ricche.

Si è aperto ieri in Commissione giustizia, qui, alla Camera, l'iter che porterà all'approvazione di misure proposte dal Governo, misure penali di prevenzione del femminicidio.

Dico subito che anche attraverso la nostra proposta di legge, così come abbiamo dichiarato da mesi, noi siamo assolutamente disponibili a condividere le riflessioni e il percorso per migliorare gli strumenti di prevenzione in quella sede, quella del lavoro collettivo sugli strumenti, sulla procedura penale. Quello è per noi il luogo in cui anche la piccola, inutile, secondo le audizioni, modifica odierna andrebbe inserita.

Se di fronte a un fenomeno sociale collettivo, non individuale, di relazioni familiari nelle quali è un tabù entrare, se una piaga sociale vera e propria come la violenza sulle donne - i femminicidi - è così grande e così mostruosamente potente che non riusciamo a sconfiggerla, dovremmo darci una strategia di lotta più organica, più strutturata, più unitaria e più convinta. Se noi colpiamo il mostro solo in una sua parte, con le misure cautelari da sole, oppure, con le due righe di maquillage di oggi, facciamo un'operazione non certo nociva, ma innocua, agiamo un'occasione sprecata.

Molti hanno detto - e lo condivido - che come si è affrontata nei decenni scorsi e si è strutturata la lotta alla mafia, così dobbiamo essere capaci di avere un'unica grande strategia nazionale che, poi, si declini territorialmente, garantendo alle donne, alle ragazze e alle bambine una vita in sicurezza e in salute, non come vittime di violenza economica, psicologica, fisica o sessuale nelle proprie relazioni affettive. Ecco perché io credo che sulla violenza contro le donne noi avremmo bisogno non di tanti interventi in diverse norme, ma di un unico testo, di una specie di “codice appalti” contro la violenza alle donne, immediatamente applicabile, cogente, prescrittivo e preciso, fornendo poi ad ogni territorio di questo Paese, però, il personale e i finanziamenti, perché la rete degli interventi da mettere in campo possa garantire le stesse opportunità in ogni luogo. Ci sono esperienze regionali, ne conosco personalmente, che queste cose le stanno già facendo, non ignoriamole.

Dobbiamo raccogliere i dati di quello che è emerso - l'Istat stima che sia solo il 10 per cento del totale - comparando le caratteristiche del fenomeno attraverso le denunce delle Forze dell'ordine e i dati anonimizzati delle vittime seguite e assistite dai servizi territoriali e dai centri antiviolenza, perché così possiamo intervenire in maniera più competente. L'ultima volta che sono intervenuta in quest'Aula su questo tema era il 6 giugno scorso; in quell'occasione, si discuteva il primo provvedimento sulla pubblica amministrazione e io proponevo, insieme al mio gruppo, di promuovere, sostenere e, quindi, di finanziare meglio, di più e con maggiore sistematicità e coerenza di quanto non si faccia la formazione specifica degli operatori che hanno a che fare con le vittime di violenza di genere. Stiamo parlando del personale dei servizi sociali, sanitari, scolastici, delle Forze dell'ordine, ma anche perfino dei sacerdoti e di tutti quei soggetti che possono entrare in contatto con vittime di reati di violenza di genere, per saper intercettare e riconoscere tali reati e adottare un protocollo di comportamento comune rispetto alle informazioni da dare a queste persone e il loro accompagnamento ai servizi pubblici, anche alla protezione e alla tutela legale.

Ciò che è emerso dall'accurato e competente lavoro che la precedente Commissione sul femminicidio ha compiuto è che le donne spesso non vengono credute e alle loro parole non viene dato abbastanza peso. Il 6 giugno scorso, come dicevo, ho letto in quest'Aula i nomi delle prime 47 donne che erano state uccise in ambito familiare e affettivo a quella data. La forza scioccante di quell'elenco, unita all'intollerabile vicenda della giovane Tramontano, uccisa insieme a suo figlio, portò quest'Aula a un lunghissimo applauso durato quasi due minuti, che ha accompagnato i nomi e i cognomi di quella mattanza. Eppure, due minuti dopo, quella proposta è stata bocciata.

La costante svalutazione del portato femminile nella nostra comunità e il mancato rispetto sostanziale delle pari opportunità, la mancata occupazione femminile, che fa delle donne anche i soggetti economicamente più fragili, il persistere di stereotipi di ruolo, che avvantaggiano il maschile in qualsiasi ambito, pur con ovvie eccezioni, sono la normalità nel nostro Paese.

Una normalità spesso accettata come destino come non reversibile che spiega il perché il più forte si senta nella possibilità di agire violenza economica, psicologica, fisica sessuale nei confronti dei soggetti più fragili, le donne.

Più di una volta il nostro Paese è stato condannato in Europa per mancata valutazione del rischio di mortalità legato ai casi di violenza domestica previsto dalla Convenzione di Istanbul; se la nostra magistratura non sa interpretare le situazioni di rischio, perché magari non ha personale competente, perché non è formata per vederla e riconoscerla non riesce ad intervenire.

Non solo con urgenza, su cui si limita a concentrarsi questa proposta di legge, ma con competenza e non saprà adottare le risposte più efficaci per affrontare questa piaga sociale e impedire e prevenire ed evitare davvero che ci sconcertiamo per l'ennesimo femminicidio.

Se i dati del Viminale dello scorso anno ci parlano di 120 femminicidi e siamo ad oggi a 78 donne morte in ambito familiare e affettivo, ecco abbiamo una macabra contabilità e abbiamo davanti da qui a fine anno altre 40 occasioni per indignarci. Ma certo con questa norma non riusciremo a impedirlo.

Ecco perché noi appoggeremo, per intervenire con maggiore efficacia sulle misure cautelari, il provvedimento che ha iniziato l'iter ieri in Commissione, insieme alle nostre proposte di legge e a quelle dei 5 Stelle e di Italia Viva.

Altrettanto ci aspettiamo però, proprio perché l'approccio deve essere trasversale e concreto e deve interessarci tutti, una sensibilità e un'apertura sulla necessità di strutturare percorsi di formazione specifica per gli operatori, le forze dell'ordine e la magistratura e una educazione nelle nostre scuole di ogni ordine e grado alle relazioni corrette e rispettose tra maschi e femmine.

Ad ogni fiaccolata ci diciamo che dobbiamo educare le nuove generazioni, educarle a relazioni uomo-donna che devono essere corrette e rispettose e che riconoscano le differenze, ma che diano alla differenza tra uomini e donne lo stesso valore.

Per questo ci sono proposte di legge depositate sull'educazione all'affettività e alla sessualità anche da parte nostra per insegnare che i rapporti affettivi possono anche finire, senza che per questo finisca la vita delle donne.

Voglio ricordare qui che noi dobbiamo agire anche sui messaggi culturali: è già stato citato prima, come emblematica in termini negativi, la sentenza che ci ha costretti a dire alle nostre figlie e nipoti che frequentano le nostre scuole, che se un uomo ti mette le mani nella biancheria intima lo devi accettare, perché in fin dei conti è una cosa veloce, uno scherzo che noi oggi accettiamo come inevitabile, come normalità e come obbligatoriamente accettabile. Questa norma non aggiunge nulla e parla della possibilità di avocare a sé da parte del procuratore un caso che non sia stato seguito nei tre giorni (è una possibilità già prevista nella disciplina della c.d. legge Orlando del 2017).

Per queste motivazioni e per quelle illustrate in Commissione dagli auditi - perché questa proposta di legge introduce una facoltà e non un obbligo che tra l'altro già esiste - e perde l'occasione di essere efficace, non prevedendo un euro per formazione e reclutamento del personale, né obbligo formativo.

Per tutti questi motivi, noi rinviamo la nostra collaborazione a una sede più seria e oggi ci asteniamo su questo provvedimento.