Discussione sulle linee generali
Data: 
Mercoledì, 29 Giugno, 2022
Nome: 
Walter Verini

A.C. 2307-A​

Grazie, Presidente. Non c'è dubbio che questa discussione, finalmente approdata in Aula, costituisca un tema delicato. Però, un Parlamento democratico non può e non deve temere di affrontare temi delicati e controversi. Per questo, dico subito che vanno evitati, secondo noi, toni sbagliati di scontro ideologico. Non siamo a un derby e non debbono affrontarsi curve di tifoserie. Ho letto dichiarazioni catastrofiste di Salvini e di Meloni su questi temi; Salvini minaccia addirittura crisi di Governo. Questo significa fare, a mio giudizio, esattamente l'opposto di quello che un Parlamento democratico dovrebbe fare davanti a temi come questi. Noi pensiamo invece che il Parlamento, oggi, stia provando a sintonizzarsi meglio con la realtà, con la vita vera, e a dare risposte serie a problemi che le attendono da anni. In parte le ha fornite la Corte di cassazione con sentenze innovative, ma è giusto che sia un Parlamento a offrire risposte più organiche. Una spinta popolare forte sarebbe potuta venire dal referendum su un quesito vicino ma non coincidente con il contenuto di questa legge, un quesito che era stato proposto da oltre un milione di cittadini, a differenza di quelli ammessi e poi bocciati che, come ricorderemo, erano stati proposti da nove consigli regionali. Tuttavia, la Consulta, come è noto e come veniva ricordato durante i precedenti interventi, non ha ammesso questo quesito. Quindi, è il Parlamento che è chiamato a fare la sua parte.

Solo per la cronaca, ricordo che un sondaggio SWG del febbraio scorso - non è il Vangelo ma è un indicatore - ha calcolato nel 67 per cento la quota di cittadini che avrebbero votato a favore di quel referendum sulla cannabis, che prevedeva una legalizzazione molto più ampia di quella che prevede il provvedimento che stiamo esaminando.

La Commissione giustizia della Camera la sua parte l'ha fatta, in modo non ideologico però, vogliamo dirlo, anche senza ipocrisia. Con questo testo infatti - anche questo vogliamo dirlo con chiarezza - non si liberalizzano le droghe, non si sdogana la cultura dello sballo, per usare un termine forse un po' abusato. Al contrario, viene istituita anche, su proposta del gruppo PD con un emendamento a prima firma Di Giorgi, una giornata di informazione e prevenzione su ogni tipo di abuso e dipendenza da contrastare, siano sostanze psicotrope, alcolismo, tabagismo. Queste piaghe, queste dipendenze le vogliamo prevenire e contrastare e su questo occorre un grande sforzo di formazione e informazione, indirizzato soprattutto verso i giovani, coinvolgendo scuola, mezzi di comunicazione e famiglie, senza inefficaci proibizionismi e perbenismi ma puntando su responsabilità, consapevolezza e dialogo.

Dicevo che con questa proposta non si liberalizza proprio niente.

Al contrario, si rende legale la coltivazione per uso personale e terapeutico fino a 4 piantine - questo è il limite, 4 piantine di cannabis - senza correre il rischio di subire conseguenze penali, sequestri o sanzioni amministrative. Questo significa, tra l'altro, contribuire a evitare che vi sia nelle carceri oltre un terzo - quasi il 35 per cento - di detenuti per droghe, il doppio della media europea e molto di più di quella mondiale, che è del 21,6 per cento. Tanta parte di questi detenuti è rappresentata da tossicodipendenti che esercitano questa attività illegale proprio perché tossicodipendenti, persone che non dovrebbero stare in carcere, ma essere curati e riabilitati nelle comunità, eliminando così anche la piaga del sovraffollamento carcerario e recuperandoli, dando loro una nuova chance di vita, perché, dando loro questa chance di vita nuova, si evita anche che tornino a delinquere.

È ipocrita allora dire un “no” categorico e pregiudiziale alla legalizzazione e un “no” ai termini di legalizzazione proposti da questa legge che stiamo discutendo. Perché dico che è ipocrita? Perché oggi la cannabis non sarà legale, ma è liberalizzata di fatto; è questa l'ipocrisia che io vorrei denunciare. Si può acquistare a ogni angolo di strada, davanti alle scuole, nelle discoteche e troppo spesso ad essere purtroppo liberalizzate sono anche droghe pesanti che provocano pesanti conseguenze di dipendenza e danni a tante persone, a tanti giovani. La strada per contrastare questa realtà, lo ripetiamo, non è il proibizionismo. Ce lo dice la storia, ce lo dice la realtà. Le ricette proibizioniste hanno fallito ovunque. Dietro lo spaccio di droghe ci sono poi quasi sempre organizzazioni criminali, narcotrafficanti che con questo smercio producono per sé colossali guadagni illeciti che vengono riciclati e reinvestiti nell'economia, nella finanza, nel welfare criminale. È la 'ndrangheta a farla da padrona, con una capacità invasiva ed espansiva allarmante.

La recentissima relazione annuale, di questi giorni, della Direzione centrale per i servizi antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza rileva una permanente, pericolosa presenza anche di altre mafie, da Cosa nostra alle organizzazioni e ai clan camorristici. Nel 2021 sono state 91 le tonnellate di droga sequestrate, 32 in più rispetto all'anno precedente. Si tratta, in gran parte, di droghe pesanti, in primis cocaina ed eroina, e pure di nuove e terribili droghe chimiche. Sono raddoppiati anche i sequestri che hanno riguardato sostanze legate alla cannabis, traffici sempre gestiti dalle mafie. Del resto, è stato l'ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho a sostenere come l'attuale legislazione in materia sia vetusta e che la legalizzazione delle droghe leggere potrebbe sottrarre terreno al traffico internazionale e avrebbe il vantaggio di far concentrare la fase investigativa sul livello alto delle organizzazioni criminali e sulla filiera economica che ne deriva. Il suo predecessore, Franco Roberti, oggi europarlamentare, ha aggiunto che questo tipo di legalizzazione potrebbe portare, tra l'altro, alla liberazione di risorse da comparti dell'amministrazione della Giustizia, a una perdita secca di importanti risorse finanziarie per le mafie, al prosciugamento di risorse per il terrorismo integralista che controlla la produzione afgana di cannabis e, infine, a porre fine a un'azione repressiva che si è rivelata del tutto inefficace.

La legge dunque ha anche questo fondamentale obiettivo: provare a colpire meglio le organizzazioni criminali. Non farei troppe ironie, come ho sentito fare, anche perché, francamente, mi fido molto di più, su questo terreno, delle parole di personalità come Cafiero de Raho, come lo stesso Roberti o come Raffaele Cantone, che ha espresso concetti analoghi, piuttosto che delle ironie di qualcuno qui dentro.

Per tale ragione, questa legge introduce distinzioni tra sostanze leggere e pesanti, riduce la pena massima per reati di lieve entità connessi alla cannabis, elimina l'arresto in flagranza per chi viene trovato con una modica quantità di cannabis per i motivi che richiamavo prima e continua a colpire lo spaccio.

Questa, dunque, non è liberalizzazione ma legalizzazione in certe limitate e circoscritte modalità. La sua approvazione prima alla Camera e poi al Senato secondo noi rappresenterebbe anche un dovere morale nei confronti di quelle persone - anche questo è stato ricordato da qualche intervento - che la usano a scopo terapeutico. Sì, anche noi pensiamo innanzitutto a Walter De Benedetto, morto dopo tante sofferenze un mese e mezzo fa, che usava la cannabis per lenire i suoi dolori derivanti dalla sua drammatica condizione di malattia. Quando mancava la cannabis terapeutica, che gli forniva l'ASL - e, troppo spesso, quella cannabis terapeutica prodotta dallo stabilimento di Firenze non copre il fabbisogno di cui il Paese necessita -, in quel caso, quando mancava, Walter De Benedetto la usava e usava quella coltivata a casa sua. Per questo, verso la fine della sua vita, è stato processato, ma è stato anche assolto con una sentenza giusta e coraggiosa, ma non si può affidare ai singoli uffici giudiziari la soluzione del problema; spetta al Parlamento anche per evitare possibili discriminazioni tra cittadini e tra diverse realtà del Paese, legate magari a diverse interpretazioni della legge. Decidere in questa direzione significa, quindi, anche secondo noi, compiere un atto di giustizia e di riconoscenza verso persone come Walter De Benedetto. Erano queste le cose che fondamentalmente volevamo dire, ribadendo l'auspicio formulato all'inizio. Si tratta di temi seri, davanti ai quali non si può e non si devono chiudere gli occhi o, come ha detto, riferendosi anche ad altri temi dei diritti, poche ore fa il nostro deputato Filippo Sensi, che non si fanno barricate sui diritti e quindi sulla pelle delle persone.

Noi abbiamo lavorato con questo approccio serio e non riusciamo a comprendere il motivo di tutta questa ostilità preconcetta, di questi pregiudizi ideologici delle forze politiche della destra. Ogni volta che si tratta e si parla di rispettare, insieme alle emergenze e ai diritti sociali, anche i diritti civili, come quelli sulla cittadinanza dei quali si discuterà dopo, come quelli legati alla “legge Zan”, scatta un riflesso pavloviano, un riflesso condizionato, come se facessero venire l'orticaria i diritti civili e i diritti delle persone. Ma non è vero, è una mistificazione dire che questo Parlamento e la politica non si occupa di diritti sociali, perché, mentre noi siamo qui e parliamo di un tema che riguarda migliaia e migliaia di persone, ci sono le Commissioni bilancio e finanze che stanno discutendo del “decreto Aiuti”; abbiamo licenziato ieri il decreto sul PNRR, si sta parlando in queste ore di interventi sulle bollette per le imprese, per aiutare le famiglie ad arrivare alla fine del mese, stiamo parlando come PD di cuneo fiscale, di aiuti alle imprese, insomma ci occupiamo di diritti sociali ogni giorno in questo drammatico momento. Ma come si fa a dire che i diritti civili, i diritti delle persone sono in contrasto con i diritti sociali? Una visione un po' medievale - mi sia consentito - di certe forze di destra, da parte di esponenti come Giorgia Meloni e come Salvini, è assolutamente da evitare, perché rischierebbe di far arretrare questo Paese. Insomma, ogni volta che si deve far avanzare di un po', di un passo il costume civile di questo Paese a queste forze scatta questo riflesso pavloviano, una reazione di chiusura cieca e pregiudiziale, da società chiusa. Penso, però, che essere innamorati del passato e temere il futuro sia un'impresa vana perché - per dirla con il poeta - il futuro entra dentro noi prima che accada, fatevene una ragione.

Una politica matura questi temi li prova ad affrontare in Parlamento, confrontandosi con posizioni diverse e battendosi anche per soluzioni diverse, ma lavorando per queste soluzioni, senza fare ostruzionismi, non mettendo la testa sotto la sabbia e non rifugiandosi dietro quelle linee proibizionistiche che hanno dimostrato tutto il proprio fallimento, ma guardando semmai a tante esperienze, a tante legislazioni europee, nelle quali il contrasto alle dipendenze ha conosciuto importanti risultati. È per questi motivi che abbiamo voluto partecipare a questa discussione generale in questa giornata che segna l'approdo in Aula di un lavoro importante fatto da tante persone, da tanti movimenti, anche esterni a questo Parlamento, in Commissione giustizia innanzitutto. Mi auguro che questo sia solo un primo passo per far avanzare, con questo provvedimento, anche un po' di più il livello civile del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).