Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 13 Febbraio, 2017
Nome: 
Marilena Fabbri

A.C. 3113-A

Grazie, Presidente. Come è stato detto dalla relatrice Nesci, questa proposta di legge che porta anche il suo nome si pone due obiettivi principali. Il primo è quello di rafforzare gli strumenti di trasparenza nell'esercizio del voto e, quindi, anche di ridurre il rischio di voto di scambio o di inquinamento del voto stesso. Il secondo è quello, invece, di ampliare le possibilità di esercizio del voto a favore dei cittadini elettori fuori sede, fuori comune di residenza. 
Rispetto al primo obiettivo, come veniva già ricordato, sono stati diversi gli interventi su cui ci si è soffermati, andando anche a rivedere quelle che erano comunque delle modalità di esercizio del voto già previste e che si riteneva non avessero raggiunto, appunto, gli obiettivi prefissati, cioè quello di garantire, da un lato, la segretezza e, dall'altro, comunque, la correttezza e la trasparenza del voto. Quindi, si ricordava il tema delle urne che si prevede siano di materiale semitrasparente. Già oggi, il regolamento per l'esercizio del voto prevede questo tipo di urne tra quelle che il Ministero può indicare per l'utilizzo dell'esercizio del voto; con questa legge, invece, le si indica come modalità principale. Poi si interviene, invece, sulla tipologia delle cabine, quindi, cabine che non saranno più alte sui due metri come magari sono oggi, ma alte tre quarti, quindi, a un'altezza sufficiente a coprire il busto dell'elettore, ma non il viso. 
Questo dovrebbe avere l'obiettivo di garantire la segretezza del voto, in quanto, comunque, la cabina copre tre lati del luogo in cui si svolge il voto, ma nello stesso tempo dovrebbe inibire proprio quell'uso che in alcuni territori avviene di prendere il cellulare, anche se è vietato portarlo in cabina, e fotografare il voto per poi esibirlo, eventualmente, a chi lo si è promesso. Quindi, queste nuove cabine, non più alte oltre la persona, ma solo fino a tre quarti, dovrebbero, in qualche modo, inibire comportamenti già oggi vietati, ma che non è possibile, oltre una certa misura, poter verificare. Ciò che, poi, è stato condiviso in Commissione è che queste cabine non vengano sostituite tutte insieme – anche se sarebbe stato magari preferibile – perché ciò produrrebbe un costo di 32 milioni di euro, ma siano sostituite man mano che quelle esistenti si usurino o, eventualmente, non siano riadattabili secondo le nuove caratteristiche. 
Un ulteriore aspetto su cui si interviene sono i requisiti dei componenti di seggio. Veniva ricordato che già oggi la legge prevede una serie di requisiti che devono avere sia il presidente che i segretari di seggio che gli scrutatori; si interviene su questi per rafforzare, appunto, sia, da un lato, la rotazione, il ricambio generazionale, come veniva ricordato, sia per garantire ulteriormente la trasparenza anche di chi partecipa alla gestione dei seggi elettorali. In particolare, per il presidente e il segretario si è condiviso di prevedere il divieto di partecipazione ai parenti e gli affini fino al secondo grado dei candidati agli organi per cui si esercita il voto; abbiamo condiviso di non lasciare questo divieto anche per gli scrutatori in quanto, in comunità piccole, si potrebbe poi verificare il problema di reperire proprio le persone necessarie a garantire l'apertura dei seggi, perché nelle comunità piccole le relazioni di parentela sono molto alte. È stata introdotta una serie di limitazioni di carattere penale e, quindi, tutti i componenti del seggio non devono avere pendenze, anche per condanne di primo grado, in relazione a reati legati all'associazione mafiosa, voto di scambio, reati contro la pubblica amministrazione, corruzione o anche reati colposi che prevedono pene oltre i due anni. Riteniamo questo condivisibile – e, quindi, anche il caso di prevedere l'esclusione dalla partecipazione ai seggi anche per chi non ha contratto condanne definitive, ma solo in primo grado – in quanto riteniamo che prevalga l'interesse dello Stato a far sì che, all'interno dei seggi, ci siano persone riconosciute e riconoscibili, anche da chi partecipa al voto, come persone corrette e non con situazioni pendenti, da chiarire, nei confronti dello Stato. Quindi, in questo caso non prevale un eventuale diritto soggettivo, che comunque non esiste, perché partecipare ai seggi è un dovere e non un diritto, ma prevale l'interesse dello Stato alla trasparenza e alla correttezza nell'esercizio del voto e nell'allestimento delle condizioni perché l'esercizio del voto possa essere esercitato.
Abbiamo condiviso anche la scelta di riportare a sorteggio la scelta degli scrutatori. Questa era una modalità presente fino al 2005, poi è stata modificata con legge, riteniamo che sia condivisibile riportare questa modalità di scelta degli scrutatori – quindi, tramite sorteggio all'interno dell'albo – in modo da poter garantire, anche qui, una maggiore rotazione, un ricambio generazionale e maggiori opportunità dei soggetti interessati a partecipare ai seggi. Abbiamo condiviso anche la scelta di introdurre un 50 per cento di scrutatori scelti fra i disoccupati. Va detto che era già prevista una norma simile all'interno del nostro ordinamento; si diceva che qualora non si riuscisse a ricoprire il numero di scrutatori necessari attraverso la nomina all'interno degli albi questi dovessero essere chiamati attraverso le liste di collocamento.
In questo caso, invece, la scelta è che all'interno degli stessi albi degli scrutatori già un 50 per cento nella prima nomina e, quindi, attraverso il sorteggio, avvenga tra i disoccupati almeno negli ultimi trenta giorni. Devo dire che personalmente condivido meno un'altra scelta che è stata fatta, sempre legata al tema della trasparenza, che, però, a mio avviso, potrebbe anche rischiare di creare dei problemi nella partecipazione al voto. In che senso ? La legge oggi prevede che le sezioni elettorali siano composte da un minimo di 500 votanti a un massimo di 1.200. Si è ritenuto in Commissione, su proposta della relatrice, di alzare questo minimo a 700: quindi, le sezioni elettorali dovranno essere composte da minimo 700 votanti a un massimo di 1.500. Questo sempre per aumentare il numero dei votanti e, quindi, ridurre il rischio di controllo esterno del voto; però, a mio avviso, potrebbe determinare un allontanamento del voto, nel senso che, nell'andare ulteriormente ad accorpare le sezioni – ricordo che questo è un lavoro che è già stato fatto poco tempo fa –, il rischio è che se si creano distanze eccessive tra il seggio e i luoghi di residenza dei votanti, questi, poi, decidano di non partecipare al voto, soprattutto nei contesti territoriali e geografici più problematici; anche se è vero che la legge oggi prevede che, nella definizione proprio dei seggi elettorali, si tenga conto anche delle situazioni orografiche dei comuni e che, quindi, questo limite minimo possa essere derogato nel caso in cui vada garantita, appunto, la partecipazione e l'accesso al voto da parte degli elettori residenti. 
Tra le norme più importanti che abbiamo condiviso ed elaborato all'interno della Commissione vi è quello del voto fuori sede nel caso delle consultazioni referendarie. La relatrice, anche proponente la proposta di legge, aveva proposto, come lei ricordava, il voto fuori sede anche per le elezioni politiche. Su questo non abbiamo trovato un accordo per una serie di problematicità: la prima di fondo consiste nel fatto che, al momento, non è condiviso per che cosa far votare i fuori sede. In altri termini, le persone fuori del comune di residenza potrebbero votare per il collegio del comune di residenza, come veniva proposto nella proposta di legge originaria o, invece, per il collegio del comune di domicilio.
Il primo caso risponde più alle necessità che poneva la relatrice, ossia al fatto di tenere legati i cittadini elettori al proprio comune di origine a prescindere da dove in quel momento si svolge la loro vita lavorativa o di studio e, quindi, mantenere un legame forte con il territorio di residenza e garantire il voto per il comune di residenza. In questo caso, però, si crea un problema tecnico di gestione dell'organizzazione del voto abbastanza problematico: quindi, la proposta originaria di votare una settimana prima del voto, in una sezione allestita presso il tribunale del comune capoluogo, per poi spedire per posta il voto esercitato, a nostro avviso, non garantiva in questa fase una sufficiente sicurezza del corretto esercizio del voto e anche della sua segretezza. 
La seconda ipotesi, invece, è quella di far votare le persone fuori del comune di residenza per il collegio del comune di domicilio, quindi, laddove, temporaneamente, hanno in qualche modo stabilito la propria vita lavorativa o di studio. In questo caso, non si pongono problemi tecnici nell'organizzazione dell'esercizio di voto, ma si pone un altro problema, cioè il fatto che c’è una categoria di persone che può scegliere dove votare e che, quindi, ha due opzioni: se votare per il collegio del comune di residenza o se optare per il collegio del comune di domicilio, con un rischio anche di distorsione dell'esito del voto per le città universitarie e per le città industriali, cioè laddove è più facile che vi sia una presenza massiccia di persone temporaneamente domiciliate. 
Quindi, diciamo che il tema era sicuramente anche a noi caro, ma non ha trovato in questa fase una soluzione. Ma se una soluzione non è stata trovata per il voto delle politiche – quindi, per Camera e Senato –, invece, è stato trovato per il voto per le consultazioni referendarie. In questo caso, infatti, non si pone un problema di collegio, non si pone un problema di dove si esercita il voto, in quanto, comunque, l'esito del voto e il quorum sono di livello nazionale. Quindi, abbiamo condiviso questa proposta che è sicuramente particolarmente qualificante all'interno di questa proposta di legge. Auspichiamo che nel corso della discussione possa essere anche accolto un emendamento che condividevamo, ma per il quale non c’è stato spazio all'interno delle dinamiche della Commissione, che è quello volto a risolvere anche la questione del voto fuori sede per i volontari e i soccorritori nelle zone di calamità naturali, che, al momento, sono esclusi in quanto l'esercizio del diritto di voto è garantito solo per le Forze armate e le forze di sicurezza. 
Quindi, credo che sia un provvedimento che raggiunge, in qualche modo, due obiettivi: quello di rafforzare l'attenzione sulla trasparenza e la correttezza dell'esercizio del voto e quello di ampliare la possibilità di esercizio del voto anche per i fuori sede, anche se, al momento, limitatamente alle consultazioni referendarie. 
Abbiamo condiviso anche la formazione, cioè il fatto di introdurre formalmente l'obbligo di formazione per i componenti dei seggi. Questo già veniva fatto nella prassi, perché va detto che, molto spesso, i comuni organizzavano corsi di formazione e, comunque, momenti di approfondimento e di aggiornamento dei componenti dei seggi, ma credo che sia importante un'assunzione di responsabilità da parte del Ministero dell'interno. 
L'ultima cosa che ci tengo a sottolineare è che ritengo, comunque, importante continuare a lavorare sulla responsabilità dei singoli e dei soggetti, perché non possiamo pensare di risolvere i problemi di non correttezza o di comportamenti scorretti solo attraverso éscamotage, sanzioni, controlli e, quindi, attraverso anche un irrigidimento del sistema, ma bisogna continuare a lavorare anche sulla responsabilità dei singoli – siano essi componenti dei seggi siano, invece, i singoli elettori che vanno a votare – e, quindi, rafforzare l'etica democratica e l'idea che il voto è una conquista, è un diritto importante e non può essere oggetto di compravendita o di scambio per nessun motivo. Quindi, credo che su questo dobbiamo sicuramente continuare a lavorare insieme.