Discussione generale
Data: 
Lunedì, 24 Giugno, 2024
Nome: 
Michela Di Biase

A.C. 552

Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, mentre iniziamo la discussione generale su questa proposta di legge, siamo arrivati al numero record di 44 suicidi nelle carceri italiane dall'inizio dell'anno: un quadro drammatico. Praticamente, un detenuto ogni quattro giorni si toglie la vita. I numeri che ci sono stati forniti dal Garante nazionale per le persone private della libertà ci facilitano il percorso e ci aiutano ad entrare nel merito di questa situazione che stiamo vivendo.

Nello stesso periodo dell'anno scorso i suicidi in carcere erano stati 33. A ciò si aggiunga il fatto - è giusto ricordarlo oggi in questa sede, all'interno di quest'Aula che rappresentiamo - che il Corpo di Polizia penitenziaria ha il tasso più alto di suicidi tra le Forze dell'ordine: a testimonianza del fatto che le condizioni carcerarie e di detenzione in Italia non riguardano solamente le persone private della libertà personale, ma anche il Corpo di Polizia penitenziaria che si occupa della loro presa in carico.

Con le cifre del sovraffollamento carcerario, che sono schizzate in avanti in modo vertiginoso, toccando quasi 61.460 detenuti, a fronte dei posti a disposizione nei penitenziari italiani, che sono 47.067 - sui dati, prima di me, è intervenuto l'onorevole Giachetti in modo puntuale - oggi noi sappiamo che il sovraffollamento ha superato il 130 per cento, trasformando una situazione che già era critica in una vera e propria emergenza. Un'emergenza, Presidente, che avrebbe richiesto un atteggiamento di attenzione e confronto da parte del Governo e della maggioranza parlamentare: un'attenzione verso questa proposta di legge del collega Giachetti, che ha origine proprio dalla drammatica condizione di sovraffollamento delle carceri, che stiamo vivendo in questo nostro tempo.

Invece, ci ritroviamo oggi ad avviare la discussione generale su questo testo senza che in Commissione sia stato possibile discutere gli emendamenti o conferire mandato al relatore: un segno di grande indifferenza che pregiudica la possibilità di affrontare nel dettaglio il problema delle carceri italiane. Affrontare la questione delle carceri dovrebbe richiedere di abbandonare i toni del populismo e della propaganda - così come vi stiamo chiedendo di fare da molto tempo - accettando di discutere con serietà un tema che, forse, non regala consenso, ma tocca la storia di uomini e donne che, pur avendo commesso reati, non possono veder cancellati i loro diritti.

Signor Presidente, voglio iniziare esprimendo tutta la nostra preoccupazione per le notizie che vediamo arrivare ogni giorno dai penitenziari italiani e per l'atteggiamento - debbo constatare - di assoluta indifferenza che questo Governo continua a mantenere.

Il tasso di crescita delle detenzioni ha raggiunto numeri insostenibili e le soluzioni che vengono prospettate dal Ministro Nordio a più riprese sembrano ai nostri occhi davvero propaganda senza contenuto. Si continuano ad annunciare quotidianamente provvedimenti che puntualmente non arrivano. Si progetta la costruzione di nuove carceri senza tener conto dei costi e dei tempi di realizzazione che spostano la soluzione lontana nel tempo.

L'emergenza, invece, è oggi ed è drammatica. Il tasso di crescita dei detenuti nel corso dell'ultimo anno è stato in media di 331 unità al mese. Se proseguiremo così, sarà superato ogni record e le carceri italiane arriveranno al collasso. Come sottolineato nel dettagliato rapporto dell'associazione Antigone del mese scorso, le cause di questa crescita sono diverse e variegate: maggiore lunghezza delle pene comminate, minore predisposizione dei magistrati di sorveglianza a concedere misure alternative alla detenzione o liberazione anticipata, introduzione di nuove norme penali e pratiche di Polizia che portano a un aumento degli ingressi. Impossibile per noi non soffermarsi su questo punto, perché questo Governo, in appena 18 mesi, ha introdotto una decina di nuovi reati e 6 nuove fattispecie penali, in preda a quello che più volte abbiamo descritto come un panpenalismo, mai visto prima nella storia della nostra Repubblica. C'è di peggio, perché anche con questi ultimi provvedimenti - e penso, in particolare, al decreto Sicurezza - si evidenzia il chiaro tentativo che sottende all'azione governativa. Un decreto che rappresenta un compendio di leggi ispirate da una logica repressiva e securitaria, che mettono in discussione lo Stato di diritto. Norme che scardinano i principi costituzionali di solidarietà e inclusione, costituendo un tassello di quel disegno autoritario che il Governo sta componendo con le leggi sul premierato e sull'autonomia differenziata. Anticipo qui, con questo mio intervento, una discussione che torneremo a svolgere in quest'Aula tra qualche settimana, ma la ragione fondamentale è che c'è un legame strettissimo tra l'azione del Governo e la situazione drammatica nelle carceri italiane, proprio per l'irrigidimento dell'azione repressiva a scapito delle misure di garanzia. Con le norme del decreto Sicurezza si raggiunge l'apice di questa azione, arrivando a mettere in discussione lo Stato liberale. Una norma, più delle altre, lo dimostra, e io non mi stancherò mai di dirlo ogni volta che interverrò sui temi della giustizia: la legge sulle detenute madri, che costringerà alla reclusione anche le donne con figli minori di un anno. Una modifica che agisce in maniera drammatica, scardinando il presupposto dell'interesse superiore del minore.

A proposito del panpenalismo, che sembra sostanziare l'azione del Governo e di questa maggioranza e degli effetti sulle condizioni di detenzione nel nostro Paese, è da questo che dobbiamo partire per cercare di costruire un approccio diverso, che possa dare soluzione all'emergenza carceri. Come Partito Democratico, noi abbiamo provato in questi mesi con forza a fare entrare questo tema all'interno del dibattito pubblico. Lo abbiamo fatto, nell'esercizio del nostro mandato parlamentare, visitando decine di strutture, parlando tanto con i detenuti, quanto con gli operatori e con la Polizia penitenziaria. Abbiamo lanciato una campagna nazionale dal titolo “Bisogna aver visto”, proprio perché spesso nell'affrontare il tema delle carceri abbiamo avuto l'idea di avere davanti degli interlocutori che parlavano di una materia che non conoscevano nel dettaglio. Noi abbiamo voluto, con la nostra azione, portare alla luce la grave condizione in cui versano la maggior parte degli istituti penitenziari italiani e le donne e gli uomini che lì vivono reclusi. Abbiamo cercato, con ogni azione in nostro possesso, di smuovere il Governo ad agire.

Le prime mosse, invece, attuate dal Ministro Nordio, sono state volte, con la legge di bilancio per il 2023, ad operare un taglio molto pesante e in modo assolutamente contraddittorio e dannoso per l'intero settore della giustizia, in particolare per quanto riguarda il personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, responsabile degli aspetti organizzativi dell'esecuzione penale negli istituti penitenziari e della gestione del personale amministrativo e di Polizia penitenziaria. Si tratta di tagli che abbiamo visto ripetersi anche per il Dipartimento della giustizia minorile e di comunità, che si occupa dell'esecuzione penale per i minori, dell'esecuzione penale esterna e messa alla prova degli adulti. Si tratta di risorse che non sono state ripristinate, né tantomeno - come abbiamo chiesto continuamente in ogni provvedimento utile - incrementate. Anzi, si parla di tagli di enorme portata, pari a 9,5 milioni di euro per l'anno 2023, di cui 15,4 milioni di euro per l'anno 2025, e di quasi 11 milioni euro annui a decorrere dall'anno 2025. Queste pesanti riduzioni di spesa stanno incidendo pesantemente sulla tenuta di un sistema già oggettivamente fragile, interrompendo il difficile percorso di risanamento avviato negli ultimi anni. In particolare, rischiano di essere colpite tutte quelle attività rivolte alle persone detenute nell'ambito dei percorsi di reinserimento e, allo stesso tempo, rischia di rallentare il percorso delle nuove assunzioni di personale, fondamentale per garantire la funzionalità degli istituti e con essa, naturalmente, dignitose condizioni di vita delle persone private della libertà personale.

Il Governo - dobbiamo constatare - è fermo alle dichiarazioni di un fantomatico Piano carceri, nascondendo la verità. Per realizzare la funzione rieducativa della pena, così come ci viene delineata nella nostra Costituzione, occorrono investimenti sul personale e investimenti sulle strutture, come dimostrano tutti gli studi condotti sul tema, anche a livello europeo e internazionale. Invece, non c'è stata mai, da parte del Ministro paladino del garantismo, ex magistrato che dovrebbe conoscere bene la complessa macchina del sistema giustizia, la benché minima disponibilità al dialogo, né tantomeno alla discussione dei nostri emendamenti e di qualunque nostra proposta. È un anno e mezzo che noi proponiamo, è un anno e mezzo che non riusciamo neanche a discutere. Ha chiamato, con parole gravissime, il suicidio in carcere una malattia inevitabile.

Questo è il quadro drammatico della situazione, queste le responsabilità che deve assumere su di sé un Governo fermo sul miglioramento delle condizioni di detenzione. È qui che si inserisce la proposta di legge che oggi è in discussione. La finalità di questo intervento normativo risiede nell'ampliamento del beneficio della liberazione anticipata, attraverso la rimodulazione del procedimento per la concessione della misura, nonché dell'entità della riduzione di pena ad essa conseguente.

Alla disciplina ordinaria viene, inoltre, affiancata una temporanea misura straordinaria di liberazione anticipata.

Si tratta di uno strumento premiale che si ritiene possa concorrere a contenere il fenomeno del sovraffollamento carcerario, evitando allo Stato di ritrovarsi nella medesima condizione che già aveva originato la nota pronuncia Torreggiani contro l'Italia dell'8 gennaio 2013. Con tale pronuncia la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato incompatibile con il divieto di trattamenti inumani e degradanti la condizione di sovraffollamento degli istituti penitenziari, riscontrando l'esistenza di un problema strutturale dello Stato italiano. Si tratta di un provvedimento che riteniamo assolutamente utile, anche se, ovviamente, non esaustivo dell'enorme tema dell'esecuzione penale e della crisi che sta vivendo il sistema carcerario.

È necessario, infatti, definire un piano d'azione - come ho già sottolineato prima - che preveda, oltre a necessarie soluzioni emergenziali, soprattutto interventi strutturali sul sistema dell'esecuzione della pena, per renderla conforme al dettato costituzionale, di cui all'articolo 27 della Costituzione. È una legge che può aiutare lo Stato italiano a superare l'emergenza, per poi lavorare con serietà e responsabilità a interventi che rendano finalmente giuste e normali - qui ambiamo alla normalità - le condizioni di detenzione in Italia. L'articolo 1 del progetto di legge prevede che al condannato meritevole per aver dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione vengano concessi 60 giorni di liberazione anticipata per ogni semestre di pena scontato.

Si è inoltre previsto, all'articolo 2, di estendere al futuro, per un periodo di due anni, l'aumento dei giorni di liberazione anticipata nella misura di 75 giorni per ogni semestre di pena già scontato, a decorrere dal 1° gennaio 2016. L'articolo 2, comma 1, prevede, infatti, per i due anni successivi alla data di entrata in vigore della legge, l'ulteriore elevazione della detrazione di pena ai fini della liberazione anticipata da 60 a 75 giorni, a condizione che, nel corso dell'esecuzione della misura successiva alla concessione del beneficio, abbiano continuato a dare prova di partecipazione all'opera di rieducazione. Il comma 3 precisa che la detrazione di pena prevista dalla proposta di legge si applica anche ai semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1° gennaio 2016.

Come gruppo del Partito Democratico, abbiamo proposto alcuni correttivi suggeriti dalle diverse e autorevoli audizioni su alcune criticità emerse nel corso del dibattito: tra queste, la norma che prevede di attribuire al direttore del carcere la competenza funzionale in materia di liberazione anticipata, che viola la riserva di giurisdizione in materia di libertà personale. In questo caso, proponiamo di riportarla in capo all'autorità giudiziaria. Inoltre, ricolleghiamo la condizione di maggiore afflittività, che giustifica la liberazione anticipata speciale - ossia l'aumento della riduzione di pena da 60 a 75 giorni -, all'inizio della pandemia da COVID-19. Ancora, proponiamo che, solo laddove si sia già formato un giudicato sulla concessione della liberazione anticipata ordinaria, si preveda una semplificazione procedurale. Chiediamo anche che, al momento dell'ingresso in carcere, il condannato sia informato del meccanismo premiale, di cui al comma 1, e delle relative conseguenze sull'entità della pena da scontare.

Con i nostri emendamenti proponiamo una significativa iniezione di personale: nuovi concorsi per l'esame da magistrato ordinario, al fine di reclutare non meno di 500 nuovi magistrati – eventualmente, anche mediante lo scorrimento di graduatorie in corso di validità alla data di entrata in vigore della presente legge -, assunzioni di personale addetto all'Ufficio per il processo - da istituire presso i tribunali di sorveglianza -, assunzioni straordinarie del Corpo della Polizia penitenziaria, mediante il bando di nuovi concorsi, nonché mediante scorrimento di graduatorie in corso di validità.

Arrivo alle conclusioni, signor Presidente, sottolineando che le nostre modifiche vanno nella direzione di migliorare una legge che riteniamo in ogni caso necessaria per il nostro Paese, per superare le condizioni di emergenza delle carceri italiane. Detta in altri termini, questa proposta di legge rappresenta il primo passo, ma non vogliamo, per questo, dimenticare altri obiettivi, che abbiamo più volte sottolineato in quest'Aula e per i quali, purtroppo, siamo ancora in attesa di una risposta da parte del Governo. Ne cito uno in particolare, strettamente legato al tema dei suicidi in carcere. Non possiamo rinviare - e lo voglio ribadire anche oggi - l'enorme questione della salute mentale in carcere e nell'esecuzione penale. Dobbiamo agire, riconoscendo incentivi al personale medico specialistico e al personale sanitario che svolge un servizio psichiatrico di diagnosi e cura e che svolge compiti di prevenzione e cura. È una delle azioni necessarie per riconoscere i necessari diritti alle persone private della libertà.

Concludo, osservando semplicemente un'ultima cosa: non c'è più tempo da perdere. L'allarme che arriva dalle condizioni dei detenuti e delle detenute nel Paese non può rimanere inascoltato. È il momento di agire e, con questa legge, l'Italia può imboccare la strada giusta per ristabilire le giuste condizioni di detenzione.