A.C. 976/A
Grazie, Presidente. Alcune precisazioni, perché la storia merita di essere ricordata. La riforma costituzionale che portò alla soppressione delle province non venne fatta dall'amministrazione Serracchiani e, cioè, dalla qui presente, allora, presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, ma iniziò molto prima. Iniziò con un voto in consiglio regionale da parte di tutta la maggioranza di allora, che era una maggioranza di centrodestra, e portata avanti dall'allora presidente della regione Renzo Tondo.
Quando si insedia l'amministrazione di centrosinistra - e, quindi, parliamo del 2013-2018 -, quella riforma costituzionale aveva già fatto il passaggio al Senato e alla Camera, poi rifatto, insomma era all'ultimo miglio per la sua approvazione. Ci tengo a precisarlo, perché l'unanimità sulla soppressione delle province parte dal centrodestra, si allarga alla platea del centrosinistra, si conclude con l'amministrazione di centrosinistra. Dico questo, perché ho l'idea, ho avuto l'impressione che o qualcuno era ipnotizzato all'epoca e non lo ricorda, oppure, forse, in merito al racconto che dobbiamo fare delle modifiche che sono state fatte, dovremmo riconoscere che sono state fatte tutti insieme. Poi, si possono avere opinioni diverse sulle conseguenze di quelle modifiche, sulle conseguenze di quelle riforme, su come quelle riforme sarebbero state fatte e attuate, però, per cortesia, non neghiamo l'evidenza. E l'evidenza è che quella riforma nasce nel campo del centrodestra, viene portata avanti all'unanimità da tutto il consiglio regionale, arriva in Aula, in Parlamento, e viene votata sempre all'unanimità.
Io credo che questo serva anche per un secondo aspetto non meno importante e, questo sì, tutto politico. Noi stiamo parlando della riforma dello statuto della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Quando si fanno riforme di questa portata, cioè riforme costituzionali, si dovrebbe anche avere la cautela di non farle in così stretti lassi di tempo e di non farle con tale costanza, perché quella riforma di cui parlavo è del 2016 e oggi la stiamo di nuovo riformando, tornando esattamente un passo indietro. Questo è il tema. Io credo che i colleghi siano in buona fede quando dicono che questo è il mezzo per il fine e il fine è avere enti intermedi che, in qualche modo, si pongano tra il comune e la regione e consentano, nell'interesse dei cittadini, di esercitare funzioni al meglio, laddove il comune da solo non possa farlo o la lontananza - diciamo così - rispetto alla regione non consenta di farlo al meglio.
Se questo è il fine, allora sul fine o, meglio, anche sul mezzo saremmo tutti d'accordo, perché tutti siamo d'accordo, anche laddove sono state soppresse le province all'unanimità, che servissero degli enti intermedi. Alcuni li chiamavano associazioni di comuni, noi li abbiamo chiamati Unioni territoriali intercomunali, l'amministrazione Fedriga li ha chiamati enti di decentramento regionale, ma erano necessari per una questione di pianificazione strategica: penso all'edilizia scolastica, penso alle strade, alle strade provinciali, con riferimento alle quali tutti lamentavano che le province non avessero risorse per poter sfalciare, ad esempio, le strade. I comuni venivano in regione e dicevano: regione pensaci tu. E, infatti, venne creata FVG Strade, una società regionale - voglio ricordarlo - che ha la gestione delle strade in Friuli-Venezia Giulia, anche delle ex strade provinciali, anche delle strade comunali che, in qualche modo, si sono gestite in forma condivisa.
Quindi, se il fine è, nell'interesse dei cittadini, avere degli enti intermedi che possano garantire una migliore e più efficace gestione del territorio siamo tutti d'accordo. Dov'è che ci dividiamo? Che questa riforma dello statuto del Friuli-Venezia-Giulia è perfettamente inutile, perché già oggi ci sono enti di secondo livello; già oggi in Friuli-Venezia Giulia, se venisse voglia di chiamarle province, lo si potrebbe fare e chiamarle province; già oggi quegli enti di decentramento regionale ricevono funzioni dalla regione oppure svolgono attività che gli vengono affidate dai comuni; già oggi potrebbero avere dipendenti che, in qualche modo, esercitino quelle funzioni; già oggi potrebbero avere le risorse per esercitare in modo efficace quel tipo di funzioni. Allora perché facciamo la riforma dello statuto del Friuli-Venezia Giulia per reintrodurre - diciamo così - le province, che, poi, chiamiamo enti di area vasta? Per un semplice motivo: perché c'è una cosa che oggi non si potrebbe fare a legislazione vigente, per la quale, ripeto, non sarebbe necessaria una riforma costituzionale ed è l'elezione diretta. Questa è l'unica questione.
Io non so, non credo, francamente, che i cittadini si siano appassionati all'esercizio democratico dei loro rappresentanti. I cittadini sono appassionati di due cose che non trovano risposta in questa riforma. Primo: dove si trovano i soldi per svolgere le funzioni che verranno affidate a questi enti di area vasta. Secondo, ed è la cosa più importante, forse avrei dovuto dirla al contrario: quali sono le funzioni che vengono affidati a questi enti di area vasta? Perché questo è il punto. Se qui ci fosse scritto quali sono le funzioni che vengono affidate a questi enti di area vasta e fosse anche detto come quelle funzioni, poi, verranno svolte, da chi, in quale modo, con quali risorse, noi avremmo certamente votato insieme a voi, perché anche noi riteniamo che quegli enti debbano avere una funzione chiara, risorse chiare, un esercizio chiaro dei loro rapporti all'interno del coordinamento degli enti locali in Friuli-Venezia Giulia. Ma tutto questo non c'è: non ci sono le funzioni, non ci sono i soldi, non ci dite che cosa vanno a fare questi enti di area vasta. Però, ci dite questo, e ci è chiaro, anticipando - questo lo voglio dire ai colleghi - la legge sulle province, che non siete riusciti ancora a portare qui perché manca un miliardo. Quindi, non potete portarla qui perché ci vuole un miliardo per reintrodurre le province vecchia maniera, però, intanto, lo facciamo in Friuli-Venezia Giulia. E utilizziamo la riforma dello statuto in Friuli-Venezia Giulia - autonomia speciale - semplicemente per la previsione dell'elezione diretta. È su questo che ci dividiamo e ci divideremo, perché non c'è una risposta ai bisogni dei cittadini. Infatti, io non ho ancora capito quanto del bilancio regionale del Friuli-Venezia Giulia verrà trasferito a questi enti di area vasta e che cosa saranno chiamati a fare, mentre sono certa, ad esempio, che, in virtù anche dei tagli che sono stati fatti al Piano nazionale di ripresa e resilienza, queste risorse avrebbero potuto essere destinate alla Casa della salute, alla sanità territoriale, alle infrastrutture. Penso al fatto, ad esempio, che noi abbiamo un'infrastruttura ferroviaria ancora insufficiente a far sì che la nostra regione si colleghi con il resto dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Avremmo potuto inserire queste risorse chiare anche per quei bisogni: penso all'edilizia scolastica, penso ai piani strategici, penso al fatto che ci sono aree del Friuli-Venezia Giulia che devono essere recuperate, riqualificate, rigenerate dal punto di vista urbano.
Bene, con quelle risorse, non abbiamo bisogno di avere l'ennesimo ente di area vasta ad elezione diretta, di cui non conosciamo le funzioni e non sappiamo chi gli darà le risorse, ma sappiamo con certezza che ci sono scelte che devono essere condivise da più comuni, scelte che devono essere condivise con la regione. E voglio ricordarlo, Presidente: stiamo parlando di una regione straordinaria e bellissima, di cui io e tutti i colleghi, sia di opposizione che di maggioranza, siamo orgogliosissimi; una regione di poco più di un 1.100.000 abitanti. Ha bisogno della reintroduzione di tutte quelle province? No. Ha bisogno di una risposta ai bisogni dei cittadini e questa risposta, con questa riforma dello Statuto, non c'è: si risponde ad un ceto politico, non si risponde ai cittadini.