Discussione generale
Data: 
Lunedì, 21 Marzo, 2022
Nome: 
Stefano Ceccanti

A.C. 716-A

Grazie, Presidente. Penso che dobbiamo anzitutto ricordarci una lezione di fondo: la materia delle regole del gioco, costituzionali e non, non può essere considerata un ambito come gli altri. Qui, quando si inizia, a differenza degli ambiti normali di decisione, bisogna accertarsi non solo che uno schieramento, che una limitata maggioranza sia favorevole, bisogna appurare che il consenso possa essere vasto: o di due terzi, come vorrebbe l'ipotesi preferita dall'articolo 138 della Costituzione o comunque tale da poter superare l'eventuale prova referendaria.

La competizione sui programmi, anche aspra, non è infatti distruttiva se le regole entro cui essa è inquadrata sono condivise: tanto più le regole sono condivise, quanto più possiamo dividerci, anche senza timore, sulle materie normali, ordinarie.

Con questa consapevolezza, in questa legislatura sono stati approvati tre interventi di manutenzione costituzionale: la riduzione del numero dei parlamentari, l'allineamento degli elettorati attivi tra Camera e Senato e il riconoscimento del diritto all'ambiente in Costituzione. Altri interventi, anche non proprio minimali, sarebbero certo ancora possibili in questo ultimo anno di legislatura, ma sempre seguendo quel criterio di consenso vasto. Esso comporta per tutti noi un vincolo, quello di convincere gli altri prima di andare in Aula, altrimenti si rischia, anche con le migliori intenzioni, di perdere tempo in termini di sistema, precludendo magari altre riforme, anche sul terreno delle regole, perché il tempo è sempre una risorsa scarsa.

A noi, per esempio, piacerebbe convincere gli altri gruppi sul fatto di potenziare il Parlamento in seduta comune nella nuova composizione a 600, soprattutto conferendogli la titolarità del rapporto fiduciario. Chiunque sarebbe favorito da questa grande semplificazione, ma in particolare chi si troverà a governare, questo è il punto. Ora avremmo il vantaggio di poterlo fare sotto il velo di ignoranza.

Continueremo a riproporre questa idea chiave in Commissione, il luogo primario in cui si forma il consenso, ma sbaglieremmo anche noi qualora volessimo andare in Aula senza che esso si fosse formato. Per questo, non per pregiudizio ideologico o per tabù, non ci convince l'approdo in Aula di questo testo, già bocciato in Commissione: non per pregiudizio ideologico o per tabù, perché, contrariamente a quello che diceva l'oratore precedente, per esempio, la legge sulle elezioni dei sindaci porta il nome di Ciaffi, allora esponente della Democrazia Cristiana e oggi esponente del Partito Democratico.

La legge sull'elezione diretta dei presidenti delle regioni partiva da una proposta che aveva primo firmatario Walter Veltroni. Il modello dei sindaci e dei presidenti di regione eletti direttamente con modello simul stabunt, simul cadent fu inventato nell'anno 1956 per la Francia dal professor Maurice Duverger vicino al Partito Socialista, animatore del Club Jean Moulin, uno dei principali animatori della Resistenza che, poi, fu eletto a rappresentare l'Italia come indipendente nel Partito Comunista, nel 1989, al Parlamento europeo. Però, quando si portano in Aula testi di questo tipo, di ampia revisione organica della Seconda parte, quindi non di sola manutenzione costituzionale, queste cose bisogna farle bene e in modo ordinato.

Il testo è molto superficiale nel fare una mescolanza tra l'idea di un semipresidenzialismo, dove il punto centrale è che il Governo viene dal Presidente Repubblica, e la sfiducia costruttiva che è il suo contrario, cioè di un Parlamento che esprime una maggioranza, anche contro la volontà del Presidente della Repubblica. Non si possono mettere insieme in modo casuale questi due elementi ordinatori che sono opposti. Ma pensare a una elezione diretta significa pensare a un organo governante e, quindi, la differenza tra 7 anni e 5 anni - 7 anni è un organo di garanzia, 5 anni è un organo governante -, significa pensare al limite dei mandati, significa che se il Presidente è il governante non ha più poteri di garanzia, perché ha quelli di governo. Insomma, impone un cambiamento radicale dell'intera Seconda parte. Questa cosa l'ha spiegata bene il Presidente della Corte costituzionale, professor Giuliano Amato, nella sua conferenza stampa di inizio mandato, su precisa domanda del giornalista Andrea Fabozzi che frequenta sempre questa Camera ed è uno dei maggiori giornalisti parlamentari. Riprendo esattamente le parole di Giuliano Amato: “I sistemi costituzionali sono come gli orologi: non è detto che se c'è una rotella che ti piace in un orologio, tu la puoi prendere e metterne un'altra e aspettare che l'orologio funzioni. No, perché le rotelle sono tutte collegate tra loro e l'orologio funziona se gli ingranaggi si incastrano l'uno nell'altro. L'elezione diretta” - dice Amato - “presenta di certo diversi benefici, ma non è che la puoi prendere come tale e collocarla all'interno del sistema costituzionale com'è”. Anche l'argomento dell'oratore precedente sembra dire “siccome noi eleggiamo male il Presidente qui, cambiamo quell'articolo, togliamo l'elezione parlamentare e ci mettiamo l'elezione diretta”. Ma non è questa la logica del cambiamento di sistema: “costruire” un Presidente governante è un'altra cosa, non significa cambiare chirurgicamente la modalità di elezione. Per questo il tentativo più compiuto di procedere in quella direzione fu sperimentato all'inizio della legislatura 1996-2001, con la Bicamerale D'Alema, non alla fine; allora si immaginava un lavoro che durasse almeno un biennio. Per questa ragione di fondo, noi oggi ribadiamo la contrarietà a questa proposta di legge e invitiamo tutti a tornare in Commissione per individuare quanto prima, invece, insieme, i testi che sono in grado di ottenere in Aula consensi di due terzi o, comunque, che possano reggere un referendum. Ognuno proporrà con forza quelli che ritiene migliori, ma dovrà anche accettare, almeno in questa fase, di riporli per tempi migliori qualora le altre forze non vogliano o non possano convincersi. Questa materia richiede, quindi, questi requisiti più rigorosi di consenso, che sono gli unici fecondi. Ripartiamo dalla Commissione e scegliamo insieme che cosa si possa approvare insieme in questa legislatura, ma accantoniamo i temi divisivi, anche se, magari, a noi sono quelli che piacciono di più. Così dobbiamo procedere per arrivare a risultati positivi.