A.C. 3224 ed abbinata
Grazie, Presidente, colleghi, all'autonomia speciale si può contrapporre un argomento – e tanti hanno questa opinione oggi – che non abbia più senso, ma, se si ritiene che abbia senso, come dovrebbero pensarla tutti coloro che sono ispirati ad un ragionamento di corretta lettura storica, anche dell'esperienza delle nostre regioni a statuto speciale, dobbiamo mantenere le conseguenze che sono scritte nella specialità. Nella specialità del Friuli Venezia Giulia, come in quella della Sicilia, della Sardegna, del Trentino Alto Adige e della Valle d'Aosta, c’è sicuramente, dal 1993, quindi da oltre vent'anni, la possibilità di curare, sotto l'aspetto legislativo, in modo esclusivo e integrale l'assetto delle autonomie locali. Quindi, anche quello che è oggetto della critica, oggi, diciamo di metodo, che abbiamo ascoltato, della Lega Nord, che non si capisce, quando propone province autonome, se voglia proporre l'istituzione di nuove microregioni dentro il Friuli Venezia Giulia – sembrerebbe così, posto che l'unico senso dell'espressione «provincia autonoma» è questo –, o se pure voglia sopraffare, con questa proposta, i poteri della stessa regione e del consiglio regionale, che esso solo ha – quindi non più lo Stato, ma solo il consiglio regionale –: il potere di istituire o regolare diversamente il sistema degli enti locali di quella regione.
Ciò con un piccolo problema, che – così come capita allo Statuto della Sardegna, unica altra regione a contenere esplicitamente questo riferimento, perché la Sicilia non lo ha più, anzi non lo ha mai avuto dall'inizio della sua storia autonomistica – vi è un riferimento alle province, che può essere considerato impeditivo di una profonda riorganizzazione delle autonomie locali. A livello nazionale, stiamo dicendo che questa operazione la vogliamo fare, facendo ripartire i poteri delle autonomie locali, secondo il principio di sussidiarietà dal basso, e quindi reinvestendo sui comuni e reinvestendo sulla regione; tutto quello che c’è tra i comuni e la regione va redistribuito secondo un'accurata applicazione del principio, non solo di sussidiarietà, ma anche di adeguatezza: colloco la funzione dove è meglio collocarla. È una funzione che può essere svolta da un comune ? La colloco presso i comuni. È una funzione di programmazione generale della regione ? La colloco presso la regione. È una funzione di area vasta ? Devo organizzare un sistema di gestione delle funzioni di area vasta, quello che sta facendo il Friuli.
Ma io, qui, nell'Aula del Parlamento italiano non devo parlare di cosa sta facendo il consiglio regionale del Friuli, non perché non mi interessi, ma perché sono profondamente rispettoso del potere che si esprime in quell'assemblea legislativa, che ha la stessa dignità di tutte le altre assemblee legislative delle regioni.
Allora, mi fermo a quello che propone il consiglio regionale del Friuli, il Friuli-Venezia Giulia – è un omaggio agli amici di Trieste, che non devono essere dimenticati mai durante l'esposizione completa, appunto, del nome della regione –, e scopro che è tutto molto sensato.
Quindi, che cosa dice questo disegno di legge costituzionale ? Sopprime le province, ma richiama implicitamente un potere forte del consiglio regionale, di riorganizzazione del sistema delle autonomie locali; abbassa da venticinque a diciotto anni l'elettorato passivo per potersi candidare nel consiglio regionale; attiva un principio per cui serviranno meno firme (5.000 e non più 10.000) per l'iniziativa legislativa popolare. Questa potrebbe essere, per il Friuli-Venezia Giulia, l'ultima delle revisioni dello Statuto – anzi, io auspico che lo sia – fatta col sistema che stiamo applicando: l'articolo 138 della Costituzione e le disposizioni dello Statuto. Infatti, con la riforma, una revisione complessiva dei poteri delle regioni speciali passerà certamente attraverso una lettura finale del Parlamento, ma sulla base delle intese tra la regione e lo Stato, quindi, tra le regioni autonome e il Governo italiano, con tutti gli strumenti di partecipazione del Parlamento che seguirà la fase negoziale e pattizia; dico pattizia sapendo cosa voglio dire e insistendo su questa espressione, perché c’è lì la possibilità di intrecciare la sorte e il futuro rinnovato della specialità delle nostre regioni, di quella del Friuli Venezia Giulia, che però si ritrova nella possibilità, oggi, di concludere rapidamente un profondo restyling dei suoi poteri, per quanto riguarda il sistema delle autonomie locali.
Tutto quello che si discute a Trieste e in Friuli Venezia Giulia, negli organi politici della regione autonoma, è un tema che legittimamente può vederci su posizioni differenti, ma riguarda – direi, rispettosamente – quel livello di discussione politica. Noi, qui, creiamo solo le condizioni di possibilità perché in futuro e, nella pienezza democratica, il consiglio regionale, l'Assemblea democratica del Friuli-Venezia Giulia si possa esprimere – ripeto – nella pienezza dei poteri autonomistici.