A.C. 2473-A
Grazie, Presidente. Non posso non iniziare il mio intervento con un auspicio: che oggi, il 7 ottobre, diventi la data dell'inizio di un percorso di pace vera nel Medio Oriente. Che cessino le armi, che i prigionieri possano tornare a riabbracciare le loro famiglie e che possano entrare gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Vorrei che il 7 ottobre fosse ricordato per il 2025 e non per il 2023, e che oggi possa davvero essere la data straordinaria nella quale inizia davvero il processo di pace.
Voglio a questo aggiungere, invece, una chiosa. Mi aggrego all'auspicio che ha espresso il collega Urzì rispetto alla contingenza che vede in questo momento una manifestazione nella città di Bolzano di lavoratori delle Acciaierie Valbruna. Nell'associarmi, non posso che fare a lui appello, in quanto rappresentante di una delle forze politiche che governa la provincia autonoma di Bolzano e che è responsabile delle motivazioni per le quali oggi una acciaieria in buona salute si trova a rischio di chiusura, per la scelta del nuovo bando di assegnazione delle aree su cui si insedia, con il rischio che questo metta a repentaglio i numerosi posti di lavoro degli operai. Ciò si può evidentemente risolvere attraverso un ragionamento con la provincia autonoma di Bolzano, che di quelle aree è proprietaria, e dunque non posso che sperare che a collaborare per questa soluzione possa fare sicuramente la sua parte anche il collega che è intervenuto. Io, ahimè, sto all'opposizione, quindi posso solo segnalare la problematica e augurare che la soluzione sia vicina e positiva.
Bene. Però oggi siamo qui a parlare di modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol. Modifiche, appunto. Non chiamiamola “riforma dello statuto di autonomia”, perché qui non c'è alcuna riforma, c'è un aggiustamento, un lifting, come è stato definito da illustri costituzionalisti, un maquillage di competenze che la regione Trentino-Alto Adige e le due province già possiedono. E giustamente, però, è un aggiornamento linguistico, è un aggiornamento concettuale che va a rendere più attuale un testo che risale al '48, e che è stato poi aggiornato nel '72 e che ha avuto delle modifiche nel 2001, ma che ancora oggi ha bisogno di quella che possiamo definire una manutenzione “poco più che ordinaria”, ecco. Già fatico a dire che questa possa essere una manutenzione straordinaria.
Ebbene, di che cosa stiamo parlando? Lo statuto di autonomia è la carta fondamentale, che definisce l'architettura istituzionale e le prerogative di una autonomia. È di fatto la legge fondamentale della regione e delle due province di un'entità che gode di un ordinamento speciale, ed è la carta che disciplina l'organizzazione interna di questo territorio, il funzionamento dei suoi organi e soprattutto le materie di sua competenza, che è ciò su cui questo provvedimento va a insistere.
Bene. Ha fatto un excursus anche il collega. Non posso non farlo, perché quella del Trentino-Alto Adige è una specialità più speciale delle altre speciali. Ha, come ciascuna, evidentemente la sua storia. In questo caso stiamo parlando di una autonomia di lunga data, che si fonda su attitudini, abitudini e consuetudini di gestione autonoma del territorio, degli usi civici, che risale addirittura all'epoca medievale. Stiamo parlando di un territorio che è il risultato di due realtà politico-istituzionali uniche nel panorama del nostro Paese, che dall'undicesimo secolo fino al diciannovesimo hanno retto quel territorio. E sono il principato vescovile di Trento e il principato vescovile di Bolzano.
Due realtà che, con le rispettive differenze, hanno retto l'organizzazione e la gestione della vita comunitaria in quei territori.
Ebbene, la nascita dello Statuto di autonomia dopo la Seconda guerra mondiale, in qualche modo, va anche a riconoscere quelle competenze e quelle capacità maturate dalle comunità locali nel tempo. Ma soprattutto, lo Statuto di autonomia del 1948 si inserisce all'interno del Trattato di Pace di Parigi e va a regolare la convivenza di due diverse etnie su un confine.
La nascita della regione Trentino-Alto Adige, dunque, si inserisce all'interno di un trattato di pace, che, però, ha visto, poi, nel tempo, una rivendicazione giusta, da parte della popolazione di lingua tedesca, del riconoscimento vero e concreto dei propri diritti, in maniera speculare a quanto era avvenuto negli anni precedenti da parte degli abitanti di lingua italiana del Trentino, i quali avevano chiesto autonomia all'Impero austroungarico nel quale erano minoranza. A posizioni invertite, la minoranza di lingua tedesca - che si trova, all'interno di una regione, ad essere minoritaria e, quindi, anche negli organismi decisionali ha numeri di minoranza - rivendica, nel corso del dopoguerra, un maggior concreto riconoscimento dei propri diritti, perché all'interno di quella che è oggi la provincia autonoma di Bolzano, in realtà, ha la maggioranza.
Questa richiesta si è manifestata con delle proteste consistenti - che hanno portato anche a quello che è stato chiamato “terrorismo sudtirolese”, il quale si è manifestato con attacchi alle linee ferroviarie ed elettriche, ci sono stati momenti di grande tensione - e poi si è risolta con il secondo Statuto di autonomia, che ha, in qualche maniera, evitato che quel territorio potesse trovarsi a vivere le vicende drammatiche che ha vissuto, ad esempio, l'Irlanda.
Quella convivenza etnica è, quindi, diventata, proprio grazie al riconoscimento reale di quei diritti etnici, un esempio che, ancora oggi, viene utilizzato ed è stato utilizzato in altri contesti geografici come modello di pacificazione e di convivenza etnica su un territorio, e che si è concretizzato, appunto, nel secondo Statuto di autonomia. Infatti, il secondo Statuto di autonomia, scritto nel 1971 ma entrato in vigore nel 1972, di fatto riconosce le due province come le responsabili dell'azione legislativa ed esecutiva su quel territorio, cioè la regione diventa un istituto di secondo livello, che è il risultato della sommatoria delle due province, e non sono più le due province che derivano dalla regione.
Nel 1992 l'Austria rilascia la quietanza liberatoria, per cui si chiude il contenzioso con l'Italia grazie all'intercessione dell'ONU, e arriviamo al 2001 con la modifica del Titolo V della Costituzione, che va a riconoscere e a definire meglio le competenze delle due province.
E poi arriviamo a oggi, con quella che io considero, con dispiacere, un'occasione mancata. La relazione illustrativa di questo provvedimento richiama il fatto che questo passaggio normativo di oggi sia il risultato di un accordo politico e che stia dentro il discorso programmatico della Presidente del Consiglio Meloni come uno degli obiettivi da raggiungere. Però, contemporaneamente, la stessa relazione illustrativa, per volontà dei consigli provinciali di Trento e di Bolzano e del consiglio regionale, riconosce anche che questo non è l'adeguamento degli Statuti al Titolo V della Costituzione. Quindi, non lo è ancora oggi: 24 anni dopo, quella cosa non si è ancora risolta e questo testo si limita a fare, come dicevo prima, un po' di manutenzione poco più che ordinaria.
Io non posso non essere d'accordo con questo testo, però ravviso tutti i limiti e tutta la debolezza di un'occasione annunciata, ma non esercitata. È stata definita da illustri costituzionalisti come un mero maquillage, un lifting, addirittura un brodino caldo. In realtà, andiamo a vedere di che cosa si tratta.
Si tratta di chiarimenti e di aggiustamenti che vanno a esplicitare meglio le competenze di cui le due province autonome già godono. C'è una distanza tra la realtà di questo provvedimento e quello che ne è il racconto. Questo, evidentemente, fa parte del gioco politico: c'è che chi deve legittimamente raccontare che questo è un passaggio storico e chi, in qualche maniera, come me, ha la responsabilità di mettere i puntini sulle “i”.
Ebbene, qual è il merito di questo testo, cioè cosa cambia e cosa si modifica veramente? Come dicevo, si chiariscono alcune definizioni relative alle competenze, che erano rimaste un po' ambigue, e cioè che si prestavano ad interpretazioni. Come sapete, la norma chiederebbe di non avere interpretazioni, ma di essere chiara ed esplicita, perché altrimenti consente, come è accaduto in questi anni, un contenzioso costituzionale - laddove spesso la Corte costituzionale ha dato ragione allo Stato nel confronto e nella richiesta di riconoscimento della propria competenza - tra province e Stato.
Il testo aggiorna anche il linguaggio, cioè fa un aggiornamento della terminologia e di concetti che non esistevano né nel 1948, né nel 1972: mi riferisco, ad esempio, alla parola “ambiente”, che pure nel testo è riconosciuto come competenza primaria alle province e che, di fatto, era già esercitato nella sommatoria delle competenze esclusive già elencate nel testo. Ma il concetto di ambiente, in passato, non esisteva e, nel momento in cui viene inserito, è comunque riferito all'interesse provinciale. Quindi, questa norma non sta, ovviamente, delegando alle province la competenza ambientale, perché sappiamo benissimo che non lo potrebbe fare, però la competenza e il riferimento provinciale adesso sono esplicitati in maniera chiara.
Si riconoscono, poi, in questa Carta dell'autonomia - quindi con una certezza di livello costituzionale, perché credo non sia necessario ricordare che questo Statuto è riconosciuto all'interno della Costituzione - competenze già esercitate dalle due province per legge ordinaria, che vengono qui riconosciute all'interno dello Statuto. Faccio riferimento in questo caso, ad esempio, alla gestione della fauna selvatica e alla possibilità, per i presidenti delle due province, di gestire la fauna selvatica in termini di ordinanze che, in questi anni, sono già state emesse dai due presidenti.
Ciò significa che la norma, che risale al 2018, riconosce già loro questa possibilità, norma che non è stata giudicata illegittima dalla Corte costituzionale e che semplicemente adesso entra all'interno dello statuto. Bene, quali sono allora i limiti reali di questo provvedimento, tra modifiche vere e narrazione politica? Innanzitutto che l'obiettivo di costruire un'intesa è un obiettivo non raggiunto. Si è lavorato negli anni precedenti a questo, attraverso il coinvolgimento delle realtà territoriali, sia degli enti locali, sia dell'associazionismo, sia di rappresentanze collettive dei territori della provincia di Trento e di Bolzano per provare a costruire un nuovo rapporto tra lo Stato e le province, con una larga partecipazione - dicevo - del territorio e della comunità; ciò che poi non è successo con questo passaggio normativo, che è, dal punto di vista metodologico, il risultato di un accordo al vertice, di un accordo politico fra i due presidenti e il Governo.
Non c'è stata alcuna partecipazione nell'elaborazione, partecipazione collettiva, né delle Assemblee legislative, né del territorio alla costruzione di questi aggiornamenti dello statuto; quindi direi un limite chiaro di tipo metodologico e di tipo partecipativo. Qual era l'obiettivo dichiarato? Quello di costruire uno strumento, quello dell'intesa, che andasse a prevedere che, qualora da parte parlamentare ci fosse stata una iniziativa legittima di modifica dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige, ebbene quella iniziativa avrebbe dovuto incontrare l'intesa, cioè l'accordo dei consigli provinciali e del consiglio regionale, perché solo così evidentemente si può dare concretezza a un rapporto pattizio, a un rapporto che riconosce a tutti gli effetti quell'autonomia. Ebbene, questo strumento d'intesa non si è trovato. Quello che qui si chiama “intesa” è un parere non vincolante, espresso dalle assemblee legislative delle province, della regione, in maniera non difforme da oggi, in qualche maniera modificato non in meglio. Mi spiego: oggi, come è stato fatto per questo appuntamento, per questo provvedimento si è chiesto - e nel maggio scorso le assemblee hanno deliberato - il parere ai consigli provinciali di Trento e di Bolzano e al consiglio regionale su questa proposta di legge. Pareri positivi, espressi anche dal mio partito, perché ripeto: pur meglio un mero aggiustamento, un mero aggiornamento che niente.
Quel parere è un parere non vincolante, ma è preventivo se non altro, è avvenuto prima che noi arrivassimo qui con un testo e, magari, avrebbe potuto modificare quella proposta di legge per migliorarla, per raccogliere il punto di vista del territorio, di quell'autonomia che vogliamo andare a riconoscere. Ebbene oggi, invece, si racconta di un passo avanti, di una intesa che è lo stesso identico parere espresso fra la prima e la seconda lettura del provvedimento. Cioè, si dice nel testo che, dopo la prima lettura, i consigli provinciali e il consiglio regionale hanno 60 giorni di tempo per trovare insieme allo Stato un'intesa. Se quell'intesa non si trova, la Camera, la seconda Camera approva comunque il testo così com'è. Se questa vi sembra un'intesa, a me sembra un parere non vincolante che si va a inserire in una fase del procedimento legislativo sicuramente più rigida e più bloccata di quanto non sia oggi. Altro limite di questo testo è che nell'elencare le competenze esclusive delle province, lascia la dizione: nei limiti dell'interesse nazionale.
Cioè queste competenze sono esercitate nei limiti dell'interesse nazionale. Okay, però per le regioni ordinarie questa dizione non c'è più dal 2001. È come dire che le altre regioni, quelle ordinarie, hanno meno competenze proprie, ma quelle che esercitano le esercitano nel proprio interesse ed è sottinteso che stanno dentro un quadro nazionale. Invece qui si è mantenuto e questa dicitura rimane come confine per l'esercizio della nostra autonomia speciale, ma lascia anche un vulnus e una domanda non risolta: chi decide, come e quando, qual è l'interesse nazionale? E questo rimane un vulnus di questo provvedimento, il baco di questo provvedimento, che porta a ribadire che siamo di fronte, ancora una volta, a una semplice operazione di manutenzione. Vado a chiudere nel dire quali sono stati gli emendamenti che ho presentato, cioè il contributo che ho provato a dare per migliorare questo testo, che ha i limiti che ho espresso.
Ho provato a dire che, se proprio il Parlamento vuole modificare lo statuto di autonomia in una situazione in cui non si configura l'intesa con i territori - quindi in qualche maniera contro la volontà dei territori -, visto che la norma che state approvando dice che si andrà comunque al voto, almeno che quel voto sia un voto di maggioranza piena, quindi almeno con i due terzi delle Camere. Ho anche provato a recuperare quella che era stata la proposta del cosiddetto “tavolo Bressa”, che aveva provato a ragionare se fra la prima votazione di una Camera e la seconda si poteva costituire un organismo misto fra rappresentanti dello Stato e delle province per provare a raggiungere un punto di caduta condiviso e, solo dopo averlo trovato, la seconda Camera andasse a votare effettivamente. Anche questo, ovviamente, è stato bocciato. Ho anche provato a chiedere di non fare un oltraggio ai due consigli provinciali togliendo loro la possibilità di decidere quando chiedere il riconoscimento della propria competenza in caso di una norma statale che dovesse risultare in grado di invadere le nostre competenze. La norma dice che, d'ora in poi, a decidere se impugnare una norma oppure no sarà la giunta e non più il consiglio.
Ora, noi troviamo questo terribilmente lesivo della pluralità politica che si esprime all'interno dei consigli, laddove la responsabilità su un tema importante come le garanzie autonomistiche - è un tema che ci deve vedere tutti largamente coinvolti -, invece, lo assegna alla giunta, che evidentemente ha un suo colore politico e potrà, d'ora in poi, decidere se ricorrere oppure no.
Infine ho trovato necessario in questa norma - mi è dispiaciuto molto che i colleghi di maggioranza non abbiano voluto riconoscere queste mie proposte - provare a chiedere che fosse riconosciuto, a proporre che fosse riconosciuto all'interno di questo Statuto, qualcosa che l'articolo 117 della Costituzione prevede già per le regioni ordinarie - e dunque in teoria anche per noi, visto che vale la clausola di maggior favore -, ma che poi di fatto nel nostro Statuto non c'è e, a tutti gli effetti, la regione spesso ignora. Ad essere ignorato è il tema delle pari opportunità, cioè dell'equilibrio nella rappresentanza, che nell'articolo 117 si prevede che le regioni debbano raggiungere, legiferando per promuovere questa pari rappresentanza, e che nella regione Trentino-Alto Adige ancora ostinatamente non si fa: cioè, si esercita un'autonomia per non raggiungere, per non fare, per bocciare ogni proposta di legge che vada in quella direzione. Ricordo semplicemente che la regione ha competenza sugli enti locali, sulle norme elettorali, e che nei comuni di tutta Italia sopra i 5.000 abitanti si vota con la doppia preferenza di genere nelle elezioni amministrative, tranne che in Trentino-Alto Adige, perché la regione non ha mai accettato di legiferare in questi termini. Allora ho provato a dire che, visto che l'articolo 117 non viene rispettato nonostante sia tra le nostre competenze, magari, mettendolo dentro lo Statuto, visto che è un principio che non possiamo non condividere, forse si può andare a legiferare anche nel nostro territorio in questa direzione.
E, infine, quell'articolo della Costituzione consente alle regioni ordinarie di costituire entità territoriali transfrontaliere, Gruppi europei di cooperazione transfrontaliera. Ebbene, le due province, insieme al Tirolo, hanno già costituito un Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera da molto tempo: si chiama Euregio ed è un'organizzazione politico-istituzionale che ci consente di costruire una dinamica di collaborazione con il Tirolo, in qualche maniera andando a ricomporre quello che fu il Tirolo storico, e che dovrebbe agevolare il transito, ad esempio, autostradale, il traffico commerciale, i rapporti culturali fra territori che hanno esigenze simili, quelle legate all'agricoltura, alla gestione del territorio, eccetera. Ebbene, questa realtà oggi non è riconosciuta nello Statuto, certo, lo Statuto ha un aggiornamento precedente. Allora, perché non riconoscere dentro la nostra Carta costituzionale dell'autonomia…
. … una realtà che abbiamo già costituito? Davvero sono basita che si sia voluta bocciare anche questa proposta.