Per me fare questo ultimo ricordo a Paolo Bonaiuti è molto difficile. Sono stata legata a lui da grande e profonda amicizia, ma anche da gratitudine, perché faccio parte di quella squadra - di cui parlava prima Andrea - di giovani, che hanno avuto l'onore di lavorare con lui per molti anni. E qui rappresento anche il saluto del Partito Democratico. In quegli anni noi abbiamo fatto un lavoro diverso, ma ricordo benissimo la stima di cui Paolo ha sempre goduto da parte di tutto il Parlamento, perché Bonaiuti era una persona capace di mediare. Forse la sua principale qualità è stata una capacità di fare sintesi e cercare sempre di fare la cosa giusta. Come giornalista, è stato interprete di una stagione incredibile. Lui, sia quando lavorava a Il Giorno che a Il Messaggero, è stato un grande corrispondente di politica estera, era nei luoghi in cui si faceva la storia, dalla caduta del muro di Berlino a Cuba, ha conosciuto ed è stato interlocutore dei grandi della terra. Come sottosegretario all'editoria, ha portato in quegli anni una ventata, forse uno degli ultimi momenti di difesa strenua della libertà di stampa e del ruolo dei giornalisti nel nostro Paese. Io ricordo bene, già all'epoca si parlava della crisi della carta stampata e della fine del giornalismo. Ecco, Paolo, in quegli anni, come sottosegretario, si è battuto fino all'ultimo perché il giornalismo continuasse ad essere una nobile e libera professione nel nostro Paese e affinché i giovani giornalisti in Italia potessero avere un futuro, esattamente come aveva avuto la sua generazione. E quella è stata una lezione importantissima, perché la libertà di stampa è una delle declinazioni della libertà. E tutta la vita di Bonaiuti, fiorentino doc, sarcastico, ironico, uomo coltissimo, è stata una ricerca profonda del senso della libertà e di come portare questa libertà, sia quando scriveva come giornalista, sia quando comunicava come politico. Dobbiamo ricordarlo così, scanzonato, ironico, irriverente, ma con una profondità di pensiero riconosciuta da tutti. Lui aveva nella sua scrivania la foto di Margaret Thatcher, era l'unica foto che teneva di tutti gli incontri che aveva avuto nella sua vita e riconosceva la grandezza di una donna straordinaria, che considerava uno dei politici più lungimiranti del Novecento.
Ma, pur essendo un riformista e un laico, aveva scoperto un grande dialogo con il mondo cattolico. Io mi ricordo telefonate e conversazioni incredibili, per la profondità con cui si affrontano i temi dell'attualità del Paese, con un altro grande, anzi un vero gigante, come Navarro-Valls, che in quel periodo storico lavorava a fianco di Giovanni Paolo II.
Questa è soltanto una parte di quello che è stato Paolo Bonaiuti, che ha lasciato sicuramente una cifra di stile, di un modo di interpretare la comunicazione politica che era un modo assolutamente unico e irripetibile. La sua cifra è rimasta in questo Paese in tanti aspetti, anche attraverso persone che non lo hanno conosciuto e che lo imitano senza saperlo.
Però, vorrei dire una cosa: accanto a Silvio Berlusconi ha passato la maggior parte della sua storia politica, è stato vicino come portavoce, ma è stato sempre un uomo libero. E anche alla fine, quando ha fatto una scelta diversa, sofferta, l'ha fatta in nome della sua libertà personale e dei suoi convincimenti. E così dobbiamo ricordarlo, Bonaiuti, un uomo libero, un uomo colto, un uomo autonomo, che ha lasciato una traccia in questo Parlamento.