Illustrazione della mozione
Data: 
Giovedì, 27 Luglio, 2023
Nome: 
Andrea De Maria

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Grazie, Presidente. Alle 10,25 di sabato 2 agosto 1980 un ordigno ad altissimo potenziale esplose nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna. L'esplosione provocò il crollo della struttura sovrastante le sale d'aspetto e di 30 metri di pensilina, investì anche due vetture di un treno in sosta al primo binario. L'esplosione causò la morte di 85 persone e il ferimento o la mutilazione di oltre 200. La vittima più piccola aveva solo 3 anni, la più anziana 86. Le vittime erano persone comuni, provenivano da 50 città diverse d'Italia, tra loro anche diversi stranieri, lavoratori, giovani turisti, coppie, studenti, familiari in attesa di parenti con cui condividere quell'afosa estate. “Semplicemente persone che non avevano nessun connotato politico se non quello di essere i bersagli pianificati dalla folle strategia neofascista della strage indiscriminata”, come ha scritto Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna dell'agosto 1980, associazione costituitasi per tenere viva la memoria di quella tragedia e il ricordo delle vittime, oltre che per ottenere, con tutte le iniziative possibili, la giustizia dovuta.

Norberto Bobbio ha scritto che la strage è, “fra tutte le azioni delittuose, quella che più si avvicina al male radicale: è il massimo delitto, l'omicidio diretto consapevolmente contro gli innocenti”.

L'immagine della stazione ferroviaria con l'orologio fermo al minuto della tremenda esplosione - per usare le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella - è divenuta simbolo della disumanità del terrorismo, dell'attacco sferrato al cuore della democrazia italiana.

Quel 2 agosto di 43 anni fa cominciò una delle più difficili indagini della storia giudiziaria del Paese, il cui iter processuale, anche a causa dei tanti tentativi di depistaggio, non è ancora giunto definitivamente a conclusione. Ad oggi, sono stati condannati in via definitiva come esecutori materiali i terroristi neofascisti dei Nuclei armati rivoluzionari Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini e per attività di depistaggio il gran maestro della loggia massonica P2 Licio Gelli, gli ufficiali dei servizi segreti Pietro Musumeci, membro della loggia massonica P2, e Francesco Belmonte e il faccendiere Francesco Pazienza.

Con un'altra sentenza della corte d'assise di Bologna, del 9 gennaio 2020, depositata il 7 gennaio 2021, è stato condannato all'ergastolo, colpevole di concorso nel reato di strage, Gilberto Cavallini.

Mercoledì 5 aprile 2023 sono state depositate le motivazioni della sentenza pronunciata il 6 aprile 2022 dalla corte d'assise di Bologna del cosiddetto processo ai mandanti per la strage alla stazione di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini, a sei anni Piergiorgio Segatel, l'ex capitano dei carabinieri accusato di depistaggio, e a 4 anni Domenico Catracchia, accusato di false informazioni al pubblico ministero al fine di sviare le indagini. Si tratta dell'ex amministratore di condomini di via Gradoli a Roma, dove i NAR nel 1981 avevano due covi ai numeri civici 65 e 96; segnalo che è lo stesso civico dove ha vissuto il capo delle BR Mario Moretti durante il sequestro Moro nel 1978.

È una sentenza di primo grado, ma supportata da elementi probatori importanti che hanno permesso di far luce su alcuni aspetti cruciali della vicenda. “Si è finalmente giunti” - si legge nella sentenza a pagina 1069 - “a porre un punto fermo che considera la strage del 2 agosto 1980 a Bologna come un momento conclusivo, sia pure sui generis ed atipico rispetto ai momenti precedenti, della cosiddetta strategia della tensione. È ormai appurato (…) che la compagine degli esecutori materiali non agiva nel vuoto di strategia e fuori da contesti politici nazionali e probabilmente internazionali. Gli esecutori erano strettamente collegati a chi la strage aveva deciso, agevolato e finanziato attraverso una fitta rete di legami e di mediazioni, di cui tuttavia si intravede ora il vertice, come è stato per le stragi politiche dei primi anni Settanta (…)”.

La sentenza collega la bomba alla stazione di Bologna alla strategia della tensione inaugurata in Piazza Fontana a Milano nel 1969 e smonta la teoria della strage frutto della semplice azione dello spontaneismo armato di un gruppo di neofascisti. “Se ne è tratta la ragionevole conclusione che nella strage dell'agosto 1980 furono coinvolti personaggi di almeno tre formazioni della destra eversiva: Nuclei armati rivoluzionari, Terza posizione e Ordine nuovo” (pagina 930 della sentenza). È la “strategia dell'arcipelago”: i gruppi che non perdono autonomia e identità, ma si raccordano in funzione di una politica comune.

Il processo si è concluso, come ho ricordato, con la condanna del neofascista Paolo Bellini oltre a due imputati (Luigi Segatel e Domenico Catracchia) per aver sviato le indagini, ma alla base stava la cosiddetta inchiesta sui mandanti: le indagini sul livello superiore rispetto a quello degli esecutori materiali della strage.

“La strage di Bologna ha avuto dei mandanti tra i soggetti indicati nel capo di imputazione, non una generica indicazione concettuale, ma nomi e cognomi nei confronti dei quali il quadro indiziario è talmente corposo da giustificare l'assunzione di uno scenario politico, caratterizzato dalle attività e dai ruoli svolti nella politica interna e internazionale da quelle figure, quale contesto operativo della strage di Bologna” (pagina 1070 della sentenza).

I soggetti indicati nel capo di imputazione sono Licio Gelli, il capo della P2 e il suo braccio destro Umberto Ortolani, in qualità di mandanti finanziatori; Federico Umberto D'Amato, il potentissimo capo dell'Ufficio affari riservati del Viminale, e il senatore Mario Tedeschi, il primo in qualità di mandante organizzatore, il secondo principalmente per l'attività di depistaggio. Non solo sono tutti deceduti, “sono quindi non imputabili, nei loro confronti non è possibile elevare alcuna imputazione formale” pur essendo possibile richiamarne il ruolo nel contesto di un'imputazione riguardante altri.

Certamente, questa circostanza non può rimuovere il dovere di preservare la memoria di quei tragici fatti e delle responsabilità di quanto accaduto.

La sentenza, oltre a illuminare il secondo livello della strage neofascista, ricostruisce l'efficace rete di protezione costruita intorno a Paolo Bellini, uomo di raccordo fra esecutori materiali e mandanti-organizzatori-finanziatori.

Nella sentenza viene ampiamente ricostruito il ruolo svolto da Mario Tedeschi dal lontano 1965, con l'operazione “manifesti cinesi” fino al 1980. Si ricorda, fra l'altro, il tentativo di depistaggio con la pista palestinese, sostenuta con gli articoli apparsi sul giornale Il Borghese a firma dello stesso Tedeschi e in qualche modo sponsorizzata anche da Licio Gelli.

Anche per questo trovo inaccettabile che tale falsa pista venga riproposta ancora oggi, infatti, al di là della buona fede di chi la mette in campo, non si aiuta certo così la ricerca della piena verità sulla strage del 2 agosto ed il sereno svolgimento dei processi in corso.

Per consentire la ricostruzione dei gravissimi eventi che, negli anni compresi fra il 1969 e il 1984, hanno segnato la storia del nostro Paese, il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, con direttiva del 22 aprile 2014 ha disposto la declassifica e il versamento anticipato all'Archivio centrale dello Stato e agli Archivi di Stato, da parte di tutte le amministrazioni dello Stato interessate, ivi compresi gli organismi di informazione per la sicurezza, della documentazione da questi detenuta relativa agli eventi di Piazza Fontana a Milano (1969), di Gioia Tauro (1970), di Peteano (1972), della questura di Milano (1973), di Piazza della Loggia a Brescia (1974), dell'Italicus (1974), di Ustica (1980), della stazione di Bologna (1980) e del Rapido 904 (1984).

Al fine di estendere l'ambito oggettivo di applicazione della direttiva del 2014, è stata adottata la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi del 2 agosto 2021, con la quale si è stabilito di ampliare i criteri di individuazione della documentazione da sottoporre a desecretazione, comprendendovi i documenti relativi ad altre tematiche oltre a quelle già oggetto della precedente direttiva. In particolare, con la nuova direttiva si rende consultabile la documentazione concernente l'organizzazione Gladio e quella relativa alla loggia massonica P2 “corrispondendo - si dice nella direttiva del Governo Draghi - in tal modo ad un'esigenza assai avvertita anche dall'opinione pubblica”.

La desecretazione di atti e documenti relativi alle stragi e al terrorismo ha rappresentato una scelta di grande responsabilità e importanza, di cui va garantita la continuità e l'effettiva applicazione. Il Governo Meloni ha deciso, senza consultare le associazioni che ne fanno parte, di modificare senza una giustificazione di merito la composizione della commissione consultiva sulla desecretazione degli atti delle stragi.

I rappresentanti dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto e quelli dell'associazione che riunisce i familiari delle vittime di Ustica temono - l'hanno detto in una recente conferenza stampa - che sia in atto una strategia a largo spettro per riscrivere la storia delle stragi e dei processi, che rischia di creare un clima che possa interferire con i processi d'appello sulla strage a Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, le cui sentenze di primo grado hanno peraltro respinto molto nettamente la cosiddetta pista palestinese.

Sono convinto che la loro lotta, quella dell'associazione dei familiari, per la verità, sia di straordinario valore. Si tratta di battersi per il diritto alla giustizia delle vittime e nello stesso tempo di un impegno fondamentale per rendere più forte la nostra democrazia. Una democrazia che sarà resa più solida dalla piena consapevolezza e conoscenza di una lunga storia di eversione e di pericolose derive e svolte autoritarie che l'hanno messa in discussione e hanno pesantemente influenzato la vita politica e sociale del Paese.

Chiediamo quindi al Governo, fermo restando il diritto sancito dalla Costituzione alla presunzione di innocenza nei confronti delle singole persone coinvolte, fino all'eventuale condanna definitiva e al pieno rispetto alle garanzie per gli imputati, di adottare tutte le iniziative volte a garantire, per quanto di competenza, lo svolgimento sereno e senza interferenze dei processi ancora non conclusi riguardanti la stagione stragista che ha insanguinato l'Italia e ha visto collaborare insieme neofascisti, logge massoniche segrete e agenti infedeli degli apparati di sicurezza.

Chiediamo, inoltre, che il Governo ponga in essere tutte le iniziative opportune affinché prosegua proficuamente, in collaborazione fattiva e trasparente con i rappresentanti delle associazioni dei familiari delle vittime, l'attività di desecretazione degli atti delle stragi che hanno segnato la storia recente del nostro Paese, superando le criticità riscontrate in passato anche attraverso una semplificazione normativa, il finanziamento e gli interventi necessari per consentire la gestione, la ricerca e la consultazione corretta ed efficace dei documenti digitalizzati.