Discussione generale
Data: 
Lunedì, 11 Marzo, 2024
Nome: 
Federico Fornaro

Vai alla scheda della mozione

Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, le mozioni parlamentari sono uno strumento importante, non sono soltanto parole scritte su un documento, ma dovrebbero avere una funzione nel rapporto tra potere Esecutivo e potere legislativo, soprattutto come stimolo all'azione del Governo, per poter avere anche un luogo in cui, sui temi oggetto delle mozioni, ci si possa confrontare di fronte all'opinione pubblica, uscendo, quindi, dalle schermaglie, uscendo dalle semplici dichiarazioni stampa, per affrontare una questione, quella del futuro dell'automotive, che è assolutamente centrale nelle politiche industriali di questo Paese. Stiamo parlando della filiera dell'automotive, che rappresenta oltre 5.500 imprese, oltre 1.200.000 addetti, un fatturato con un'incidenza percentuale sul PIL a due cifre, includendo i servizi. Si tratta, quindi, di un settore strategico per l'economia nazionale anche nel contesto della transizione ecologica, che deve rappresentare, lo vorremmo sottolineare e lo sottolineiamo nella nostra mozione, un'opportunità di rilancio del settore. Non si fa politica industriale semplicemente cercando di allungare i tempi, accusando in maniera spesso propagandistica l'Europa di voler favorire, in realtà, i prodotti cinesi. La questione esiste, la questione della scadenza del 2035 per i motori endotermici è una realtà, ma noi crediamo che occorra affrontare questa sfida, come vanno affrontate le sfide produttive e di prospettiva, cioè con coraggio, con realismo, ma anche con l'idea che si sta andando verso una soluzione corretta, quella del contributo che anche il settore dell'automotive può e deve dare alla transizione ecologica e alla mobilità sostenibile.

Ciò che denunciano le imprese, peraltro, è ancora una carenza di professionalità e c'è un altro aspetto che va sottolineato: siamo in forte ritardo anche per le scelte dell'unico produttore o, per meglio dire, le “non” scelte sull'elettrico dell'unico produttore rispetto ad altri Paesi europei. L'infrastrutturazione è assolutamente insufficiente, noi abbiamo, oggi, una media di colonnine di ricarica, ogni 100 chilometri, pari a 7,9, contro una media europea molto più alta, pari a 12,3 nell'Unione europea, nel Regno Unito e nei Paesi EFTA, ma in UK è pari a 17,6, in Germania a 17,3 e in Francia a 10,2, numeri lontanissimi per esempio dai Paesi Bassi che ne hanno 107,8, ovvero più di una a chilometro.

Quindi, parlando di realismo, ovviamente, occorre tener conto di queste difficoltà infrastrutturali, occorre evidentemente non dimenticarci che abbiamo uno dei parchi autovetture, 38,5 milioni di veicoli commerciali, 3,97, più vetusti, insicuri e inquinanti d'Europa, con il 29 per cento delle vetture e il 47 per cento degli autocarri che hanno un'omologazione tra “Euro 0” ed “Euro 3”. Quindi, la fotografia che noi oggi facciamo è di oggettiva difficoltà, ma che al tempo stesso dovrebbe sollecitare il Governo, il Parlamento, la politica, a dare delle risposte e a ritornare a parlare di un termine quasi sconosciuto, quello della politica industriale.

Vorrei sottolineare che in questi termini nel settore, dal precedente Governo, era stata sviluppata un'azione di sostegno alla domanda in un'ottica pluriennale, organica e strutturata che puntava su tre assi specifici: gli investimenti in ricerca, innovazione e prima industrializzazione, il capitale umano, con la formazione delle competenze necessarie e, in terzo luogo, gli interventi sulla filiera, anche di carattere finanziario, a sostegno delle imprese, con misure capaci di favorire i processi di consolidamento tra operatori e il supporto al loro adeguamento tecnologico.

Così come anche gli ingenti investimenti richiesti dal tessuto della componentistica sono un dato oggettivo per la transizione verso la mobilità elettrica.

In estrema sintesi, a questo punto, noi stiamo pagando evidentemente un prezzo molto alto, un prezzo eccessivo, al fatto che in Italia è presente un solo produttore, che a suo tempo - va ricordato - scelse di non scommettere sull'elettrico, almeno nel nostro Paese, arrivando, quindi, in ritardo rispetto agli altri produttori su questo fronte, un ritardo che è pagato anche in termini occupazionali. Stellantis, che attualmente conta in Italia 6 stabilimenti produttivi, punterebbe, secondo quanto si apprende dalla stampa, su Pomigliano e sulla Panda come difesa dalla concorrenza cinese, anche in Europa, prolungandone la produzione almeno fino al 2027, mentre i nuovi modelli elettrici, della Panda e della Topolino, per Stellantis sono modelli che saranno prodotti non in Italia. Cioè, noi rischiamo di non avere sostanzialmente, da questo punto di vista per il gruppo Stellantis, una strategia di medio periodo per i nostri impianti produttivi.

Quindi, quello che noi auspichiamo è una politica industriale capace di contrastare non solo il ritardo ma crediamo che sia assolutamente necessario farsi promotori di un piano per la gestione a livello europeo della transizione ecologica con strumenti comuni e avviare immediatamente una trattativa con Stellantis per salvaguardare l'occupazione e mantenere la capacità produttiva degli impianti. A nostro giudizio, invece, in questi mesi di Governo - ormai è più di un anno - l'azione dell'Esecutivo è apparsa confusa, contraddittoria, inefficace, oscillando tra una politica di incentivi piegati alle esigenze di Stellantis in ragione di un non ben definito impegno a riportare la produzione a un milione di autovetture, da un lato, e la minaccia di orientare gli stessi incentivi in favore di un secondo produttore, dall'altro, senza peraltro specificare quali leve abbia realmente a disposizione l'Esecutivo nella trattativa con la casa automobilistica o se esiste effettivamente un interesse da parte di altri produttori. Crediamo che l'intervento di domani del Ministro Urso debba dare delle risposte rispetto a queste questioni che non crediamo siano strumentali. La fotografia della situazione è drammatica. Nel 2023, l'anno scorso, sono state prodotte in Italia appena 450.000 autovetture, a fronte di 1.580.000 immatricolazioni. Le linee dello stabilimento di Mirafiori, come ha ricordato prima il collega Grimaldi, sono ferme. Ci sono ormai situazioni incancrenite di cassa integrazione che durano da più di 10 anni. Melfi ha interrotto l'attività, si ricorre agli ammortizzatori sociali per il diciassettesimo anno consecutivo e permane l'assenza di indicazioni sulla creazione della gigafactory per le batterie.

Quindi, in estrema sintesi che cosa chiediamo? Impegniamo il Governo, nella nostra mozione, ad attivarsi nelle sedi istituzionali europee per sostenere e valorizzare il ruolo strategico della filiera dell'automotive, affinché l'intero settore sia adeguatamente supportato nei prossimi anni con politiche, strumenti e risorse aggiuntive per la riconversione delle imprese e la riqualificazione dei lavoratori; ad adoperarsi per favorire il rapido superamento delle situazioni di crisi industriale emerse nel corso degli ultimi mesi nella filiera dell'automotive al fine di evitare il licenziamento di addetti e la delocalizzazione di importanti aziende operanti nel settore e affrontare per tempo, con adeguati strumenti e risorse, le situazioni di potenziale crisi che stanno emergendo e che rischiano di avere pesanti ricadute occupazionali negative nei territori coinvolti; ad adoperarsi affinché Stellantis mantenga in Italia non solo la produzione - questo vorrei sottolinearlo con forza - ma anche i settori della progettazione, dal momento che il design italiano è riconosciuto come elemento di grande valore in tutto il mondo e, in generale, tutti i settori che dall'avvento di Stellantis sono stati fortemente ridimensionati in termini di personalità e competenza a favore degli omologhi enti francesi ex PSA personale, condizionando le misure finanziarie e regolatorie in favore di Stellantis  all'assunzione e al rispetto, da parte della società e del gruppo, di precisi impegni in termini produttivi e occupazionali; a favorire, anche attraverso semplificazioni burocratiche e opportuni incentivi, l'attrazione di investimenti stranieri e lo stabilimento sul territorio nazionale di un secondo produttore; ad adottare tutte le misure necessarie a sostenere la filiera e i lavoratori dell'automotive nel superamento dell'attuale fase di transizione sia sul fronte della produzione sia su quello della vendita di autoveicoli, con riferimento agli incentivi all'acquisto da indirizzare prioritariamente alle fasce a reddito basso anche al fine dell'accesso ai centri urbani o al cosiddetto leasing sociale di veicoli elettrici o a bassa emissione di anidride carbonica in un'ottica pluriennale, oltre all'acquisizione di tecnologia e alla riconversione produttiva per favorire la produzione di modelli elettrici in Italia, prorogando, almeno fino al 2035, il Fondo automotive e incrementandone le risorse disponibili a valere sui risparmi derivanti dalla riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi; ad accompagnare la transizione del settore dell'automotive sostenendo la trasformazione dell'industria automobilistica e tutti gli interventi di carattere industriale necessari a efficientare e a sostenere il processo di trasformazione industriale e di innovazione settoriale, a partire dalla digitalizzazione sino al cambio delle motorizzazioni e allo sviluppo delle nuove tecnologie, nonché, oltre alla fondamentale attività di ricerca e sviluppo, al trasferimento tecnologico, alla nascita di nuove imprese innovative, favorendo anche i progetti basati su aggregazioni tra imprese e una più stretta cooperazione tra le aziende e gli istituti tecnici professionali e gli ITS per avvicinare sempre più il mondo del lavoro alle scuole, ma anche per contribuire a definire percorsi formativi più coerenti con le nuove competenze ricercate dall'industria; a sostenere formazione e riqualificazione professionale degli addetti; a sostenere la graduale transizione della filiera dei servizi dell'automotive con appositi e mirati interventi finalizzati a favorire la riconversione delle produzioni o la realizzazione di prodotti innovativi in grado di rispondere alla domanda emergente del mercato dell'automotive e del trasporto pubblico locale, capaci entrambi di generare fatturato e di garantire continuità occupazionale; infine, ad adottare ogni iniziativa volta a favorire l'Italia come sede di attività di lavorazione di semiconduttori e di produzione di batterie e del loro riuso e riciclo, al fine di favorire l'autonomia strategica nell'approvvigionamento e di garantire adeguati livelli di ricerca e sviluppo degli ambiti tecnologici della microelettronica e dell'intelligenza artificiale.

Questo è il testo della nostra mozione. Lo consideriamo un contributo, un contributo al dibattito, un contributo al Governo e, ovviamente, siamo disponibili a ricercare eventuali convergenze, perché auspicabilmente questo è un tema che dovrebbe poter essere in grado di diventare un tema nazionale, inteso, quindi, con la capacità di trovare sintesi in questo Parlamento, impegnando il Governo ad affrontare questa questione fuori da una visione meramente di propaganda e di breve periodo, ma provando a impostare un lavoro che negli anni possa garantire a questo settore, che, come abbiamo ricordato e già ribadito, è strategico rispetto all'oggi ed è strategico rispetto al futuro, alla transizione ecologica, l'attenzione che necessita. Ritornare a fare politica industriale in questo Paese, secondo noi, è assolutamente fondamentale e l'automotive è certamente uno dei terreni su cui si misurerà la capacità del sistema Italia di affrontare i problemi, trovando anche le necessarie soluzioni.