Discussione generale
Data: 
Lunedì, 11 Novembre, 2024
Nome: 
Toni Ricciardi

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Grazie, Presidente. Sottosegretaria Siracusano, colleghe e colleghi, le aree interne - Presidente, pensateci un attimo - sono al centro di una discussione in questo Paese da almeno due secoli. E sono due secoli che le aree interne, declinate in un certo modo, servono soprattutto alla politica per delineare politiche, strategie e interventi. E, guardate, colleghe e colleghi, noi abbiamo vissuto in questo Paese un paradosso che molti hanno dimenticato o che forse non conoscono. Noi siamo passati a una narrazione della miseria dello svuotamento che abbiamo oggi… se tornassimo indietro veniamo da una narrazione della miseria per sovrappopolamento. Le aree interne sono state definite nell'arco del fluire della storia e analizzate per i loro aspetti demografici per l'eccesso di sovrappopolamento.

Immaginate Francesco Saverio Nitti, nel suo “L'emigrazione italiana e i suoi avversari”, del 1888: per criticare le non-politiche della migrazione del Governo Crispi, diceva sostanzialmente, o meglio accusava il Governo di non agevolare la partenza e la migrazione dalle aree interne agricole perché c'erano un eccesso di sovrappopolamento e un elemento di sottoproduzione; Malthus alla fine, con la teoria sulla popolazione, aveva ampiamente vinto in tutto il continente e in tutti gli orientamenti politici.

E ancora la miseria. Pensateci un attimo, rileggiamo, colleghe e colleghi, le pagine di descrizione alla metà degli anni Cinquanta di Matera. Oggi, chi va a Matera credo abbia una percezione completamente diversa e possa plasticamente dimostrare come l'intervento e l'attenzione nelle aree interne, in modo concreto - non a parole, in modo concreto - possa cambiare la prospettiva anche alle zone del margine, alle zone periferiche.

Però, Presidente, Nitti non era solo. Nitti, Manlio Rossi-Doria, Guido Dorso: tutti immaginavano e hanno immaginato e hanno formato classi dirigenti - e noi di questa consapevolezza, però, ne dobbiamo prendere atto - rispetto al fatto che l'unica soluzione possibile per colmare quel divario, quel gap territoriale di sovrabbondanza di umanità fosse l'emigrazione. E non è un caso, guardate, che, se negli anni Sessanta un pezzo del Paese ha vissuto il proprio boom economico, un'altra stragrande maggioranza del Paese, soprattutto le aree interne, ha vissuto l'accesso a quella che poi diventerà la società dei consumi e il proprio miracolo economico grazie esattamente alle rimesse e agli investimenti di quella migrazione.

Ed è sintomatico come questa visione, Presidente, abbia attraversato tutte le fasi storiche. Siamo nel 1947 e c'è un discorso memorabile di Manlio Rossi-Doria, il padre della dicotomia tra le terre dell'osso e le terre della polpa; l'osso era rappresentato esattamente dalla dorsale appenninica, da quell'entroterra che viveva e sopravviveva, se vogliamo, esclusivamente di agricoltura. Dice le seguenti parole: “Voi permetterete la massima franchezza (…) la vostra agricoltura ha sempre duramente sofferto di tre piaghe: canoni di affitto troppo alti, eccessivo gravame fiscale e forte indebitamento. Il grave è che il processo che ha portato (…) ad aggravare la condizione di questa nostra regione (…) a cominciare con l'aumento della popolazione”.

Ora, siamo nel 1947. Immaginate meno di un secolo fa qual era la prospettiva narrativa attraverso la quale le persone esattamente delle aree interne venivano indotte a fare altre scelte. E sottolinea Manlio Rossi-Doria che la Lucania, come la chiamava lui, si stava risollevando solo grazie all'intervento delle rimesse delle emigrazioni.

Oggi, colleghe e colleghi, lo vediamo e mi riferisco ai “paesi”, non ai “borghi”, Presidente; io mi iscrivo al partito che li definisce “paesi”, perché noi stiamo vivendo una sorta di narrazione ancestrale come se il richiamo - e mi faceva sorridere il collega Mura - a questa presunta pseudo-identità micro-territoriale, anche in un paese di 424 abitanti, fosse la chiave di lettura dell'autonomia che una comunità così piccola deve conservare, affinché possa concretamente interpretare le strategie politiche dello Stato.

Collega Mura, insomma, lei sa che ci stiamo prendendo cortesemente e gentilmente in giro vicendevolmente, perché se è vero che la SNAI ha mancato in alcuni ambiti, non ha mancato perché era stata pensata male. Essa ha mancato esattamente in quella chiave, perché poi l'applicazione pratica - collega Mura, lei lo sa perché è stato anche amministratore territoriale - avviene esattamente nel momento in cui quella cabina di regia porta gli amministratori locali a richiedere, attraverso la rivendicazione identitaria del proprio microcosmo, risorse completamente scollegate da un quadro più generale. Allora, la politica della SNAI non è che abbia fallito nella proposta: ha fallito nell'applicazione ovvero perché è venuta meno una cabina di regia che la gestisce.

Ma è la storia di questo Paese, collega Mura. Lo sviluppo delle aree interne e il recupero dei gap territoriali avvennero, ad esempio, attraverso la Cassa del Mezzogiorno. Senza una cabina centrale quel gap non si sarebbe mai colmato e oggi non si colmerebbe ancora di più. E sa perché, collega Mura? Perché nei comuni manca il personale, che non è in grado per sopraggiunti limiti di età, e per l'incapienza economica che non consente di assumere personale. Ma noi questi bandi europei o il PNRR come li mettiamo a terra in un comune di 424 abitanti se a stento forse abbiamo due dipendenti comunali e un vigile urbano? Allora, sono queste le narrazioni che dobbiamo mettere da parte e parlare di concretezza ai cittadini. Peraltro, attenzione a innamorarsi di una dicotomia. Io mi occupo da 20 anni di fenomeni migratori e dopo 20 anni non riesco ancora a darle una risposta, Presidente: è più bravo e vince la partita chi emigra o vince chi resta? Questa dicotomia vedeva prima la narrazione sulla migrazione come espressione di una sofferenza. Adesso, la “restanza” è diventata il mantra narrativo di tutti.

Io voglio vedere se tutti coloro che parlano in una maniera così spinta della “restanza” hanno vissuto un giorno, una settimana o un mese in un piccolo paesino! Non è il suo caso, collega Mura, e ci mancherebbe pure. Allora, noi, da questo punto di vista, ci dobbiamo capire per arrivare poi ai fatti concreti. Ripeto: se la Strategia nazionale delle aree interne è stata una grande intuizione ma è mancata nell'applicazione pratica, è stato probabilmente per le contorsioni politiche, amministrative e territoriali. Ogni sindaco, infatti, quando si candida alle elezioni - collega Mura - inevitabilmente, come ogni parlamentare, come ogni politico, sta lì a batter cassa.

Ma non è tanto - mi sia consentito - l'analisi del quadro geopolitico della sinistra, della destra, insomma, io non so come abbiano votato a Nughedu Santa Vittoria nelle ultime elezioni; presumo in un certo modo.

Ma la domanda, collega Mura, sa dove sta?

Questa Strategia, la visione delle aree interne, è stata aggravata esattamente dalla deficienza di questo Governo e dalla non azione del Ministro Fitto, immaginando, per prima cosa, di moltiplicarle e, come seconda cosa, di fare l'ennesimo scippo alle aree interne. Lo ricordo a tutte e a tutti: se il PNRR ci dà quelle risorse, non ce le dà semplicemente per la capacità politica di una stagione politica che le ha recuperata in Europa, ce le dà perché tiene conto dei numeri e dei divari territoriali, che fanno delle aree interne la priorità assoluta di intervento! Peccato che il vostro Governo abbia spostato risorse dalle aree interne verso le solite aree, collocate soprattutto al di sopra del 42° parallelo, perché bisognava dare risposte a qualche Ministro, o addirittura al di sotto del 42° parallelo, inventando non so quale faraonica opera, penalizzando esattamente le aree interne e non tenendo presente la necessità di trattamento di equità.

Non voglio abusare delle citazioni di Don Milani, ma immaginare di continuare a fare parti uguali tra diseguali è esattamente il più grave danno che si sta continuando a compiere nei confronti delle aree interne. E, allora - e mi avvio a chiudere, Presidente -, quali sono le proposte? Primo, una fiscalità di vantaggio, ma non a chiacchiere. Noi l'abbiamo fatto come Partito Democratico: durante l'approvazione della delega fiscale, grazie alla sensibilità, certo, del Governo, siamo riusciti a far passare un nostro emendamento, che prevede il raddoppio della permanenza del personale sanitario nelle strutture ospedaliere di periferia, ultra-periferia (cioè un anno di servizio vale il doppio), che è l'unico modo per cercare di incentivare la presenza. Voi, di tutta risposta, che cosa avete fatto? Ci avete risposto con un Fondo, più di un anno fa - se lo ricorderà, Presidente? Mi sa che era lei a presiedere -, per bloccare lo spopolamento e sa quanto ci avete messo, collega Mura? 1.600 euro a comune. Come ebbi modo di dire allora - lo ripeto -, un Paese non ci paga manco la banda musicale per la festa patronale, perché questa è la visione. Allora, se vogliamo continuare con una visione di parcellizzazione, dobbiamo capire se accontentare, per mere questioni politiche, l'amico dell'area interna di turno o immaginare una strategia complessiva.

E ancora. Si parla tanto della questione di far riattrarre le persone e sentivo tante cose in questi mesi e in questi anni. Collega Mura, voi siete il Governo che ha distrutto l'unica misura che esisteva - la più generosa in Italia -, per far rientrare le persone, che è la misura degli “impatriati”, che prevedeva addirittura per la sua Sardegna un incentivo ulteriore rispetto alla restante parte del Paese, che prevedeva uno sgravio del 70 per cento e per il Mezzogiorno del 90 per cento, con l'aggiunta del radicamento territoriale; per ogni figlio minorenne a carico ti davano tre anni in più. L'avete distrutta voi, ma livellando al 50 per cento tutto, togliendo il carico familiare, alla faccia dell'attenzione per la famiglia e, non contenti di questo, nell'articolo 29 di questa manovra di bilancio vi accingete a vietare, addirittura, l'accesso al trattamento di disoccupazione: 180 giorni - non 180 anni! - di disoccupazione a chi è impatriato, ha voluto investire, ha creduto nello Stato prima, ha creduto nel proprio territorio e, purtroppo, oggi si trova impossibilitato, preso in giro per l'ennesima volta.

Allora, nella nostra mozione chiediamo tante cose, ma soprattutto di incentivare - e chiudo per davvero, Presidente - la possibilità dello smart working per davvero. Noi, durante il COVID, abbiamo sentito autorevolissimi opinionisti parlare di smart working, ma, nelle aree interne, nei piccoli comuni, manca una legge per stare in un paesino dell'entroterra e lavorare per una multinazionale e mantenere in vita quei luoghi, come il dissesto idrogeologico e come, soprattutto, un Piano per l'energia. Guardate, o la finite di immaginare di riempire questo Paese e le aree interne di pale eoliche, senza avere un tornaconto per i territori, oppure non ce la facciamo più.