Grazie, Presidente. La celiachia non è soltanto una patologia estremamente diffusa a livello mondiale, ma è anche una condizione dal forte carico sociale, economico e psicologico, che ci induce ad agire oggi, con questa mozione, per garantire ai soggetti che ne soffrono un'elevata qualità di vita. Dalla celiachia non si guarisce, l'esclusione totale e rigorosa per tutta la vita degli alimenti contenenti glutine dalla dieta è al momento l'unica terapia disponibile. Tuttavia, non si tratta soltanto di una modifica permanente del regime alimentare, bensì di una vera e propria malattia sociale, che incide sulla relazione con gli altri in tutti quei contesti che prevedono pasti fuori casa e lo fa con maggiore difficoltà se a soffrirne è un bambino o un adolescente. La sociologia moderna ci dice che il cibo è socialità, il cibo è un vettore comunicativo capace di veicolare informazioni riguardanti lo status, il ruolo, l'età, il genere, la personalità di un individuo e che, quindi, andando al di là della mera funzione nutrizionale, crea forme di aggregazione, prima, familiari e, poi, sociali.
L'accettazione della propria condizione cronica può essere, quindi, destabilizzante per un adolescente, che, spesso, vive in modo drammatico la diagnosi di celiachia per paura di essere escluso o di considerarsi diverso dagli altri, con risvolti quali rabbia, negazione o ritiro sociale. Trasgredire la dieta e adottare comportamenti a rischio sono spesso azioni cui i giovani celiaci sono indotti perché spinti dalla necessità di assumere, agli occhi degli altri, un comportamento di normalità, alla ricerca dell'inclusione sociale e della piena accettazione di se stessi nella società. È fondamentale, quindi - e chiediamo oggi in questa mozione - istituire percorsi idonei ed efficaci che aiutino a sviluppare un approccio consapevole e positivo nei confronti della patologia. In tal senso le scuole possono e devono svolgere un ruolo primario. Attraverso la comprensione, la condivisione, la partecipazione sono chiamati ad attivare percorsi di corretta educazione alla celiachia e di conoscenza delle sue necessità alimentari per accrescere il grado di integrazione ed infondere maggior senso di responsabilità individuale, in un contesto che unisca le diversità. Anche la formazione costante degli addetti alla ristorazione collettiva, specie all'interno delle mense scolastiche, può offrire un servizio più idoneo alle esigenze alimentari dei celiaci e garantire un'alimentazione sana e sicura.
C'è, però, un altro aspetto che oggi voglio sottolineare e mi riferisco all'importanza della diagnosi della malattia. La patologia può manifestarsi a qualunque età, con segni e sintomi estremamente variabili per intensità e per localizzazione e, da qui, l'importanza del ruolo non soltanto dei pazienti, ma anche dei medici nel riconoscere la malattia nelle sue forme più svariate. È importante, quindi, contribuire a ridurre i tempi della diagnosi, ma, soprattutto, il numero dei casi ancora non diagnosticati, che fanno, ancora oggi, di questa malattia una malattia sommersa. Si stima che, in media, siano richiesti ancora 6 anni per giungere ad una diagnosi definitiva dall'inizio dei primi sintomi. Oggi la scienza ci offre la possibilità di identificare nuovi marcatori circolanti, fondamentali sia per la diagnosi che per il monitoraggio dell'evoluzione della patologia, ma anche per l'aderenza terapeutica.
Grazie agli sforzi continui della comunità scientifica possiamo diagnosticare precocemente, in modo corretto e non invasivo, la celiachia, come ci è suggerito da uno studio recentissimo che è stato pubblicato sulla rivista EBioMedicine.
Presidente, dobbiamo sostenere la ricerca scientifica italiana anche in questo campo ed incentivare i programmi di ricerca che diano ai clinici la possibilità di riconoscere prontamente la malattia, che, essendo una patologia cronica con un rischio elevato di complicanze severe se non precocemente identificata, vede proprio nella prevenzione la risposta migliore rispetto alla cura stessa della malattia.
Il Sistema sanitario nazionale ha scelto di supportare il celiaco nel follow-up della malattia e nella dieta senza glutine, ma noi oggi, con questa mozione, chiediamo che si investa anche sul percorso diagnostico, perché, come ricordavo precedentemente, se non trattata la celiachia può rappresentare un serio rischio per la salute della persona.
Anche durante l'emergenza sanitaria il supporto delle istituzioni non si è arrestato. Tuttavia, come anche evidenziato dai colleghi che mi hanno preceduto e come emerge dall'ultima edizione della relazione al Parlamento, permangono disomogeneità a livello nazionale nei sistemi di erogazione degli alimenti senza glutine e nei canali di acquisto, comportando gravi ed ingiustificate disuguaglianze tra i pazienti nelle diverse regioni.
Concludo, Presidente. La tutela e la salvaguardia della salute rappresentano il modo migliore per vivere bene e più a lungo. La pandemia da COVID-19 ci ha dimostrato che è necessario prendersi cura delle persone fragili e per farlo occorre un sistema sanitario efficiente e in grado di rispondere a bisogni emergenti. Con questa mozione auspichiamo che la celiachia non rappresenti per le persone che ne soffrono una condizione di diversità, una penalizzazione, a scuola, al lavoro e in ogni altro contesto sociale, e che si possa migliorare la qualità della loro vita attraverso azioni necessarie e innovative, che comportino un elevato grado di utilità sociale. La nostra attenzione si rivolge principalmente alle nuove generazioni, a coloro che presentano maggiori difficoltà ad accettare la patologia: educazione alimentare e benessere psicologico devono proseguire congiuntamente. Attraverso l'informazione, la formazione e azioni pratiche possiamo concretamente tradurre la diversità determinata dalla celiachia in inclusione sociale. Ed è per questo che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico alla mozione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).