Grazie, Presidente. Saluto i rappresentanti del Governo. L'onorevole Stefanazzi ha svolto prima una pregevole illustrazione della mozione, richiamando, tra l'altro, la svolta europea sul debito comune, che sta alla base dell'iniziativa del Next Generation EU, di cui il PNRR è la traduzione italiana.
La nostra mozione, a prima firma della capogruppo Braga, impegna il Governo ad adempiere con urgenza l'attuazione di tutti gli impegni previsti dal PNRR e concordati con le istituzioni europee, evitando possibilmente di fare confusione, di mandare segnali sbagliati, di mettere nei fatti in discussione la credibilità e l'affidabilità del nostro Paese. Si sono accumulati ritardi non certo riconducibili al precedente Governo: questa è la sintesi incontrovertibile, che vale per me come un giudizio politico.
Da 150 giorni aspettiamo la definizione della terza rata messa in discussione dalla Commissione con il congelamento del relativo bonifico di 19 miliardi. Spagna e Grecia stanno facendo molto meglio di noi, e un po' anche il Portogallo. Va ricordato che per ogni scadenza non rispettata si perdono circa 350 milioni di euro. Fin qui l'Italia ha ricevuto 67 miliardi: i primi 24,9 erogati ad agosto del 2021 in forma di prefinanziamento. La prima rata di 21 miliardi è arrivata ad aprile 2022: 10 di sovvenzione e 11 di prestiti. La seconda tranche, di pari importo, è stata incassata a dicembre 2022, a conferma dell'esecuzione degli obiettivi richiesti tra target e milestone, puntualmente raggiunti dal Governo Draghi. A proposito, onorevole Quartini, non facevate parte anche voi del cosiddetto Governo dei migliori?
La musica è cambiata con il nuovo Governo e la terza tranche è stata messa in discussione: vale 19 miliardi, di cui 10 a fondo perduto e 9 in prestiti. La Commissione sta ora passando in rassegna i 55 obiettivi, mentre in Italia si è dato sfoggio ad inutili polemiche sull'uso o no integrale dei fondi, sul cambiamento della governance, sulla confusione tra fondi PNRR e Fondi sviluppo e coesione (FSC). Ora l'Italia deve correre per assicurarsi la quarta tranche da 16 miliardi: 1,9 di sovvenzioni e 4,1 di prestiti, con 27 obiettivi, tra cui: la riforma della giustizia civile e penale, la produzione di idrogeno, la sostituzione dei treni a gasolio, misure per gli asili nido da raggiungere entro il 30 giugno 2023, cioè tra qualche giorno. Se i comuni o le regioni non ce la fanno, il Piano prevede l'adozione di poteri sostitutivi da parte del Governo. Ma si è parlato d'altro, nessuno del Governo ha considerato questa opportunità. E anche la rata di dicembre bisogna seguirla da subito. Se si intende, infatti, rinegoziare il Piano semestrale, bisogna portare in Europa progetti alternativi entro agosto, per poter avere un okay almeno a novembre. Ma in questi mesi non abbiamo respirato l'aria dell'urgenza e della responsabilità. I progetti alternativi, presumibilmente, non potranno essere più del 10 per cento sul totale dei 191,5 miliardi, per ragioni oggettive. Diversamente, vorrebbe dire non realizzarlo, quel Piano. Qualcosa di fattibile, se compiuto nella trasparenza. Se, invece, si fa a gara a chi tiene le carte coperte, si perde tempo e l'Europa si insospettisce.
Il Parlamento, poi, dovrebbe essere tenuto costantemente aggiornato, non riducendo le comunicazioni ad un comizio neppure di qualità. Forse qualche argomento potrebbe arrivare sul fronte del dissesto idrogeologico, in particolare dopo i recenti avvenimenti che hanno avuto l'epicentro in Romagna. L'aver voluto cambiare la governance ha, poi, determinato difficoltà nei rapporti tra MEF e Palazzo Chigi. Non si può inventare una modalità di sostituzione del ruolo della Ragioneria generale dello Stato. Molti addetti al PNRR, almeno una ventina, del MEF, se ne sono andati, come se fosse prevalso un senso di sfiducia. E ovviamente la nuova struttura non c'è, perché quel decreto è andato in sonno per diversi mesi, non è neppure stato attuato. Il cambio della governance non aveva alcun senso. Tra l'altro, a dirigerla è arrivato un magistrato della Corte dei conti, con cui in questi giorni si è messa in campo una sorprendente polemica. Fitto aveva detto che il decreto sulla governance andava incontro anche ai rilievi della Corte dei conti e poi ci si rammarica per la profondità dei controlli messi in atto dalla stessa Corte.
Vi è poi la necessità di integrare la riscrittura parziale del PNRR con i piani Repower EU, nel quadro dell'attuazione dei progetti di autonomia energetica in Europa. Per ora il costo di questi progetti eccede la riserva a disposizione del Repower EU e quindi andrebbe integrato con risorse del PNRR da prevedere con la revisione. Ma per fare queste cose serve trasparenza, non il contrario. E questa è la motivazione che sta alla base della nostra mozione.
Da ultimo, ho scoperto che gran parte delle polemiche sono state aperte da una parte della maggioranza sulla necessità di non utilizzare tutti i prestiti richiesti, perché - questo abbiamo sentito in particolare dalla Lega - ‘fanno debito e costano troppo', secondo i ragionamenti contorti loro e di chi la pensa così. Tra l'altro, nel loro gruppo c'erano dei sostenitori della necessità che l'Italia uscisse dall'euro. Ora, invece, il Governo Meloni ne vorrebbe altri, oltre a quelli che abbiamo. Noi siamo il primo Paese che, con 122 miliardi, ha sottoscritto la parte più rilevante dei prestiti. Però non tutti i Paesi li hanno sottoscritti, c'è rimasto qualche miliardo in più. Ora, il Governo Meloni ne vorrebbe altri, per risparmiare sui tassi d'interesse che sono nel frattempo diventati sempre più cari. Ma era evidente anche prima, quando parlavano i responsabili della Lega. Ma la confusione e la mancanza di idee su come spendere queste nuove risorse prevale. I nuovi prestiti andrebbero a finanziare il Repower EU, il cui capitolo aggiuntivo riguardante l'energia va presentato entro agosto, Se è così, sarebbe una cosa che ha un suo fondamento, potrebbe essere una linea giusta. Ma quando la si fa emergere? Perché adesso si vede solo un grande chiacchiericcio. Invece di fare interviste, sarebbe bene che si stimolassero le istituzioni del nostro Paese, ognuna a fare la sua parte. Perché la storia dell'utilizzo dei fondi strutturali in Europa non è stata dal sempre esemplare e viene considerata da altri Paesi europei come un punto di debolezza del nostro Paese. Ma su questo punto strategico va, pur comunque, coinvolto il Parlamento. Anche sul fatto se il 31 dicembre 2026 fosse un termine tassativo o no si è ingenerata incertezza.
Ricordo perfettamente che la settimana scorsa molti dicevano: ma tanto poi ci sarà un rinvio. E si è fatto credere che il PNRR potesse seguire l'esperienza degli FSC, sulla quale non abbiamo certamente brillato in passato - come ho detto prima - e cioè che il sessennio previsto, ad esempio 2014-2020 o 2021-2027 potesse essere prorogato di altri tre anni. Questa è l'ambiguità del discorso che ha fatto il Ministro Fitto, immaginando che il PNRR potesse seguire la stessa logica. Ma non ci possono essere proroghe: i tempi e le modalità del PNRR sono tassativi e - come abbiamo visto - con una tempistica semestrale. Se non fai quello che hai promesso di fare, non ti giro l'assegno: mi pare che questa ne sia la dimostrazione pratica. Il lungo esame sui 19 miliardi della terza rata dimostrano che non possiamo tornare ai fondi strutturali, sarebbe bene che rimanessimo dove siamo. Con questa mozione - ed ho concluso - si intende sollecitare il Governo a prendere in mano - o mettersi alla stanga, come ha indicato il Presidente Mattarella – le questioni del PNRR, dedicandovi non le polemiche, ma le cure quotidiane che sono necessarie.