Discussione generale
Data: 
Martedì, 9 Dicembre, 2025
Nome: 
Ilenia Malavasi

Scheda della mozione

Grazie, Presidente. Cari colleghi e care colleghe, oggi portiamo in Aula una mozione molto importante, che è un invito ad una riflessione che crediamo non possa più essere rinviata. Non si tratta, infatti, solamente di riformare e ripensare qualche pezzo del nostro sistema sanitario nazionale, ma di ripensare radicalmente la nostra visione di una sanità pubblica, della salute pubblica e anche quale idea di società vogliamo e abbiamo in mente, dove vogliamo portare il nostro Paese.

Il nostro, infatti, è un Paese che sta vivendo profonde trasformazioni demografiche, sanitarie e sociali, con un invecchiamento importante della popolazione, l'aumento delle patologie croniche, la crescita delle disuguaglianze territoriali, l'aumento della povertà e tante fragilità economiche di molte famiglie che rendono chiaro ed evidente come la salute non possa certamente essere vista come un costo, ma come un investimento strategico, certamente, in primis, per migliorare la qualità della vita dei cittadini e, al tempo stesso, per migliorare la sostenibilità del sistema sanitario nazionale.

Noi crediamo che solo adottando questa prospettiva si possa garantire a ogni cittadino e a ogni cittadina non solo la cura della malattia, ma la tutela attiva della salute, la dignità di una vita piena, la sostenibilità del sistema sanitario e la competitività del sistema Paese nel suo complesso. Diciamo questo perché parlare di prevenzione significa semplicemente occuparci del futuro del nostro Paese, non intendendo la prevenzione come un capitolo accessorio del sistema sanitario e non certamente come un comparto fra i tanti, ma come una condizione essenziale perché il sistema sanitario nazionale sopravviva, funzioni, cresca e diventi l'asse portante su cui poggia il diritto alla salute.

Le analisi recenti fatte da molti studi - cito solamente la Fondazione GIMBE, ma sono molti gli studi che sono stati analizzati recentemente - mostrano come la spesa sanitaria pubblica italiana nel 2024 si sia attestata al 6,3 per cento del PIL: un dato, come ben sappiamo tutti, che ci colloca al di sotto della media europea. Nonostante le raccomandazioni e le evidenze scientifiche, questa quota è destinata a rimanere molto bassa, più bassa rispetto alla media europea, e nel 2022 la spesa per la prevenzione rappresenta appena il 4,8 per cento della spesa sanitaria totale.

Nel 2023 è scesa addirittura al 4,5 per cento. In termini pro capite, il nostro Paese investe circa 180 euro ad abitante per la prevenzione: molto meno della spesa media europea, certamente molto meno rispetto ad alcuni Paesi importanti, come la Germania, che investe 458 euro ad abitante, o l'Austria, che investe 411 euro ad abitante. Ci posizioniamo, quindi, fra gli ultimi Paesi occidentali per investimenti in questo settore fondamentale.

Questo disinvestimento coincide, lo abbiamo già detto, con una popolazione sempre più anziana, di cui un quarto ha più di 65 anni e una quota significativa convive con patologie croniche multiple. Ciò significa che la prevenzione oggi deve diventare una priorità strategica. Nonostante gli sforzi dei professionisti e delle nostre regioni, la prevenzione, anche a causa di problemi sistemici, ha sofferto in questi anni una progressiva marginalizzazione, non solamente finanziaria, ma anche culturale.

Patologie croniche e patologie non trasmissibili, come malattie cardiovascolari, diabeti, patologie respiratorie croniche e molte patologie oncologiche, rappresentano l'80 per cento del carico sanitario del nostro Paese. L'Organizzazione mondiale della sanità sottolinea come un incremento modesto, anche modesto, per spese in prevenzione - ad esempio, 3 dollari pro capite l'anno - può tradursi in milioni di vite salvate e in benefici economici globali dell'ordine di trilioni entro il 2030.

Significa che la prevenzione non è certamente una spesa, ma è un investimento strategico ed è soprattutto la prima linea di difesa contro le malattie che già oggi gravano pesantemente sul sistema sanitario nazionale e sulle famiglie italiane. È ormai assodato che programmi di screening, campagne vaccinali, promozioni di stili di vita sani e diagnosi precoci riducono drasticamente la necessità di cure ospedaliere, di ricoveri complessi, di trattamenti prolungati.

È vero, e lo apprezziamo, che con la legge di bilancio del 2026 il Governo ha stanziato circa 500 milioni di euro all'anno per rafforzare in maniera permanente le politiche preventive, tra cui l'ampliamento degli screening oncologici alla mammella e al colon-retto, l'estensione del programma di prevenzione polmonare, il rafforzamento del Fondo vaccini e l'implementazione di una piattaforma digitale nazionale, Prevention Hub, per migliorare governance, monitoraggio e capacità di intervento, ma dobbiamo fare di più.

Non è solamente un tema di carattere economico, ma serve un investimento culturale, un investimento in educazione, per rendere i nostri cittadini maggiormente consapevoli, e quindi responsabili rispetto al proprio contributo alla tenuta della propria vita e anche del nostro sistema sanitario nazionale. Secondo la FIMMG, il mancato raggiungimento delle soglie raccomandate per i vaccini come HPV, influenza, pneumococco, herpes zoster, meningococco, comporta un impatto economico stimato in oltre 600 milioni di euro l'anno, con una perdita di PIL, e quindi di competitività, di 11 miliardi.

I programmi di screening oncologico e diagnostica precoce, pur gratuiti e offerti tra i livelli essenziali di assistenza, registrano tassi di adesione bassi, con forti disuguaglianze territoriali. Lo voglio ricordare, solamente uno su tre degli over 50 si è sottoposto nel 2023 al test per il sangue occulto; il 53 per cento delle donne ha fatto un programma di screening oncologico alla mammella; il 46 per cento ha aderito allo screening sul pap test. E solo nel 2024 abbiamo avuto 54.000 nuovi tumori al seno e 48.000 al colon-retto. Questo per dire come la prevenzione sia un investimento salvavita prezioso per le persone.

Ci sono alcune regioni in cui la prevenzione rimane poco accessibile, soprattutto per chi vive in aree marginali o ha una minore capacità economica e, forse, anche un maggior portato culturale, che rischia di essere escluso da percorsi di screening e da vaccinazioni attive, consolidando disuguaglianze di salute e aumentando il carico di malattie croniche e di costi futuri. Anche per quanto riguarda la vaccinazione pediatrica e adolescenziale emergono segnali di disomogeneità: i dati del 2023 mostrano come per alcune malattie prevedibili come il morbillo, la parotite e la rosolia le coperture risultino inferiori agli standard ottimali, talvolta sotto quel 95 per cento, con differenze significative tra le regioni. Questi gap creano zone di vulnerabilità, aumentano il rischio di epidemie e mettono a dura prova la capacità di protezione collettiva. Le conseguenze di queste carenze non sono solamente sanitarie ma anche economiche e sociali: una copertura vaccinale insufficiente comporta minore protezione della popolazione, un maggior rischio di epidemie, maggiori costi futuri per il Servizio sanitario nazionale e, per le famiglie, un aumento delle disuguaglianze nella tutela della salute.

Perché la prevenzione - lo voglio dire con chiarezza - conviene: conviene in termini di vite salvate, di riduzione di disuguaglianze, di benessere, di produttività e anche in termini economici e finanziari. Questi dati dimostrano in modo molto chiaro come la prevenzione, e in particolare le immunizzazioni, non sono un'opzione marginale ma rappresentano un pilastro fondamentale della salute pubblica, per la sostenibilità del Sistema sanitario nazionale ma anche per la riduzione delle disuguaglianze territoriali e sociali. Riconoscere l'urgenza significa intervenire su questo fronte, investire in salute, prevenire costi e future sofferenze.

Il senso della mozione è quindi di invitare il Governo ad immaginare anche un nuovo rapporto con le regole fiscali europee, per escludere le spese in prevenzione dai vincoli del patto. Sarebbe un investimento certo e sicuro sulla crescita del nostro Paese. Viviamo infatti un momento storico in cui il Patto di stabilità e di crescita europeo, recentemente riformato, offre margini di flessibilità importanti, riconoscendo la necessità e la sostenibilità dei conti pubblici e del rilancio sociale.

Voglio dire una cosa importante, perché io penso che ci sia un tema anche culturale (riguardante la cultura della prevenzione). Abbiamo bisogno di ricreare sia una nuova agenda della prevenzione, che anche un nuovo patto di fiducia tra i nostri cittadini e lo Stato, perché sulla fiducia si crea stabilità, si crea comunità e ogni scelta di prevenzione è un gesto di responsabilità verso di sé e verso gli altri, di altruismo, di generosità, di responsabilità collettiva. E allora lo voglio dire così: la prevenzione è un investimento democratico, e spero che il Governo voglia accettare la nostra sollecitazione assolutamente costruttiva e lo invito dunque affinché possa accogliere con convinzione gli impegni che ci siamo prefissi in quest'Aula, perché investire in salute significa investire sul futuro del nostro Paese.