Grazie, Presidente. Intervengo volentieri su queste mozioni anche per presentare la nostra, perché anche in questo caso parliamo di un tema importante, ossia quanto sia centrale la ricerca sanitaria per un sistema sanitario nazionale che deve essere efficace per garantire un buon diritto alla salute a tutti i cittadini. In questo campo sicuramente gli IRCCS svolgono un ruolo fondamentale: sono importanti istituzioni per il nostro Paese che hanno il compito di unire le capacità assistenziali e di cura di un ospedale con le legittime esigenze di ricerca in ambito biomedico a cui un Paese come l'Italia deve ambire.
La legge n. 129 del 2022 ha delegato il Governo - è scritto anche nelle mozioni, devo dire in tutti i testi che sono stati presentati - ad adottare uno o più decreti per il riordino della disciplina degli IRCCS come primo fondamentale passaggio per l'attuazione della Componente 2, Missione 6, del PNRR, relativa all'innovazione, alla ricerca e alla digitalizzazione del sistema sanitario nazionale.
Nello specifico, la Missione 6 ha impegnato il nostro Paese a revisionare e ad aggiornare il regime giuridico e l'assetto ordinamentale degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico allo scopo di rafforzare la sinergia tra ricerca, assistenza, cura e innovazione.
Gli IRCCS sono, infatti, istituti di eccellenza di rilievo nazionale per la ricerca e la cura, e costituiscono assi portanti sia per la ricerca sia per la cura, strettamente connessi tra di loro, sulla cui collaborazione si fonda l'attività di questi istituti. Promuovono lo sviluppo e l'applicazione delle innovazioni terapeutiche e delle nuove tecnologie in campo biomedico e sanitario, e sono punti irrinunciabili per la tutela della salute dei cittadini, con particolare riferimento alle malattie rare e complesse, ai tumori, alle altre patologie che richiedono prestazioni di altissima specializzazione. È del tutto evidente che si tratta di una riforma importante perché la qualità della ricerca, quando ha effetti concreti misurabili per la vita delle persone e per la collettività, ha un valore inestimabile per il nostro Paese.
La ricerca sanitaria si connota per le sue straordinarie implicazioni, riconducibili non solo all'ambito della salute, ma anche ad un'ampia dimensione sociale ed economica. Con quel provvedimento del 2022 il Parlamento ha dettato principi e criteri direttivi per impegnare il Governo a potenziare il ruolo degli IRCCS, revisionando gli standard di valutazione secondo classificazioni uniformi e internazionalmente riconosciute, valorizzando la partecipazione a reti di ricerca nazionali e internazionali, garantendo il trasferimento tecnologico dei risultati, disciplinando anche le modalità di accesso alle prestazioni di alta specialità erogate dagli IRCCS, assicurando il raccordo tra direzione scientifica e direzione generale, tra attività di ricerca e attività di cura e assistenza, la cui integrazione è imprescindibile per una ricerca sul campo dell'eccellenza.
Una riforma, dunque, necessaria perché il sistema è composto da un gran numero di istituti tra loro molto eterogenei quanto a dimensioni, tematiche, performance e distribuzione sul territorio nazionale, e che, risultando dalla configurazione risalente al 2003, non è più rispondente alle esigenze di oggi.
Il ruolo che gli IRCCS svolgeranno nei prossimi anni sarà determinante per assicurare al nostro Paese un ruolo di primo ordine nel panorama internazionale della ricerca biomedica. L'attività di ricerca da loro condotta presenta infatti la peculiarità di realizzare uno scambio continuo e proficuo di conoscenze tra il laboratorio e la clinica, trovando in ogni ricerca prodotta uno sbocco nelle applicazioni terapeutiche ospedaliere, con una ricaduta diretta sull'assistenza dei pazienti. Una riforma che è intervenuta anche sui criteri di valutazione riferiti proprio alla localizzazione territoriale dell'istituto, all'area tematica oggetto di riconoscimento e al bacino minimo di utenza per ciascuna area tematica.
È chiaro che serve garantire un'equa distribuzione territoriale, disciplinando le modalità di accesso da parte dei pazienti extraregionali alle prestazioni di alta specialità erogate in relazione all'appropriatezza e all'ottimizzazione dell'offerta sanitaria per il sistema sanitario nazionale, prevedendo meccanismi di adeguamento dei volumi di attività nell'ambito dei budget di spesa complessivi e regionali. Infatti, pur essendo cresciuto notevolmente il numero degli IRCCS, la loro dislocazione è molto disomogenea, con una maggiore concentrazione nelle regioni del Nord rispetto al Sud. Ammalarsi di una patologia rara e complessa nel Sud del Paese non è la stessa cosa di ammalarsi al Nord, perché la stragrande maggioranza degli IRCCS (e abbiamo spesso parlato anche in Commissione di mobilità tra regioni) attualmente in Italia è al Centro-Nord. Al Sud ve ne sono solamente 5 pubblici e 5 privati, ma i pubblici in totale sono 23 nel Paese e 30 sono i privati: questo divario non è sopportabile.
Bisogna promuovere la collaborazione tra gli IRCCS e gli enti ospedalieri per trasferire expertise e competenze in modo da andare verso un rafforzamento dei sistemi sanitari regionali più fragili e limitare la mobilità sanitaria. Di questo siamo tutti consapevoli, ma ciò si deve realizzare attraverso uno sforzo delle istituzioni e l'impiego di risorse adeguate.
Quello che non si può fare è raggiungere questi obiettivi a spese dei pazienti più fragili del nostro Paese; non era prospettabile prima del COVID e non lo è soprattutto adesso, dopo una pandemia. Una questione, dunque, che ci deve interrogare e che rientra nel più vasto problema relativo alla disomogeneità del sistema sanitario nazionale.
E il progetto di autonomia differenziata proposto dal Ministro Calderoli ci preoccupa enormemente, perché rischia inevitabilmente di acuire il problema, consentendo nei fatti che non si possa più garantire, nelle forme e nei modi previsti dalla Costituzione, il diritto alla salute.
A seguito dell'approvazione della delega, è stato varato inoltre il decreto legislativo n. 200 del 23 dicembre 2022, recante (lo abbiamo visto nella nostra XII Commissione) il riordino della disciplina degli IRCCS a carattere scientifico, con cui sono stati introdotti criteri e standard internazionali per il riconoscimento e la conferma del carattere scientifico degli IRCCS, con la valutazione dell'impact factor, della complessità assistenziale e dell'indice di citazione per garantire la presenza di sole strutture di eccellenza. Sono state anche definite le modalità per l'individuazione del bacino minimo di riferimento atte a rendere la valutazione per l'attribuzione della qualifica di IRCCS più coerente con le necessità dei diversi territori.
Per il riconoscimento dei nuovi IRCCS il decreto legislativo stabilisce che il Ministero sia chiamato a valutare la compatibilità dell'istanza rispetto al fabbisogno nazionale delle prestazioni di eccellenza e di ricerca sanitaria, tenendo conto delle caratteristiche epidemiologiche dell'area di riferimento. Questa per noi è una procedura necessaria per rendere la valutazione dell'attribuzione della qualifica di IRCCS più oggettiva e coerente con le necessità dei diversi territori, evitando concentrazioni di IRCCS nella stessa regione e favorendo una distribuzione più equilibrata ed equa.
Per gli attuali 53 IRCCS, come dicevo prima - nel 2003, lo ricordo, erano solamente 35 - le risorse sono rimaste invariate. Il Fondo di ricerca è rimasto sostanzialmente costante negli anni, con la conseguenza che il finanziamento è stato ridotto per ogni IRCCS del 50 per cento. Dai 5 milioni di euro del 2000, quale media di finanziamento per ciascun istituto, si è arrivati agli attuali 1.900.000 euro.
È chiaro che qualcosa non funzioni come dovrebbe e che gli investimenti non sono sufficienti a tenere il passo delle riforme. Le riforme, anche le migliori, senza risorse fanno inevitabilmente fatica a dispiegare i loro effetti migliori.
Il riordino avviato costituisce sicuramente una tappa estremamente importante e doverosa per il futuro della ricerca biomedica in Italia, ma non si possono fare grandi cambiamenti e attendersi grandi risultati con le clausole dell'invarianza finanziaria. I dati recentemente pubblicati dall'OCSE indicano che il nostro Paese investe in ricerca una cifra pari all'1,4 per cento del PIL, contro una media europea del 2,1 per cento. A ciò si aggiunga che, dopo la pandemia, i Paesi OCSE hanno intensificato gli investimenti in ricerca e sviluppo, mentre in Italia abbiamo fatto più fatica.
Eppure sappiamo bene quanto i cluster fondamentali di sviluppo per i prossimi anni saranno salute, industria, conoscenza, clima, infrastrutture e sicurezza.
In questo quadro - lo voglio dire chiaramente - non possiamo più permetterci di perdere alcuni dei nostri migliori talenti, che preferiscono fare ricerca all'estero. Dobbiamo procedere con una gestione efficiente della dotazione organica della ricerca e tutelare il know-how migliore al mondo. L'evoluzione storica che gli IRCCS hanno vissuto negli ultimi anni richiede un piano strategico di prospettiva sul loro futuro, in qualità di attori del Sistema sanitario nazionale per la promozione della ricerca e dell'innovazione, elementi cardine per un'assistenza di eccellenza. Ripeto: l'eccellenza e la competitività dell'attività di ricerca non possono prescindere dalle risorse umane impiegate, dal rafforzamento del ruolo dei ricercatori e dalla previsione di un percorso che possa portare ad una loro stabilizzazione in termini di contratto. Su questo punto siamo convinti che serve un maggiore impegno; non possiamo continuare a penalizzare i nostri migliori talenti e farli fuggire all'estero. Occorre intervenire attraverso la definizione di un percorso professionale che dia una concreta stabilizzazione ai ricercatori. Bisogna lavorare per rendere il loro percorso sicuro, in modo da dare loro anche orizzonti certi a uno sbocco professionale.
Tornando al tema specifico degli IRCCS richiamato nella mozione, nonostante il Fondo di ricerca sia rimasto sostanzialmente invariato essi sono riusciti comunque a mantenere alti standard di qualità e di ricerca, dimostrando di saper impattare efficacemente sulla produzione scientifica internazionale. In questo quadro di grande qualità e di grande lavoro dei nostri ragazzi ricercatori è di massima importanza, in materia di nuovi riconoscimenti, la previsione secondo cui, in sede di riparto del fabbisogno del Sistema sanitario nazionale standard, possa essere vincolata una quota per il finanziamento della ricerca degli stessi IRCCS, nel rispetto della programmazione delle attività e dei volumi degli istituti stessi. In tal modo, si prevede che l'ingresso nel sistema dei nuovi IRCCS sia accompagnato da un meccanismo di integrazione del finanziamento della ricerca sanitaria funzionale al miglioramento qualitativo delle prestazioni assistenziali erogate nonché all'ampliamento del panorama degli istituti in modo che non si determini un eccessivo frazionamento delle risorse per la ricerca sanitaria, con possibile pregiudizio dei livelli di eccellenza clinica e di ricerca. Nonostante il quadro di eccellenza, pur nella scarsezza di risorse stanziate, non vi è alcun IRCCS che si occupi di studiare patologie legate agli agenti atmosferici e agli agenti ambientali, nonostante questi siano in continuo aumento ed il rapporto con l'ambiente sia una delle determinanti fondamentali dello stato di salute della popolazione umana. Comprendere quali siano gli elementi da tenere in considerazione da un punto di vista epidemiologico per valutare l'impatto di diversi fattori è un compito importante, che richiede di affidarsi a esperti che sappiano tenere insieme dati ambientali, territoriali, urbanistici, dati relativi alla mortalità ma anche indicatori sanitari, elementi demografici, culturali e sociali. Elaborando e tenendo insieme tutte queste variabili è possibile declinare azioni di politica sanitaria in grado di migliorare la qualità di vita dei cittadini e contenere i danni provocati dalle specifiche componenti ambientali. Il decreto n. 36 del 2022 ha istituito il Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici. Questo significa che sono stati riconosciuti nel nostro Paese, dalla normativa italiana, l'approccio one health e l'evoluzione planetary health, con lo sviluppo dell'istituto Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici. Lo scopo è proprio quello di migliorare le politiche e le strategie messe in atto dal Servizio sanitario nazionale per la prevenzione, il controllo e la cura delle malattie associate ai rischi ambientali e climatici. È urgente definire strategie integrate e olistiche di diagnostica, prevenzione, valutazione e gestione dei rischi ambientali per le patologie umane, a livello nazionale, regionale e locale. Lo dico chiaramente: dobbiamo fare in modo che questo approccio diventi un meccanismo di prevenzione. La pandemia ha trasformato la nostra società e i cambiamenti avvenuti hanno impattato su diversi settori, non da ultimo quello della diagnostica, imponendo nuove dinamiche operative, organizzative e gestionali. La gestione del rischio è diventata fondamentale per la prevenzione, la diagnostica e la promozione della salute pubblica, accentuando l'attenzione sullo studio di nuove malattie infettive emergenti. L'approccio multidisciplinare integrato one health rappresenta dunque una grande opportunità per limitare il rischio di nuove pandemie e l'avvento di nuove malattie infettive. Ma in Italia dobbiamo ancora tanto lavorare. Oltre ai 20 miliardi del PNRR esiste infatti un Fondo complementare, dedicato nello specifico a salute, ambiente, biodiversità e clima. Questo piano prevede lo stanziamento di 500 milioni di euro, con l'obiettivo di implementare programmi di approccio integrato con il modello one health ma, senza l'istituzione di tavoli tecnici regionali, interistituzionali, intersettoriali e interdisciplinari per la definizione e la condivisione di percorsi e procedure integrate, questi fondi potrebbero risultare non efficaci.
Mi accingo alla conclusione. Siamo certi che il Governo si vorrà impegnare, nel caso si valutasse la necessità di istituire nuovi IRCCS per quanto riguarda le patologie correlate all'ambiente in ragione di una maggiore tutela della salute delle persone, a collocarli in quei territori dove maggiore è la carenza di tali istituti, in particolare al Sud; la collega Loizzo difende sempre il suo territorio e ci parla sempre di finanziamenti al Sud. Tale riconoscimento dovrà essere accompagnato da un adeguato finanziamento del Fondo sanitario nazionale, con l'obiettivo di evitare un'ulteriore grave diminuzione del finanziamento medio, attualmente pari a 5,9 milioni di euro; eravamo a 5 milioni, all'inizio. Si tratta di un impegno che dobbiamo prendere con il Paese perché, ad oggi, l'attenzione al paziente e la valorizzazione della ricerca come missione devono essere messe al centro di un approccio integrato e indirizzato anche alle patologie ambientali come risposta ai bisogni territoriali e globali, sviluppando un modello teso a migliorare le cure al paziente, a valorizzare l'attività dei professionisti, a ottimizzare i percorsi integrati, nella consapevolezza che chi ricerca cura. Non siamo certamente contrari a istituire nuovi IRCCS né tantomeno a istituirli in ambito scientifico legato alle patologie ambientali, ma crediamo che non servano né fughe in avanti né nuovi IRCCS un po' ad personam, leggendo fra le righe. In realtà, nemmeno leggendo tra le righe perché la collega Loizzo, prima, ha citato una città come candidata ad accogliere questo IRCCS. Oggi ci sono molte richieste pendenti di nuovi IRCCS, 22 richieste che non abbiamo ancora vagliato. Gli IRCCS andranno riconosciuti solo qualora abbiano caratteristiche e requisiti necessari e dovuti, ma non possono essere certamente attivati senza risolvere alcune criticità strutturali che ho provato a ricordare, quali la stabilizzazione del personale di ricerca a tempo indeterminato, e senza finanziamenti aggiuntivi, che vengono in questo caso altrimenti a depotenziare gli IRCCS esistenti e la ricerca, indici invece di uno Stato avanzato e all'avanguardia come il nostro. Non bisogna quindi demordere, dobbiamo continuare a investire, a destinare più risorse, a cercare di essere coerenti e ad accogliere richieste di nuovi IRCCS laddove ci siano i requisiti necessari e dovuti, cercando di garantire il diritto alla salute in tutto il Paese ai cittadini e alle cittadine.