Discussione generale
Data: 
Lunedì, 10 Giugno, 2024
Nome: 
Andrea Casu

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Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, lo abbiamo ascoltato: si scrive Piano nazionale integrato per l'economia e il clima, ma si legge “futuro” e si decide adesso. Entro il 30 giugno c'è un passaggio fondamentale e un'occasione che non può essere sprecata. La decarbonizzazione è una sfida urgente e imprescindibile nell'attuale scenario climatico, con il sesto rapporto di valutazione - che abbiamo visto - dell'Intergovernmental panel on climate change, che segnala cambiamenti climatici senza precedenti e i relativi impatti dovuti alle emissioni che generiamo ogni giorno.

Gli attuali contributi determinati a livello nazionale sono insufficienti per mantenere l'aumento della temperatura entro 1,5 gradi centigradi, sebbene siano disponibili opzioni praticabili ed efficaci di adattamento e mitigazione a basso costo. L'organizzazione meteorologica mondiale prevede livelli record delle temperature globali nei prossimi cinque anni, con una probabilità del 66 per cento che la temperatura globale media annua superi di oltre 1,5 gradi i livelli preindustriali tra il 2023 del 2027. Non stiamo parlando di un domani lontano, stiamo parlando di quello che tocchiamo con mano ogni giorno.

In tale contesto, sono gli Stati nazionali che devono definire i piani per energia e clima. L'obiettivo è cessare l'uso dei combustibili fossili, raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050, realizzare ciò che ci siamo impegnati a fare con l'accordo di Parigi. Il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima è lo strumento per definire le politiche e le misure per conseguire gli obiettivi energia e clima degli Stati membri dell'Unione europea con cadenza decennale e costituisce il quadro di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni. L'Europa ha aderito all'accordo di Parigi come soggetto unico regionale e può presentare obiettivi congiunti con gli Stati membri. L'ultimo impegno prevede una riduzione del 55 per cento delle emissioni nette entro il 2030, tradotto in norma mediante il pacchetto “Fit for 55”.

Dal 2018 il Regolamento Governance e PNIEC hanno mostrato limiti, tra cui la poca flessibilità rispetto alle evidenze scientifiche sul cambiamento climatico e la rigidità nel rispondere a shock esterni, come la pandemia e la crisi energetica. Tuttavia, il PNIEC resta uno degli strumenti più importanti per accompagnare la trasformazione verso la neutralità climatica. Il nuovo PNIEC italiano, pubblicato il 20 giugno 2023, è stato elaborato senza trasparenza e coinvolgimento del Parlamento. La Commissione europea ha giudicato il contributo dell'Italia alla neutralità climatica insufficiente. La proposta di aggiornamento del PNIEC 2023 dell'Italia è considerato debole, mancante di azioni e obiettivi innovativi. La Commissione europea ha rilevato che l'Italia non raggiungerà gli obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2030 e che le misure per la decarbonizzazione della produzione energetica sono insufficienti. Il piano è criticato per la mancanza di semplificazioni autorizzative, di finanziamenti per lo sviluppo delle rinnovabili e per la continuità dei sussidi alle fonti fossili. È considerato miope e legato alla visione dell'Italia come hub del gas, anziché motore delle fonti rinnovabili.

Il PNIEC necessita di politiche concrete per garantire il raggiungimento degli obiettivi legati alle energie rinnovabili e di strumenti che velocizzino le soluzioni più efficaci. È fondamentale una strategia industriale per la costruzione di filiere produttive ad alto valore aggiunto. Serve un supporto strutturato alle imprese e ai consumatori, una revisione del sistema di trasporto e mobilità, investimenti nel trasporto pubblico locale, una legge contro il consumo di suolo. Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione è cruciale un grande piano nazionale per la rigenerazione urbana e la riqualificazione energetica dell'edilizia pubblica, in linea con la direttiva Case green della UE. L'efficienza energetica degli edifici rappresenta una leva importante per ridurre le emissioni nocive: il PNIEC deve prevedere efficaci obiettivi di efficientamento energetico del patrimonio edilizio, contribuendo al miglioramento effettivo delle condizioni abitative dei cittadini, in particolare dei cittadini più fragili ed economicamente deboli. Il piano va rafforzato nelle politiche industriali, nella decarbonizzazione dell'industria manufatturiera, ricerca e sviluppo, investimenti, fiscalità e politiche di giusta transizione.

È fondamentale fornire supporto alle imprese e ai consumatori per la transizione e rivedere il sistema di trasporto, promuovendo il trasporto pubblico e la mobilità sostenibile, dotando il Paese - l'abbiamo già detto - di una legge contro il consumo di suolo. Queste premesse, queste valutazioni, ci hanno portato a chiedere degli impegni al Governo, che sono contenuti nella mozione a prima firma Simiani, nostro capogruppo in Commissione, che abbiamo depositato.

Al primo punto chiediamo: di sostenere con maggiore determinazione l'uscita ordinata dalle fonti fossili (carbone, petrolio e gas), pianificando la riduzione del gas coerente con l'impegno di ridurre le emissioni del 55 per cento al 2030, e raggiungere la neutralità climatica nel 2050, eliminando progressivamente i sussidi alle fonti fossili e promuovendo politiche per l'espansione dell'energia rinnovabile; di promuovere al tempo stesso la decarbonizzazione dell'economia, attraverso politiche e investimenti pubblici per la riconversione industriale verso filiere sostenibili, con particolare attenzione all'industria manifatturiera e alla gestione delle implicazioni sociali della transizione; di definire un piano pluriennale per il risparmio energetico e l'elettrificazione dei consumi abitativi, concentrandosi sulle aree degradate e le periferie urbane, con misure per la riqualificazione energetica degli alloggi di edilizia popolare e degli edifici scolastici; di promuovere la mobilità sostenibile, integrata e intermodale, privilegiando il trasporto collettivo pubblico, l'elettrificazione, il trasferimento da gomma a ferro e marittimo ai trasporti a lunga percorrenza, l'intermodalità fondamentale, la mobilità condivisa, la mobilità dolce; di considerare gli asset idroelettrici nazionali come strategici e sbloccare i necessari investimenti per il settore che garantisce quasi il 20 per cento del fabbisogno elettrico nazionale; di identificare le politiche settoriali prioritarie, valutando gli effetti raggiunti e gli obiettivi strategici, indicando il fabbisogno finanziario necessario, gli impatti socioeconomici attesi, e coinvolgendo i portatori di interesse nel processo decisionale; di garantire un maggior coinvolgimento del Parlamento e delle Commissioni parlamentari competenti nell'elaborazione del monitoraggio del PNIEC, con comunicazioni periodiche alle Camere sullo stato di attuazione; di procedere all'attivazione del nuovo PNIEC, mediante uno strumento normativo- attuativo, come la delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile; di attuare la valutazione ex ante dell'impatto atteso dei nuovi atti legislativi sugli obiettivi climatici, introducendo riferimenti espliciti nel bilancio pubblico, e indicando annualmente, nel Documento di economia e di finanza, come le proposte possano contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici; infine, di promuovere un approccio inclusivo verso la neutralità climatica, coinvolgendo la società civile e le autorità locali, la società civile e le parti sociali, nella progettazione e nell'attuazione delle misure.

Ecco, questo è il punto. Spesso il nostro Paese ospita un confronto sul concetto di neutralità tecnologica. Ebbene, la neutralità tecnologica è un criterio, ma l'obiettivo è quello di raggiungere la neutralità climatica, è quello di riuscire a realizzare degli impegni che servono a fare sì che non si continui - come attualmente avviene adesso - che siano proprio i più deboli, i più fragili, a vedere scaricate sulle proprie spalle i costi della crisi climatica che stiamo vivendo, che è quanto più grave quanto si hanno meno le risorse economiche per poterne fronteggiare le conseguenze.

Da questo punto di vista è fondamentale che ci sia una risposta nazionale. Vedete, noi in queste settimane di campagna elettorale che ci sono state abbiamo sempre cercato di portare in Parlamento un'agenda concentrata sulle questioni, sulle preoccupazioni reali, serie, vere, dei cittadini italiani.

Quando alcuni mesi fa, durante la discussione sul bilancio, ad esempio, avevamo chiesto di utilizzare, almeno in parte, i 22 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi per finanziare il trasporto pubblico locale in crisi, l'abbiamo chiesto perché sapevamo che la capacità di garantire un diritto alla mobilità per tutte e per tutti, anche attraverso il trasporto pubblico locale, è fondamentale per non lasciare da soli i cittadini di fronte all'alternativa tra utilizzare l'auto per tutti gli spostamenti, o non poter fare quegli spostamenti, che sono spesso indispensabili.

Questa alternativa serviva anche ai lavoratori: ora, in queste ore, notizia del 6 giugno 2024, tutti i sindacati hanno annunciato, per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, di aver avviato le procedure di raffreddamento e conciliazione ai sensi della normativa sullo sciopero. Chiedono il rinnovamento del contratto, servono 900 milioni di euro, abbiamo presentato una mozione per chiedere al Governo di potenziare il Fondo nazionale per il trasporto pubblico locale, abbiamo indicato una direzione, quella dei 22 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi. Non si vogliono utilizzare quelle risorse? Se ne utilizzino altre, noi siamo pronti a un confronto, ma vanno affrontate tali questioni, perché se in Parlamento non le affrontiamo, poi si scaricano sul Paese, e le conseguenze le paghiamo tutti. Da questo punto di vista, quindi, noi rinnoviamo il nostro appello a utilizzare questa occasione del confronto su queste mozioni per cercare di non sprecare questa occasione da oggi al 30 giugno, e di mettere in campo tutte quelle politiche nazionali che servono a fare sì che gli obiettivi - che sono obiettivi importanti - che l'Europa si è data e che ci indica come un'opportunità, possano essere raggiunti, non dimenticando chi ha di meno e non lasciando da solo chi ha meno opportunità.

Di fronte a questo, è fondamentale che si trovi, a livello nazionale, uno spazio comune di confronto anche tra chi oggi è all'opposizione e chi oggi è al governo: perché non lasciare nessuno solo di fronte alla prospettiva di pagare bollette insostenibili nella propria casa, perché non si hanno le condizioni climatiche giuste, oppure di fronte a bollette che arrivano alle stelle, oppure di fronte alle difficoltà nel trasporto pubblico locale, sono tutti obiettivi che devono vederci coinvolti.

E poi un'ultima riflessione, anche di natura politica. Noi, oggi, affrontiamo questo tema: lo facciamo su iniziativa delle opposizioni; lo facciamo in un confronto costruttivo - almeno dal nostro punto di vista - col Governo e con le forze di maggioranza e di opposizione.

Ma questa discussione, però, pone un punto che va in forte, forte, forte contraddizione con quello che avverrà solo domani in quest'Aula, perché noi stiamo dicendo - attraverso queste mozioni, attraverso la necessità di rafforzare quella che è la nostra strategia, il nostro Piano nazionale, anche chiedendo all'Europa di tenere conto delle specificità italiane, nell'ambito di quella che è la nostra programmazione per raggiungere questi obiettivi senza lasciare nessuno - un principio che è fondamentale: come, nella gestione del territorio, ci debba essere una funzione nazionale.

E da questo punto di vista, domani, precipiterà qui in Aula il testo di un'autonomia differenziata che, invece, ha l'obiettivo completamente opposto: quello di spaccare l'Italia e quello di creare una conflittualità nella gestione di alcuni aspetti che devono avere una strategia nazionale, che rischia veramente di impedirci di raggiungere questi obiettivi ma, soprattutto, impedisce all'intero Paese di raggiungere questi obiettivi. Faccio solo un esempio: le incredibili differenze che ci sono, a livello nazionale, per quanto riguarda le tariffe sullo smaltimento dei rifiuti piuttosto che sulle politiche che riguardano i rifiuti.

Dove deve essere il livello in cui si pianifica una strategia nazionale? Deve essere un livello nazione, perché se noi andiamo a non considerare l'importanza di quello che è questa discussione che stiamo facendo oggi, rischiamo veramente poi di ritrovarci in estrema difficoltà nei passi che avremo domani. Quindi, anche il confronto di oggi ci aiuti. Siamo ancora in tempo: c'è una proposta da parte della maggioranza ma siamo il Parlamento.

Fatemelo ricordare: oggi è il 10 Giugno, stamattina la nostra giornata è cominciata onorando, ancora una volta, la figura di Giacomo Matteotti, nel giorno e nel luogo dove è stato strappato alla vita: il lungotevere Arnaldo da Brescia. In contemporanea con i nostri lavori, era presente anche la vicepresidente Ascani. Stamattina c'erano tutte le istituzioni, il Senato, il Governo, la maggioranza e le opposizioni; c'erano fondazioni e associazioni; c'era anche il nostro partito. Eravamo tutti qui in quest'Aula quando quel posto è stato dedicato per sempre a Giacomo Matteotti. Adesso a Riano si sta ricordando questa figura.

Ecco, Giacomo Matteotti usava il termine “parlare parlamentarmente” intendendo, cioè, il “dare un valore al confronto in Parlamento”.

Anche se adesso, guardando quest'Aula, in pochi parlamentari stanno seguendo i nostri lavori, è comunque un valore il fatto che noi siamo qui, che ci sono queste mozioni, che c'è il Governo, che c'è una possibilità di affrontare questi temi dal punto di vista di quei cittadini che non possiamo lasciare soli nei confronti della transizione climatica. Dobbiamo avere un'Italia più forte nell'indicare all'Europa una direzione più chiara e nel mettere a disposizione di tutti i cittadini gli strumenti per non essere soli.

È il nostro compito di parlamentari, ma per fare questo dobbiamo anche scongiurare che una riforma sbagliata di cosiddetta autonomia differenziata - ma che rischia di spaccare l'Italia - invece di darci ulteriori strumenti, indebolisca questa fondamentale possibilità.