Discussione generale
Data: 
Martedì, 19 Ottobre, 2021
Nome: 
Paolo Siani

Grazie Presidente, sottosegretario, colleghe e colleghi. Presidente, è con piacere che stasera intervengo in discussione generale su un tema che quest'Aula ha visto, già un'altra volta, in pochi mesi, affrontare con una mozione a prima firma della collega Lorenzin, proprio sulla neuropsichiatria in generale e infantile in particolare; ma questo Parlamento si è occupato della materia anche presso la Commissione affari sociali, con una specifica risoluzione. Questo mi fa piacere, perché è un'emergenza sommersa, è una emergenza nota, molto ben nota, alle famiglie e agli operatori, ma era sconosciuta alla politica, che, da poco si è resa conto che il Covid ha svelato anche questo tema. Lo hanno già spiegato i miei colleghi ricordando che di depressione vi sono coloro che sono colpiti di più e chi di meno. Io voglio solo portarvi alcuni punti schematici in discussione, che possono aiutarci e aiutare il Governo a prendere decisioni in merito. Questa non è una malattia che colpisce solo gli adulti o solo gli anziani - questo è chiaro a tutti - ma colpisce anche i ragazzi e, in questa emergenza, colpisce soprattutto i ragazzi. Pensate che in Europa il 19 per cento dei ragazzi tra 15 e 19 anni soffre di ansia e depressione; in Italia è il 16 per cento nel 2019, quindi in fase precoce di pandemia. C'è poi un dato veramente allarmante, che i pediatri non avevano mai visto prima e i neuropsichiatri in Italia nemmeno, cioè i ragazzi che si suicidano: sono 1200 in Europa, un numero altissimo. È inspiegabile che tanti ragazzi scelgano volontariamente di togliersi la vita. Questo è un dato allarmante che in quest'Aula non può non essere sottolineato. Non possiamo osservare inermi una tale situazione così grave - così grave -, che è la punta di un iceberg.

Secondo punto: non è solo un problema medico o di sanità pubblica, o di salute pubblica. È un problema economico, perché il costo sociale di questa subdola malattia è di 4 miliardi l'anno. Un Paese che rincorre sempre il debito, un Paese che è affannato nel trovare risorse, se decidesse di investire più soldi sulla prevenzione, avrebbe un risparmio enorme e i 4 miliardi scenderebbero. I 4 miliardi derivano dal fatto che - lo ha detto adesso la collega Bologna - sono costi diretti, dovuti alla diagnosi, al trattamento psicologico, al trattamento di terapia psicologica, alla prevenzione della cura della depressione; sono tutti costi indiretti, cioè riferiti alla capacità di un individuo di non poter lavorare o di lavorare male. Tali costi indiretti sono rivolti anche alla famiglia, perché chi ha avuto esperienza di una persona depressa in famiglia o tra gli amici, o che ha visto una cosa del genere, sa bene che è la famiglia che si ammala, non solo il soggetto ammalato, quindi va fatta una terapia di gruppo e familiare. C'è poi un altro dato che non ci può lasciare indifferenti e che tutti gli scienziati hanno sottolineato e hanno messo in evidenza, oggi ancora più di ieri: c'è un rapporto molto stretto tra depressione e svantaggio sociale. I disoccupati, i poveri, le persone poco istruite, hanno una possibilità che è del doppio rispetto a un'altra persona che non ha queste caratteristiche di diventare depressa. Quindi, capite che l'emergenza sanitaria si associa, si accumula ed aumenta nell'emergenza sociale che stiamo vivendo: dove sta aumentando la povertà, aumenta la disoccupazione e aumenta la mancanza di istruzione. Non solo: aumenterà, perché non è una cosa che stiamo contenendo. Questa cosa aumenterà perché aumenteranno i disturbi - lo avete sentito prima, con riferimento al Long-Covid - perché aumenteranno le persone in difficoltà, soprattutto tra le donne e i giovani adulti; questo anche perché aumenteranno nel nostro Paese - lo stiamo osservando - le disuguaglianze. Allora, se è una malattia che coinvolge il lato sanitario, ma che costa tanto e che ha un legame molto stretto con il welfare, con le disuguaglianze, con la società, c'è bisogno di nuove azioni. Non possiamo solo chiedere interventi sanitari, ma c'è bisogno di interventi anche per il mercato del lavoro, per l'istruzione e interventi di welfare. Sarebbe riduttivo pensare che aumentando gli psicologi si riduca di fatto la depressione: no, la depressione non si riduce soltanto così, ma si riduce intervenendo su più settori (e questi che vi ho detto sono quelli decisivi).

È un'emergenza sommersa perché, secondo ciò che ci dicono tutte le società scientifiche di psicologia e di neuropsichiatria, il rapporto tra fabbisogno assistenziale e capacità assistenziale - cioè assicurare a tutti gli ammalati percorsi di cura adeguati, secondo le linee guida nazionali - era sfavorevole: si riusciva, prima della pandemia, ad assicurare un rapporto pari al 55 per cento del fabbisogno, cioè, quasi la metà di questi ammalati noi non riuscivamo a seguirli prima. Oggi è certamente peggio e sarà peggio per i sanitari, perché ciò aumenterà a causa del Long-Covid. Stiamo scoprendo una malattia nuova, il Covid, che dà problemi in acuto molto gravi, molto importanti, ma stiamo anche scoprendo che esiste un Long-Covid, cioè che sei mesi dopo la guarigione da una malattia acuta, una parte enorme di pazienti in tutto il mondo manifesta segni di Long-Covid, ovvero segni fisici, respiratori, cardiologici, articolari ma anche di tipo psicologico e, tra questi, la depressione sta al primo posto. Per questo, se è vero che stiamo nell'ultimo miglio della pandemia, cioè che stiamo arginando questa gravissima pandemia, è anche vero che - così ci dicono gli scienziati - gli esiti li vedremo ancora per qualche anno oltre la fine della pandemia. Ciò, peraltro, aumenterà nella fascia pediatrica.

I ragazzi che manifestavano sintomi come lo stato d'ansia, l'umore deflesso, la mancanza di energia, ma anche l'aggressività, l'abuso di sostanze, di tabacco o di alcol e la depressione erano pochi prima, oggi stanno aumentando in maniera vertiginosa. Vi ricordo che i posti letto dedicati all'infanzia erano 94 fino alla pandemia e non riuscivano a dare risposte adeguate. Se non interveniamo subito su questo dato, noi avremo grandi problemi tra qualche anno, ma soprattutto se non interveniamo sul territorio, se non riusciamo a dare risposte territoriali. Allora, è necessario un nuovo approccio. Come abbiamo posto tante risorse straordinarie sulla sanità pubblica, servono altrettante risorse per la salute mentale, che va considerata un capitolo a parte (Applausi).

C'è un altro tema che vorrei sottolinearvi e cioè che la depressione non arriva all'improvviso, ma ha origini nelle fasi precoci della vita. Allora, voi sapete - e se non lo sapete, ve lo dico io - che le mamme depresse hanno un rischio 5 volte maggiore di far nascere bambini di basso peso e c'è anche un rischio, per questi bambini, di diventare depressi da adulti e questo rischio aumenta se la mamma depressa è anche una mamma povera e che ha debiti economici.

Il senso del mio discorso finale e, quindi, anche il senso delle richieste che facciamo al Governo è che dobbiamo occuparci della depressione già prima che si manifesti, assicurando a ogni bambina e a ogni bambino del nostro Paese una partenza della vita il più possibile felice, quindi, occupandoci di queste mamme che hanno depressione prima della gravidanza o dopo la gravidanza e, dunque, occupandoci delle mamme povere, assicurando loro una vita stabile e felice, perché facendo questo noi avremo un numero di ragazzi depressi e di adulti depressi certamente minore, e i 4 miliardi che spendiamo oggi per la depressione diminuiranno in maniera vertiginosa.

Quindi, il mio invito al Governo e a quest'Aula è di provare a ragionare con uno sguardo lungo, che investa sul futuro e che dica che noi oggi appostiamo le risorse per fare fronte alla fase acuta, ma anche per prevenire ulteriori e nuovi casi di depressione o di alterazione della salute mentale.

Concludo dicendo che l'OMS, già 10 anni fa, ci avvertiva che la depressione sarebbe stata un problema importante per il nostro Paese, e per il mondo intero; oggi, ci dice che nel 2030 potrebbe diventare la prima causa di disabilità e sofferenza. Allora, è ora il tempo di occuparci di questa malattia, è ora il tempo di fare scelte politiche che guardino lontano, più avanti cioè del COVID e di questo momento storico.