Discussione generale
Data: 
Lunedì, 10 Marzo, 2025
Nome: 
Stefania Marino

Scheda della mozione

Onorevoli colleghe e colleghi, illustre Presidente, l'emergenza PFAS è oggi una crisi ambientale e sanitaria che non va sottovalutata, che incombe sulle nostre comunità, minacciando la salute e l'ambiente. Non possiamo più permetterci di ignorare questa realtà e di procrastinare le azioni necessarie per affrontare questa minaccia. I PFAS - le colleghe lo hanno detto - sono sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche; sono una famiglia di composti chimici sintetici utilizzati in una vasta gamma di prodotti industriali e di consumo. La loro caratteristica principale, la persistenza, è anche la loro più grande minaccia. Queste sostanze non si degradano nell'ambiente, accumulandosi nel suolo, nelle acque, negli organismi viventi. La diffusione dei PFAS è pervasiva. Li troviamo nelle acque che beviamo, nel cibo che mangiamo, nell'aria che respiriamo, persino nel nostro sangue. Questa contaminazione diffusa espone milioni di persone a rischi per la salute, con conseguenze potenzialmente devastanti.

Gli studi scientifici sono allarmanti. L'esposizione ai PFAS è associata a una serie di gravi problemi di salute. Danni al sistema immunitario: i PFAS indeboliscono le nostre difese rendendoci più vulnerabili alle infezioni e alle malattie autoimmuni. Problemi di sviluppo nei bambini: l'esposizione prenatale e infantile ai PFAS può compromettere la crescita, lo sviluppo neurologico, il sistema endocrino dei bambini. Malattie cardiovascolari: i PFAS aumentano il rischio di ipertensione, colesterolo alto e altre patologie cardiache. Tumori: alcuni studi hanno collegato l'esposizione ai PFAS a un aumento del rischio di tumore ai reni, ai testicoli, alla tiroide, al fegato. Danni al fegato e alla tiroide: i PFAS possono interferire con la funzione di questi organi vitali, causando una serie di problemi di salute.

La gravità di questa situazione è ulteriormente inasprita dalla persistenza dei PFAS nell'ambiente. Queste sostanze sono state ampiamente utilizzate in numerose applicazioni industriali e di consumo: ad esempio, nelle schiume antincendio, nei rivestimenti antiaderenti per le pentole e padelle, nei tessuti impermeabili e resistenti alle macchie, negli imballaggi alimentari. Sono inoltre resistenti alla degradazione ambientale e possono accumularsi negli organismi viventi, compresi gli esseri umani, attraverso la catena alimentare.

La presenza di PFAS nell'ambiente è già stata ampiamente segnalata. Nell'acqua, i PFAS sono stati rilevati in acque sotterranee, acque superficiali e persino nell'acqua potabile in numerosi parti del mondo. Nel suolo, la contaminazione del suolo può verificarsi a causa di scarichi industriali, uso di schiume antincendio e smaltimento rifiuti. Nell'aria, i PFAS possono essere trasportati dall'aria e depositarsi sul suolo e nelle acque.

Gli impatti ambientali, quindi, sono devastanti. Queste sostanze possono rimanere nel suolo e nelle acque per secoli, continuando a contaminare le generazioni future. Se questi sono i rischi acclarati, cosa è stato fatto negli ultimi anni per prevenire le conseguenze? L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) promuove da tempo la cooperazione internazionale sulla gestione dei PFAS, inclusa la condivisione di informazioni e la promozione di alternative più sicure. Alcuni PFAS, come il PFOS, sono stati inclusi nella Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti; si tratta di un trattato internazionale che mira ad eliminare o ridurre l'uso di sostanze chimiche pericolose. Anche l'Unione Europea si sta muovendo da anni in questa direzione. Negli ultimi vent'anni l'Unione europea ha intrapreso azioni crescenti per contrastare l'inquinamento da PFAS. Come indicato nella strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili, la Commissione si è impegnata ad adottare una serie completa di azioni. Il regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals) è stato ed è, in questo contesto, uno strumento chiave per la regolamentazione dei PFAS nell'Unione europea.

Nello scorso mese di settembre la Commissione ha poi adottato nuove misure per proteggere la salute umana e l'ambiente, limitando l'uso di alcuni sottogruppi di PFAS, denominati PFHxA, molto persistenti e mobili nell'acqua e il cui uso in determinati prodotti rappresenta un rischio inaccettabile per la salute umana e per l'ambiente. La restrizione relativa al PFHxA adottata si concentra sugli usi per i quali il rischio non è adeguatamente controllato. La restrizione vieterà la vendita e l'uso del PFHxA nei prodotti tessili di consumo, come i giubbotti antipioggia; imballaggi alimentari, come scatole per pizze; miscele di consumatori, come gli spray impermeabilizzanti; cosmetici come prodotti per la cura della pelle; e in alcune applicazioni di schiuma antincendio, ad esempio per l'addestramento e le prove, senza compromettere la sicurezza.

Va poi segnalato che la Direttiva (UE) 2020/2184 ha stabilito limiti per la presenza di PFAS nell'acqua potabile, garantendo standard di sicurezza uniformi in tutta l'Unione europea. È significativo poi l'apporto dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) che fornisce valutazioni scientifiche sui rischi dei PFAS per la salute umana, supportando le decisioni politiche, lavorando a stretto contatto con le autorità nazionali e altri soggetti interessati per raccogliere e analizzare i dati di monitoraggio sulla contaminazione negli alimenti.

Venendo al nostro Paese, va rimarcato come le Agenzie regionali per la protezione ambientale (ARPA) svolgano un ruolo fondamentale nel monitoraggio della presenza dei PFAS nelle acque, nel suolo e nell'aria. Sono stati avviati, infatti, programmi di biomonitoraggio per valutare l'esposizione della popolazione ai PFAS, con particolare attenzione alle aree più critiche. Per quanto riguarda la regolamentazione, l'Italia ha recepito la direttiva (UE) 2020/2184, che stabilisce limiti per la presenza di PFAS nell'acqua potabile.

È ora però è necessario che i limiti di scarico in aria, in acqua e nel sottosuolo dei PFAS siano portati allo zero tecnico, al pari di quelli relativi alle acque potabili. La gravità degli effetti sulla salute umana, in conseguenza all'esposizione da PFAS, rende ancora più urgente e non più procrastinabile la fissazione di tali limiti sulle matrici ambientali, limiti che quindi vanno fissati, con legge dello Stato, in base al principio di precauzione. Tale principio è riportato nell'articolo 174, comma 2, del Trattato del 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità europea.

Si tratta di un principio ribadito anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 28 del 25 gennaio 2010, dove si dice che la normativa ambientale, che discende dalla politica comunitaria in materia ambientale, “mira ad un elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio chi inquina paga”.

Dunque, Presidente, questa fissazione dei limiti per le sostanze perfluoroalchiliche è urgente, per un duplice motivo, sia poiché costituisce il presupposto del reato di inquinamento, sia per imporre i provvedimenti di bonifica ai soggetti responsabili della contaminazione delle matrici ambientali.

Infatti, la mancanza dei limiti non consente alla magistratura di contestare i reati connessi con la contaminazione delle matrici ambientali. Secondo i dati ISPRA, la contaminazione da PFAS è presente nel 17 per cento dei risultati ottenuti dai controlli effettuati dagli enti preposti tra il 2019 e il 2022, per un inquinamento che interessa quasi tutte le regioni in cui sono stati fatti i monitoraggi.

Si tratta di quasi 18.000 analisi positive ai PFAS, un risultato che mostra chiaramente un inquinamento ambientale diffuso. Nonostante questa diffusa contaminazione, c'è una forte disomogeneità nei controlli degli enti preposti: quasi il 70 per cento delle analisi nazionali infatti è stato eseguito in sole quattro regioni del Nord Italia (Veneto e Piemonte, interessate da casi storici e ben documentati, a cui si aggiungono Lombardia e Friuli-Venezia Giulia), mentre il restante 30 per cento è distribuito nelle altre 12 regioni interessate dalle verifiche, creando una sproporzione in termini numerici e di accuratezza. In quattro regioni del Sud Italia (Puglia, Sardegna, Molise e Calabria), dal 2017 al 2022, non risulta invece alcun controllo sulla presenza dei PFAS nei corpi idrici. Chiediamo, quindi, al Governo, con questa mozione, di intervenire con tempestività.

Nelle scorse settimane, ho potuto recarmi personalmente in uno di questi siti ed in particolare in quello di Crotone per verificare la situazione attuale e valutare lo stato di avanzamento delle bonifiche avviate. Quello che manca, quindi, è una normativa omogenea in materia che riduca drasticamente la presenza di PFAS sui materiali, capace, quindi, di prevenire e contrastare l'inquinamento e di attivare, conseguentemente, il monitoraggio e la bonifica di tutti i siti compromessi.

 Il Governo italiano, infatti, non ha ancora adottato misure sufficientemente restrittive per limitare l'uso e la produzione dei PFAS, né ha fissato limiti più severi rispetto a quelli fissati dalla legislazione europea. Occorre anticipare ogni azione, proprio in virtù dell'importanza della prevenzione e in relazione alla citata persistenza di tali sostanze. Le richieste sono chiare e condivisibili.

Per quanto riguarda i limiti, è necessario vietare l'uso, la vendita e la produzione di PFAS, con eccezioni limitate e controllate per usi essenziali e definire limiti di inquinamento estremamente bassi (quasi zero), con deroghe temporanee e controllate. Per quanto riguarda i controlli, si richiede l'obbligo per le aziende…

…che utilizzano i PFAS - sì, Presidente, grazie - di fornire dati per il monitoraggio della salute dei lavoratori e dell'ambiente e rafforzare i controlli sulla produzione e importazione dei prodotti contenenti PFAS.

Occorre fare bonifiche e finanziamenti, stanziare i fondi per la decontaminazione dei siti compromessi e individuare i responsabili dell'inquinamento, applicando il principio “chi inquina paga”.

Non possiamo permettere che le nuove generazioni ereditino un ambiente contaminato e nocivo. È nostro dovere agire con coraggio e determinazione per invertire questa tendenza.