Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 25 Settembre, 2024
Nome: 
Ouidad Bakkali

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“Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi”. Io questo giuramento lo feci a 23 anni. Divenni cittadina nel 2009. Ero arrivata a 2 anni, quindi 21 anni dopo. Qui ho frequentato la scuola dell'infanzia dalle suore di Casal Borsetti, le elementari, le medie, le superiori. A 16 anni militavo nelle giovanili del mio partito, collaboravo attivamente alle campagne elettorali per le quali non avevo il diritto di voto, ed ero rappresentante d'istituto.

Alla gita di V superiore fui bloccata all'aeroporto di Praga perché il documento con il quale viaggiavo non era corretto, seppur vagliato dalla questura. Passai la notte in aeroporto, con due professori del mio liceo, e lì mi dissi che non mi sarei mossa fino alla fine della gita, per principio e per un senso di ingiustizia che avevo provato sulla pelle tante di quelle volte. Il Consolato intervenne e ci diedero un permesso per partecipare alla gita del liceo. Non ricordo quanti giorni di scuola ho saltato per andare in questura per il rinnovo del permesso di soggiorno, o al Consolato per rinnovare i documenti di identità. Perché no, Iezzi, i bambini non sono tutti uguali.

Io capisco che voi, quelli che non vi piacciono, quelli che appartengono alle famiglie che non vi piacciono, li mandate in galera. Noi cerchiamo, invece, di costruire politiche affinché, veramente, siano tutti uguali. Guardi, Presidente, colleghi e colleghe, queste mie note biografiche raccontano e rappresentano le storie e le esperienze di centinaia di migliaia di bambini e bambine, e volevo dare voce a queste esperienze perché queste vite entrino prepotentemente dentro quest'Aula e la vostra ipocrisia e la vostra ideologia si scontrino contro questa faccia, perché questa faccia rappresenta quella narrazione che svaluta continuamente questi nuovi e queste nuove italiane, e racconta quella condizione diffusa e ingiusta che vede questi ragazzi e ragazze nascere, crescere, imparare a camminare, a parlare in un Paese che non si accorge di loro, che ancora ha il computo della percentuale degli studenti stranieri quando deve stilare statistiche; sono quei bambini che la narrazione dominante vuole relegare a viaggiare in ultima classe, per quanto riguarda diritti sociali, civili, politici e si, ci sono leggi che tutelano questi diritti - ci mancherebbe altro -, ma siamo chiaramente di fronte a una discriminazione, una penalizzazione e a un deficit di futuro; sono quei ragazzi e ragazze i cui sogni si frantumano decine di volte sulle porte di una questura o di una prefettura qualsiasi in una provincia italiana; sono la storia di Casey, arrivata a 10 anni - ora ne ha 26 - che sognava la carriera diplomatica, ma non potrà nemmeno iniziarla, in quanto non è cittadina perché non raggiunge il parametro reddituale; o Yassin, arrivato qui piccolissimo, che ha perso la finestra della richiesta di cittadinanza presentata dai suoi genitori perché, a causa dei ritardi nella lavorazione della pratica, Youssef è diventato, nel frattempo, maggiorenne e deve ricominciare da capo; Insaff è arrivata a quattro anni; lei - stessa storia di Youssef - è stata rigettata, non potrà partecipare a un tirocinio in un'istituzione europea perché non è cittadina UE; Khadija è una campionessa italiana di boxe, ha vinto due campionati italiani a 14 anni, ma non potrà partecipare ai campionati europei perché non è cittadina italiana.

E allora, la legge n. 91 del 1992 va bene, va benissimo, questa legge, lavora benissimo contro le discriminazioni rispetto ai giovani e alle giovani. E potremmo continuare all'infinito, storia dopo storia. Le proposte che avanziamo in questa mozione hanno due obiettivi: riconoscere il presente e l'Italia di oggi; è una riforma che vuole preservare il futuro dell'Italia, vuole che tutti i giovani compartecipino al futuro di questa Repubblica insieme, senza cittadini di serie A e senza cittadini di serie B.

L'Italia è il Paese che concede più cittadinanze. Allora, il fact-checking è obbligatorio, perché è l'unica argomentazione che continuate a dare e, ovviamente, se si leggono i numeri solo assoluti non si esprime granché rispetto a questo. Relativamente alla popolazione, l'Italia è il quinto Paese; parliamo di una cittadinanza – anzi, cinque cittadinanze - ogni 100 immigrati. Parliamo di questi numeri qui, non delle milionate di cui parla Iezzi. Contando che, nelle scuole italiane, tra i banchi di scuola, ci sono un bambino con background migratorio ogni 10, si iniziano a comprendere le proporzioni e le storture di questi numeri.

Da quinta l'Italia diventa quattordicesima secondo il Migration integration policy index in termini di requisiti e discrezionalità. E un altro dato che ci si dimentica sempre è che chi ottiene la cittadinanza oggi, quel 2022 che citate sempre, vuol dire che quelle famiglie hanno iniziato la pratica quindici anni fa e. In Italia non si ottiene la cittadinanza dopo dieci anni, si ottiene la cittadinanza dopo quindici, quindici anni dopo l'arrivo dei nuovi cittadini italiani di oggi e oggi credete che sia più facile o più difficile mettere insieme i requisiti richiesti? Guardi, Iezzi, stanno già contribuendo il mercato del lavoro, il mercato delle case e l'emergenza abitativa a rendere restringenti requisiti per la cittadinanza, perché il lavoro irregolare, la difficoltà di trovare contratti regolari per una casa sta facendo perdere anni di stanzialità in Italia a queste famiglie che qui lavorano, qui contribuiscono e qui contribuiscono per l'8 per cento del PIL di questo Paese. Bisogna iniziare a parlare con rispetto della popolazione straniera  che abita in questo Paese, non solo come braccia e non solo come schiavi. Sono portatori di diritti in quanto persone, in quanto persone! Guardi, è proprio il cuore delle proposte che avanziamo in questa mozione: la legge n. 91 del 1992 non funziona - e lo dico alla Premier che ignora sia la grande mobilitazione di 500.000 persone sia le storie che quotidianamente abbiamo poi raccontato qui, continua ad essere insufficiente: non sono dieci anni, sono quindici. Ma i punti devono essere chiari rispetto alla nostra proposta: riconoscere la cittadinanza italiana per i minori nati nel territorio della Repubblica da genitori stranieri che qui risiedono legalmente da almeno un anno. Ci vuole coraggio per guardare verso il futuro, ci vuole coraggio, perché questa è una parte di popolazione, è una risorsa fondamentale per tenere in vita i presidi educativi, le sezioni d'infanzia e le scuole nei territori decentrati. Questa è un'Italia che ha bisogno di ogni singolo e singola giovane che possa nutrire, sin da subito, il senso e il legame di appartenenza con la Repubblica e lo Stato. La cittadinanza come concetto premio è un concetto fallimentare, oltre che di discriminazione. Ed è anche il concetto che proviamo a far passare nella seconda proposta, che è la proposta di ius scholae e, sì, a partire dalle scuole dell'infanzia, che fanno parte di tutto diritto del sistema nazionale di istruzione. Soprattutto, non si può certificare a scuola la cittadinanza. A scuola si diventa cittadini, non si viene certificati cittadini, a partire dai primissimi anni di scuola. È qui che si costruisce l'italianità ma è questo concetto di italianità che voi non volete vedere, è un'italianità plurale è un'italianità che professa anche più religioni e un'italianità che ha background migratori, culturali, linguistici, diversi: è l'Italia di oggi. Gli unici alieni - non è quello di Ghali, Iezzi -, voi siete alieni nel Paese che non riuscite a vedere. E ancora, semplificazioni, chiediamo semplificazioni e siamo contenti che Forza Italia su questo ci sia, perché cinque anni di lavorazione di una pratica è una vergogna per la Repubblica, non solo un limite per chi questa semplificazione, questa cittadinanza la vuole. Quindi, chiediamo un passo culturale oltre che politico: è una mozione complessa, con tanti punti, proprio per dare la possibilità di convergere, rispetto alle diverse sensibilità. C'è chi non ne ha proprio, chiediamo, però, a chi ne ha di convergere verso questo punto, chiediamo di riconoscere i figli, le figlie di questa Italia. È un futuro che ha bisogno di questo provvedimento, ne ha bisogno per creare coesione sociale, ne ha bisogno per risolvere i problemi concreti: 500.000 firme in pochissimi giorni, sono un segnale politico chiaro.

Mettiamo mano alla legge n. 91 del 1992, cerchiamo punti in comune, il Partito Democratico c'è per lavorare nel concreto delle proposte. Basta strumentalizzare voi, sì, i temi che riguardano la cittadinanza e le vite di questi ragazzi di queste ragazze che non sono un dibattito estivo, queste sono discriminazioni quotidiane.

 Quindi, grazie e lavoriamo insieme per migliorare questa riforma.