La ringrazio, signor Presidente. Colleghi e colleghe, signor Sottosegretario, recentemente, come lei saprà, Sottosegretario, si è svolta un'audizione del Ministro Tajani di fronte alle Commissioni affari esteri di Camera e Senato. Questa audizione era incentrata sugli sviluppi della guerra in Ucraina e anche dell'offensiva israeliana a Gaza. In quell'occasione, il Ministro Tajani ha ribadito che la linea del Governo italiano è riassumibile nella formula “due popoli due Stati” e cioè per l'esistenza di uno Stato di Palestina che conviva, in reciproca sicurezza e con reciproco riconoscimento, accanto allo Stato di Israele. Questa, in sé, è un'affermazione positiva, che condivido, ma come possiamo evitare che si riduca a una formula vuota - “due popoli due Stati” -, che stancamente viene ripetuta negli anni, senza che, peraltro, si facciano passi in avanti e senza alcuna articolazione del suo significato?
Intanto, bisogna vedere se siamo d'accordo sulle premesse e dobbiamo partire dalla realtà, se vogliamo analizzare le premesse. E la realtà ci dice che lo Stato di Israele esiste dal 1947 e quello di Palestina no, non esiste, sebbene, secondo le deliberazioni delle Nazioni Unite, avrebbero dovuto sorgere contestualmente. Due popoli ci sono; per avere due Stati ci vuole dunque quello di Palestina, entro i confini precedenti all'occupazione del 1967. La premessa, sulla quale bisogna vedere se siamo d'accordo, quando usiamo quella formula, “due popoli, due Stati”, è, quindi, che il popolo palestinese è vittima di un torto pluridecennale, avendo il diritto all'autodeterminazione, e anche che, non avendo attuato la risoluzione dell'ONU del 1947, si è operata una lesione gravissima, che ancora perdura, del diritto internazionale.
Siamo d'accordo, Sottosegretario, su questo? Mi dica, mi faccia un cenno, mi dia un riscontro. E, poi, sempre guardando alla realtà dei fatti, dovremmo constatare che l'area su cui, sempre secondo le Nazioni Unite, deve sorgere lo Stato di Palestina non ha più continuità territoriale, a causa della massiccia politica di insediamento di colonie illegali israeliane che hanno occupato intere aree della Cisgiordania, con check-point, anch'essi illegali, di coloni armati che controllano il passaggio di veicoli e persone.
Nel 1987, signor Presidente, i coloni erano circa 70.000; alla vigilia degli Accordi di Oslo - quindi, parliamo del 1993 - il numero era salito a 136.500. Negli ultimi 10, il numero dei coloni israeliani è continuato a crescere. Sapete, oggi, quanti sono? Sono più di 700.000, c'è chi dice 750.000 e chi dice addirittura 800.000, quelli che vivono nei territori della Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est.
E, attenzione, ciò che è avvenuto e che ha portato a questi numeri non è stato un movimento spontaneo verso la Cisgiordania; no, è stata una politica deliberatamente messa in atto dai Governi israeliani, chi più, chi meno, intendiamoci, e questo nell'indifferenza o con il consenso tacito della comunità internazionale. Dunque, è evidente che questo processo di annessione - perché tale è: un processo di annessione -, che è in corso da decenni, accompagnato da soprusi e violenze, si potrà fermare solo attraverso il riconoscimento dello Stato di Palestina.
E, allora, ho chiesto al Ministro Tajani: siamo consapevoli che, per avere lo Stato di Palestina, bisogna rimuovere le colonie, che l'ONU ha dichiarato, più volte, in diverse risoluzioni, illegali? Dunque, rimuovere gli oltre 700.000 coloni, le persone che vi risiedono? Perché, se non si risponde affermativamente a questa domanda, diventa del tutto inutile, anche stucchevole, parlare di “due popoli e due Stati”. Il Ministro mi ha risposto: abbiamo messo sanzioni ai coloni violenti. Ora, come dire, chiaramente ha svicolato, non ha risposto e ha parlato d'altro.
Ma c'è un'altra prova del nove per capire se si vuole davvero che, oltre allo Stato di Israele, ci sia anche lo Stato di Palestina, che questo esista, e questa prova è contenuta nelle mozioni che stiamo discutendo. L'Italia vuole oppure no, ovvero, il Governo italiano vuole oppure no riconoscere lo Stato di Palestina, come hanno fatto recentemente Paesi come la Spagna, la Norvegia, l'Irlanda e la Slovenia? Il Ministro Tajani, in audizione, ha risposto - questa risposta veramente merita una nota -, giudicando pericolose e unilaterali iniziative di questo tipo, riproponendo la tesi secondo la quale lo Stato palestinese deve sorgere da una trattativa con il Governo israeliano, quel Governo israeliano che i palestinesi a Gaza li sta sterminando! Signor Sottosegretario, ma si rende conto del paradosso di questa affermazione? Netanyahu e i suoi Ministri hanno detto e ribadito più volte che per loro lo Stato di Palestina non ci sarà mai! Tutta l'azione politica di Benjamin Netanyahu si è basata su questa certezza: mai lo Stato di Palestina. Di che cosa stiamo parlando, allora? Che cosa va dicendo il Ministro Tajani?
Il Governo deve uscire dall'ambiguità, tanto più che il mutuo riconoscimento tra l'OLP, che rappresenta il popolo palestinese, tutto il popolo palestinese, anche quello della diaspora, e Israele c'è già stato, risale al 1993, nell'ambito degli accordi di Oslo. Il 10 maggio scorso, l'Assemblea generale dell'ONU ha approvato una risoluzione per accogliere la Palestina come membro effettivo. Sapete quanti sono stati gli Stati a votare favorevolmente? Sono stati 143 Stati, quindi, una maggioranza largamente superiore ai due terzi richiesti. Nove Stati hanno votato contro. E l'Italia che cosa ha fatto? L'Italia non ha fatto né una cosa, né l'altra, né sì, né no, si è astenuta. Meloni e Tajani scappano senza assumersi le loro responsabilità, nello stile Don Abbondio. Scappano, fanno finta di non aver capito, di non vedere.
È un atteggiamento veramente deprecabile, sempre un passo indietro. Per non dispiacere all'amico Netanyahu, dite dunque, a parole, che ci vuole lo Stato palestinese e, poi, quando si arriva al dunque, non votate neanche il minimo, cioè la rappresentanza palestinese come membro effettivo dell'Assemblea dell'ONU. Dunque di che cosa parlate? Io la prego, signor Sottosegretario, lo dica anche al Ministro, smettetela di parlare di “due popoli, due Stati”, non lo potete più fare!
Questo è un grande imbroglio, è un equivoco, è una presa in giro, perché, se veramente credete a “due popoli, due Stati”, allora votate a favore del riconoscimento della Palestina come Stato membro effettivo all'Assemblea generale dell'ONU. Ma non finisce qui, Presidente, perché il Ministro Tajani ha detto anche che riconoscere lo Stato di Palestina, come adesso hanno fatto questi ultimi Paesi che ho menzionato, sarebbe un'iniziativa unilaterale. Unilaterale? Ma come unilaterale? Già oggi 146 Paesi del mondo hanno riconosciuto lo Stato di Palestina: sono tutti scriteriati? Dove sta l'unilateralità? Unirci, allora, non sarebbe, invece, un gesto utile? Non sarebbe un gesto isolato, sarebbe l'unica cosa di senso da fare.
Il Parlamento italiano - lo ricordo per chi non era qui, in quegli anni - approvò già nel 2015 una risoluzione che impegnava il Governo a riconoscere lo Stato di Palestina e sarebbe ora, signor Sottosegretario, di dare esecuzione a quell'indirizzo parlamentare, ma per voi il Parlamento non conta niente, chiaramente il Parlamento è un passaggio obbligato, disattendiamo quello che dice il Parlamento, tanto fra poco ci sarà il premierato, no?
Dunque, per questo, come hanno fatto gli altri gruppi, riteniamo importante presentare una nuova mozione per il riconoscimento, che mi auguro tutta la Camera voglia condividere, per mettere l'Italia nella parte giusta e darle un ruolo attivo, uscendo dalle retrovie, così come riteniamo importante che si arrivi anche al riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell'Unione europea.
Uno Stato per i palestinesi serve, dunque, a colmare un'ingiustizia verso un popolo che ha diritto, come tutti i popoli, alla propria autodeterminazione e anche a sanare una lacerazione nel tessuto del diritto internazionale che dura da 77 anni, ma serve anche a garantire la pace. E lo sapete anche voi, signori e signore del Governo, anche se non lo dite. Se fosse già esistito lo Stato palestinese, non ci sarebbe stato l'orrore terroristico del 7 ottobre e la carneficina che non si ferma ai danni della popolazione di Gaza, oltre 37.000 morti, quasi tutti, la gran parte donne e bambini. È come se scomparissero del tutto città come Aosta, Presidente, o città come Belluno o Nuoro.
È una strage, una strage di donne, una strage di bambini, di malati, è una punizione collettiva, è un crimine e se la Corte internazionale di giustizia intima a Israele di fermarsi prima di compiere un genocidio e il procuratore capo del Tribunale penale internazionale ipotizza l'esistenza di crimini di guerra e crimini contro l'umanità a carico di Hamas e delle autorità israeliane, chiedendo al tribunale l'emissione di mandati di cattura per Netanyahu e per il Ministro della Difesa Gallant, così come per Sinwar e altri leader di Hamas, ebbene, per il Governo italiano è come se non avesse parlato nessuno, nessuno, come se non fossero mai state pronunciate queste parole. Anzi, c'è pure chi reagisce con fastidio.
Per quanto ci riguarda, per quanto riguarda il Partito Democratico, noi stiamo dalla parte del diritto, dalla parte della legalità internazionale e del lavoro degli organi giurisdizionali internazionali e lo siamo sempre, Presidente, senza eccezioni. Il sistema delle Nazioni Unite va rafforzato, non delegittimato, così come va rispettato il ruolo del Segretario generale, che ultimamente, invece, è stato fatto oggetto di una vergognosa campagna denigratoria.
Bisogna pretendere da Hamas la liberazione degli ostaggi e non bisogna chiedere, ma bisogna imporre al Governo israeliano il cessate il fuoco. Gli strumenti ci sono, basta applicarli: sono le sanzioni, il blocco della fornitura di armi da parte di tutti i Paesi, la sospensione dell'Accordo di associazione tra Israele e l'Unione europea e la sospensione di ogni accordo commerciale.
Il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell'Italia e dell'Unione europea può essere, quindi, anche uno strumento di pressione per far capire a Netanyahu e al suo Governo che devono fermarsi, anzi che devono dimettersi, come chiede anche la gran parte dell'opinione pubblica israeliana.
Sono queste, Presidente, le buone ragioni per le quali il mio gruppo ritiene importante presentare una mozione che chiede al Governo di riconoscere finalmente lo Stato di Palestina.