La ringrazio, signor Presidente. Vorrei iniziare, colleghi e colleghe, questo mio intervento con parole non mie ma con quelle di Mattia, uno studente universitario della mia regione, le Marche, che poche settimane fa, come tanti ragazzi e ragazze in Italia, ha montato una tenda davanti all'università e lo ha fatto per sollecitare l'attenzione del Governo e delle istituzioni su un tema importante e urgente come quello del diritto allo studio, più in generale, e del caro affitti, in questo caso. “Diritto alla casa è diritto allo studio” dice Mattia. “Studiare non può essere soltanto un privilegio di pochi. È una discriminazione sociale inaccettabile per tutte quelle persone e per tutte quelle famiglie, soprattutto, che già fanno tanti sacrifici per arrivare a fine mese e sono doppiamente colpite da costi spropositati. Gli scaricabarile non servono a nulla. Molto è già stato fatto e troppo è ancora da fare. Ora è il momento di dare una risposta politica concreta a questa condizione”.
Le parole di Mattia e quelle dei suoi colleghi e delle sue colleghe ci riportano, quindi, a questo tema, che non nasce oggi, tra l'altro, e che riguarda una situazione più generale e complessa come quella dell'emergenza abitativa nel nostro Paese. È un tema che suscita anche una riflessione collaterale, diciamo, che riguarda il modo in cui spesso ci troviamo a dover affrontare temi che l'attualità porta in quest'Aula. Sarebbe positivo, in questo senso, se riuscissimo ogni tanto ad anticipare e a prevenire, in questo caso, le difficoltà. È compito della politica intervenire e prevenire le difficoltà e le emergenze che molto spesso ci troviamo ad affrontare, che, in questo caso, riguardano un principio e un diritto fondamentale, cioè l'universalità del diritto all'istruzione che l'articolo 34 della nostra Costituzione afferma, riconoscendo, tra l'altro, ai capaci e ai meritevoli, anche se privi di mezzi, di poter ottenere quegli strumenti e quelle misure che devono essere in grado di rendere effettivo questo diritto, di rendere effettivo, in questo caso, un principio di eguaglianza formale e sostanziale.
Mi auguro, quindi, che la discussione, che si apre oggi e che continuerà nei prossimi giorni in quest'Aula, sul contenuto di queste mozioni sia davvero un'opportunità per tutti noi per ragionare insieme su quelle che possono essere le misure più adatte per rendere effettivo il diritto allo studio. Infatti, ci sono - lo ricordava anche la collega Orrico - dei dati incontrovertibili, purtroppo, con cui ci troviamo a fare i conti ogni giorno e le proteste, con lo strumento pacifico ma molto potente per il modo in cui è stato manifestato, cioè quello della tenda, ci riportano alla mente e ci pongono dinanzi a una questione importante, cioè il fatto che l'emergenza abitativa legata agli affitti testimonia una discriminazione nei confronti di una parte significativa della popolazione giovanile, impossibilitata, spesso per ragioni economiche ma non solo, a mantenersi agli studi.
L'alloggio rappresenta il bisogno più importante per gli studenti che studiano in una sede diversa da quella della propria città di residenza e che, però, può impedire, se non viene assicurato in maniera efficace, l'accesso all'istruzione di fasce significative della popolazione, perché incide sulla scelta dei percorsi universitari che gli studenti si trovano a dover fare, sul luogo, soprattutto, in cui andare a fare queste scelte e sulla possibilità di rimanere a vivere nella città in cui si studia oppure se scegliere di essere pendolari. Queste scelte non sono scelte da poco. Le responsabilità che ci legano, come istituzioni, alle scelte e alla vita quotidiana di quei ragazzi e di quelle ragazze non sono scelte di poco conto.
Poi, ci sono alcuni dati che vale la pena citare. Sono poco più di 40.000 i posti letto nelle residenze universitarie e in grado di soddisfare solo il 5 per cento della domanda, rispetto a un 18 per cento, invece, che viene assicurato, in media, negli altri Paesi europei. A questi dati percentuali si lega, tra l'altro, un ritardo nei tempi di pubblicazione dei bandi e delle graduatorie e nell'assegnazione effettiva dei posti letto, che gli studenti possono avere a disposizione magari quando l'anno accademico è già iniziato e, quindi, quando certe scelte sono state già compiute. Spesso, non potendo accedere agli alloggi pubblici o a sistemi convenzionati, gli studenti devono ricorrere agli affitti privati, in condizioni - sono i racconti che anche in questi giorni abbiamo spesso ascoltato - disagiate o precarie. Quindi, c'è la necessità che da parte del Governo si affronti questo tema in queste Aule.
Non siamo all'anno zero e questo lo sappiamo. Infatti, ci sono misure importanti che sono state introdotte. Penso alla no tax area, che è stata introdotta nella legge di bilancio 2017, che ha previsto, tra l'altro, l'esenzione dal pagamento delle tasse universitarie di una percentuale significativa di studenti, con un effetto, tra l'altro, che negli anni ha continuato a produrre conseguenze positive. C'è stato un incremento, stanziato dalle leggi di bilancio 2020 e 2021, delle risorse per il finanziamento delle borse di studio, che ha positivamente influito sul tema degli idonei senza borsa, andando a ridurre, anche grazie alle percentuali di revisione di cofinanziamento di quel Fondo integrativo statale, la compartecipazione statale e regionale.
Però, queste misure da sole non bastano. Non bastano perché i 250 milioni per il 2024 e i 250 milioni per il 2025, inseriti in legge di bilancio, sono stati stanziati solo per queste due annualità e non sono stati stabilizzati nel Fondo per il diritto allo studio, mentre è fondamentale che quegli incrementi si stabilizzino perché altrimenti l'assenza di fondi costanti, in questo caso, e permanenti non consentirà una politica di diritto allo studio efficace e di lungo periodo.
Non c'è soltanto questo, ma anche un tema, più in generale, di dati OCSE che riguardano proprio le spese di investimento dei Paesi europei nell'istruzione. In media, i Paesi europei investono il 4,9 per cento del PIL, di cui l'1,5 in istruzione universitaria. L'Italia si attesta ben al di sotto di questo livello, con una spesa complessiva del 3,9, di cui, appunto, solo lo 0,9 per cento è destinato all'istruzione universitaria.
Insomma, c'è la necessità di misure concrete e non di propaganda. Servono interventi decisi e mirati e non provocazioni come quelle sentite poche settimane fa, in campagna elettorale, da parte del Ministro Valditara contro le amministrazioni guidate dal centrosinistra. Non servono azioni come quella dell'emendamento presentato dal Governo nel decreto Pubblica amministrazione, che avrebbe dovuto, secondo la propaganda, sbloccare gli stanziamenti relativi ai 660 milioni di euro previsti per le residenze universitarie e per i posti letto, emendamento poi ritirato dal Governo e su cui stiamo ancora aspettando, in realtà, informazioni e notizie.
Servono, appunto, interventi strutturali, a cominciare, ovviamente, dal PNRR, dalle risorse che sono state stanziate da questo strumento, dai 960 milioni che sono stati stanziati proprio per far fronte al tema dei posti letto e delle residenze universitarie. Purtroppo, però, su questo punto i dati non sono incoraggianti, perché fino ad ora sono stati assicurati soltanto 7.500 posti letto e manca ancora gran parte degli interventi. Soltanto con il decreto-legge del settembre scorso sono stati dirottati 660 milioni sui posti letto che, in realtà, erano già esistenti, perché l'obiettivo da centrare, l'obiettivo che il PNRR si pone davanti, è quello di passare dagli attuali 40.000 posti letto a 100.000 posti letto per far fronte ai bisogni della popolazione studentesca.
E proprio su questo intervento noi cerchiamo e attendiamo risposte e vogliamo confronto da parte del Governo. Abbiamo ricordato in apertura di questa seduta quanto sia importante e fondamentale l'urgenza di avere chiarezza rispetto ai temi legati al PNRR, ancora di più nel settore dell'istruzione e dell'università. Lo ribadiamo anche rispetto a questo, perché siamo preoccupati della mancanza di condivisione e di informazioni. Soprattutto, rispetto a quei posti letto a cui sono stati destinati 660 milioni, cosa accadrà dopo il 2026, quando terminerà la vigenza del PNRR? Quei posti letto, che fanno anche capo ai privati, saranno concessi ancora in regime di affitto agevolato agli studenti? Sarà effettivamente garantito il diritto allo studio anche nei periodi successivi a quelli del Piano?
C'è una riflessione che penso sia importante condividere insieme in quest'Aula quando si parla di diritto allo studio e di diritto all'abitazione. L'investimento nel servizio abitativo a favore degli studenti trova la sua ragione d'essere non solo nel soddisfare una domanda, che, tra l'altro, spesso, come ho ricordato poco fa, è inevasa, ma su motivazioni più complesse e più profonde. Le residenze universitarie rendono possibile la mobilità per studio degli studenti in condizioni disagiate, proprio perché riducono significativamente per loro e per le loro famiglie le spese di mantenimento, favoriscono l'acquisizione di un'indipendenza e di un'autonomia indispensabili nel processo di maturazione e crescita degli studenti. Quello che è un valore aggiunto dell'abitare in residenza è comunità che si crea, una comunità composta da persone spesso di origine e cultura differenti, in cui però c'è scambio e supporto reciproco nello studio e nella vita fuori sede. Ed ecco perché assicurare questo tipo di diritto è importante e fondamentale.
Abbiamo parlato di PNRR, ma la nostra mozione non si concentra soltanto su questo, chiede anche delle risposte significative su altri temi: sul finanziamento, per un importo molto più ampio e significativo di quello che è attualmente riconosciuto, del Fondo per gli affitti agli studenti fuori sede, per cui abbiamo presentato anche un emendamento al decreto-legge n. 51, che è all'esame delle Commissioni competenti. Oltre a questo, chiediamo anche noi che sia istituito un tavolo permanente presso il Ministero dell'Università e della ricerca, con il coinvolgimento degli altri Ministeri competenti, della Conferenza dei rettori e delle rappresentanze studentesche in particolar modo, per avere e per affrontare nel suo complesso il tema del diritto allo studio. È importante, tra l'altro, anche che gli studenti, prima ancora di compiere la scelta del loro percorso universitario, possano conoscere pienamente le opportunità che il regime della no tax area riconosce loro. Spesso lo sanno solo nel momento in cui vanno ad iscriversi all'università, quando una scelta quasi è già compiuta. È importante, proprio perché motivazioni anche di ordine economico possono influire sulle decisioni che loro e le loro famiglie andranno a prendere, che queste informazioni siano rese e siano diffuse in questo caso prima.
Ci sono temi di diritto allo studio, tra l'altro, che non riguardano soltanto le risorse finanziarie, ma riguardano, ad esempio, la possibilità di garantire un'informazione esaustiva, aggiornata e facilmente reperibile sulle opportunità riconosciute agli studenti in tema di diritto allo studio, di far convergere i bandi locali in un unico bando, con termini validi tra l'altro per tutto il territorio nazionale, con un'efficacia e una possibilità di interventi pratici e concreti che vengano incontro alle esigenze degli studenti, garantendo per esempio a tutti gli studenti idonei - anche per quella percentuale, per quei 3.000 studenti che ancora non lo hanno - il diritto a ricevere la borsa di studio. Sono proposte che si intrecciano e che riguardano il welfare studentesco, che è destinato a tutte le tipologie della formazione universitaria, affinché lo studente possa davvero crescere e seguire un percorso formativo in condizioni reali di benessere, per se stesso e per la comunità in cui egli si trova a vivere.
Il tema che, con queste mozioni, ci troveremo ad affrontare in quest'Aula è urgente e importante. Quegli studenti, quei ragazzi e quelle ragazze che sono là fuori, che nei giorni scorsi hanno protestato e che attendono delle risposte da parte della politica e delle istituzioni, non ci fanno sconti in questo caso. E penso che non dobbiamo farli neanche noi a noi stessi, ovviamente.
Vorremmo, quindi, che il Governo su questi temi fosse davvero disponibile ed operativo ad aprire un confronto aperto con le forze politiche, con le rappresentanze studentesche, con le istituzioni universitarie, perché rispetto a quanto accaduto poche settimane fa - al di là delle battute che purtroppo abbiamo ascoltato, sbagliate e inopportune rispetto a quelle forme di protesta - non è possibile, in questo caso, restare indifferenti. Quella protesta civile ci richiama tutti quanti alle nostre responsabilità, ci richiama a fare presto, a fare bene e soprattutto ad essere concreti ed efficaci nelle misure che vorremmo mettere a terra, perché i ragazzi e le ragazze, davanti a quelle università, non aspettano e soprattutto non aspetta la possibilità di costruire loro un futuro che parte proprio da oggi e non da domani.