Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi e Governo, un amico, elettore di Fratelli d'Italia e convinto fan della Presidente Meloni, mi ha fortemente criticato perché sostiene che la nostra opposizione sia sempre strumentale e mai costruttiva. Io chiaramente non condivido, però oggi, in questa discussione sul salario minimo e sulla giusta retribuzione, cerco di fare uno sforzo in più, evitando di scivolare nella trappola della polemica politica. Nell'altra legislatura - il sottosegretario Durigon ne è testimone - fino agli ultimi giorni, dopo fiumi di dibattiti e audizioni, è emerso che tutte le forze politiche che oggi sostengono questa maggioranza si siano dichiarate palesemente contrarie rispetto all'introduzione nel nostro ordinamento di una legge sul salario minimo, indipendentemente poi dall'importo (che siano 9, 8, 10 o 6 euro); hanno detto categoricamente “no” a una legge sul salario minimo. Il giudizio negativo è arrivato anche dalle organizzazioni datoriali e sindacali e da tanti giuslavoristi. Aggiungo - mio parere personale -, dopo un'attenta lettura della direttiva europea, che anche la stessa non ci fa fare dei passi avanti sull'introduzione di una legge per il salario minimo. Perché? Che cosa ci dice la direttiva europea? Ci dice che, nei Paesi in cui la copertura della contrattazione collettiva sia inferiore all'80 per cento, è necessario intervenire. Se non si interviene, allora scatta la legge sul salario minimo. Nel nostro Paese, abbiamo una copertura superiore al 90 per cento, quindi non riusciamo a fare un passo in avanti. È evidente allora che, se questo Governo dovesse arrivare - glielo auguro - a fine legislatura, nei prossimi cinque anni, di sicuro - è certo e matematico - non ci sarà una legge sul salario minimo. Però questo Parlamento ha il dovere morale di rispondere ad alcune domande senza titubanza e con responsabilità. È giusto che nel nostro Paese ci siano lavoratori che percepiscono una retribuzione iniziale pari a 4,70 euro, pari dopo un anno a 5,19 euro e che si stabilizza, dopo due anni, a 6,50 euro? È giusto che tanti di questi lavoratori, anche laureati, lavorando, percepiscano meno di un percettore pieno del reddito di cittadinanza e tanti siano costretti a ricorrere all'integrazione del reddito di cittadinanza qualora ne sussistano i requisiti? È giusto che un giovane lavoratore sappia in anticipo che percepirà una pensione da fame perché, oltre alla discontinuità lavorativa e spesso al part time involontario, si ritrova a versare contributi veramente risibili? È giusto che nelle controversie relative ad appalti pubblici i giudici amministrativi, rispondendo correttamente alle regole di diritto amministrativo, considerino congrua una cifra e poi spesso i giudici del lavoro, correttamente, seguendo le regole del diritto giuslavoristico, spesso ribaltino completamente quella congruità ritenuta dal giudice amministrativo, generando incertezza del diritto, ingolfando tribunali, facendo un danno a tutti gli attori in causa, quali l'ente pubblico, l'imprenditore e il lavoratore, spesso costretto a ricorrere per tentare di ricevere un giudizio positivo dal giudice? È giusto che sia, ancora una volta, il giudice a risolvere le problematiche dovute alla manifesta incapacità politica? È giusto che presso il Consiglio nazionale del lavoro siano depositati circa 1.000 contratti, molti dei quali si candidano a regolamentare le stesse attività merceologiche? È giusto che le grandi organizzazioni sindacali e datoriali siano costrette da sole spesso a combattere con quelle di comodo, nate esclusivamente per ridurre i salari? È giusto che sia lo Stato, con tutte le sue articolazioni, a beneficiare dei salari bassi negli appalti e nei subappalti? A queste domande e a tante altre, che per questioni di tempo ometto di fare e di inanellare, rispondo che non è giusto. Mi piace pensare che anche questa maggioranza e quel mio amico, che ha votato Fratelli d'Italia, non lo trovino giusto. È del tutto evidente che in questo scenario, se si esclude il salario minimo legale, resta esclusivamente la soluzione di una legge sulla rappresentanza, così come hanno previsto i Padri costituenti con l'articolo 39 e non come avviene oggi, tramite accordi privatistici che non hanno nessun valore giuridico perché, se non c'è una misurazione giuridica delle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative, questi contratti e queste norme restano claudicanti e io aggiungerei prive di significato giuridico, senza un intervento specifico del giudice. Pertanto è necessario applicare gli articoli 39, 36 e 3 della Costituzione. Nella nostra mozione - mi avvio alla conclusione, Presidente - che cosa chiediamo? Diciamo che è necessario che i contratti collettivi possano esplicare una efficacia erga omnes e, nel momento in cui nasce questo tavolo negoziale, con le mani giunte, chiediamo che la cifra non possa andare al di sotto dei 9,50 euro. Questo è quello che chiediamo e ci rimettiamo al Governo e alla responsabilità delle forze di maggioranza che sostengono questo Governo per trasferire, finalmente, la questione nell'aspirazione al giusto epilogo. Grazie
Discussione generale
Data:
Martedì, 29 Novembre, 2022
Nome:
Mauro Antonio Donato Laus