Grazie, signor Presidente. Il Partito Democratico ha presentato, all'attenzione dell'Aula, questa mozione per richiamare l'attenzione del Governo su una situazione di criticità, sulla crisi, che investe il settore moda nel nostro Paese.
Una crisi che si protrae da molti mesi - da oltre un anno - che rischia, come sappiamo, di intrecciare un contesto particolarmente difficile, in assenza di serie politiche industriali. Noi abbiamo, nel nostro Paese, 25 mesi consecutivi di crisi della produzione industriale e un numero crescente di situazioni di crisi all'attenzione del Ministero dello Sviluppo economico.
Questa situazione rischia di essere ulteriormente aggravata dai nuovi dazi che sono stati - come sappiamo - annunciati, poi sospesi, dall'amministrazione americana, che hanno generato un clima molto dannoso, di incertezza al settore economico manifatturiero e che rischiano di colpire, per la natura e la conformazione anche delle aziende del settore moda italiano, anche questo settore, questo comparto. Un comparto che un'impresa, qualche settimana fa, ha stimato poter essere colpito da un danno di più di 2 miliardi annui e, quindi, una situazione che merita ben altra attenzione da parte dell'Esecutivo rispetto a quella che abbiamo registrato in questi mesi. È bene ricordare che questo settore incrocia una serie di difficoltà strutturali, ma anche una inefficacia di politiche, di scelte che sono state messe in campo e, soprattutto, di inerzia rispetto a delle criticità che da tempo le associazioni di categoria hanno segnalato, in molteplici incontri, al Ministero, che riguardano i vari campi in cui si articola, appunto, il settore della moda: la pelletteria, ma anche il calzaturiero, il tessile e che riguardano non soltanto grandi marchi, grandi aziende che sappiamo essere ovviamente presenti nel nostro Paese, ma anche quella moltitudine di piccole e medie imprese, quegli artigiani di altissima specializzazione che lavorano nella attuazione, nella realizzazione di commesse delle grandi imprese, sia italiane che multinazionali.
L'impatto della crisi che sta investendo questo settore e quindi un impatto particolarmente complesso, che si riversa su vari territori. Nella nostra mozione sono ricordati i casi della Toscana con diversi settori produttivi, dell'Emilia Romagna, anche della mia stessa Lombardia. Quello che noi chiediamo attraverso questa mozione è che si cambi l'atteggiamento che abbiamo registrato dal Governo in questo mese, in questi mesi, perché - lo dicevo - prima sono state fatte diverse riunioni presso il Ministero delle Imprese e del made in Italy, ma in questi incontri, da questi incontri, non è scaturita alcuna risposta strutturale per contrastare la crisi in atto. Voglio ricordare alcuni anche dei provvedimenti che sono stati assunti e dei problemi attuativi di questi provvedimenti. Un decreto-legge dell'ottobre del 2024 ha previsto, per la prima volta per questo settore a differenza di altri settori che già avevano beneficiato di una serie di interventi di emergenza, l'attivazione di uno strumento che è la cassa integrazione in deroga: per le aziende cioè al di sotto dei 15 dipendenti che operano nel settore tessile dell'abbigliamento, della concia, del calzaturiero, per potere garantire e coprire, per un periodo di tre settimane, la copertura appunto come cassa integrazione di questi di questi lavoratori.
Questa scelta, fin dall'inizio noi l'abbiamo evidenziato anche con atti parlamentari, interrogazioni, emendamenti che sono stati presentati, è stata lacunosa in diversi aspetti, non solo per la durata limitata - solo grazie a un emendamento delle opposizioni, all'iniziativa del Partito Democratico si è riusciti a prorogare la durata della cassa integrazione fino alla fine del gennaio dello scorso -, ma soprattutto per l'esclusione di diverse aziende che operano nel settore, con l'esclusione appunto di una serie di codici ATECO che sono stati inizialmente esclusi, solo successivamente e solo parzialmente integrati. La chiusura del periodo della cassa integrazione ha poi messo in evidenza una serie di criticità applicative, operative. Ed è sintomatico che in una risposta ad un'interrogazione del mini proprio del Partito Democratico, e anche comunque nel confronto, nel tavolo sulla crisi svolto presso il Ministero, il Ministero abbia come dire evidenziato in maniera abbastanza incomprensibile la presunta inefficacia di questa misura, spiegando come dei 110 milioni di euro messi a disposizione tra il 2024 e il 2025, fossero stati erogati, allo stato attuale dello scorso gennaio, solo 2,9 milioni, omettendo però di dire quali sono le ragioni di questa difficoltà di accesso allo strumento della cassa integrazione in deroga, e cioè: la disposizione che prevede che le aziende interessate avrebbero dovuto anticipare le risorse per la cassa straordinaria, per poi avere un rimborso successivo dell'INPS dopo sei mesi. Stiamo parlando come dicevo prima, di piccole e piccolissime aziende artigianali che hanno bilanci in alcuni casi in difficoltà, già in crisi finanziaria e, quindi, senza la liquidità necessaria per poter anticipare queste somme.
Il paradosso è che una misura che avrebbe dovuto sostenere queste imprese e i lavoratori ha rischiato di compromettere la loro stessa esistenza in vita e l'assenza di risposte adeguate da parte del Governo è uno dei punti più critici che sottolineiamo ed evidenziamo in questa mozione.
Lo dicevo prima, il Partito Democratico non si è mai sottratto, raccogliendo le molte preoccupazioni e le richieste delle aziende e delle associazioni di categoria, nell'avanzare proposte al Governo; lo abbiamo fatto con molti emendamenti, con atti di sindacato ispettivo, con ordini del giorno che abbiamo portato all'attenzione del Governo e, devo dire, alcuni dei quali sono stati anche approvati, salvo poi non produrre nessun risultato concreto, quelli in particolare per il prolungamento della cassa integrazione straordinaria anche oltre al gennaio del 2025 e per l'ampliamento della platea dei lavoratori che potessero beneficiarne.
C'è un tema poi specifico, che voglio ricordare qui perché so essere all'attenzione del Ministero, ma anche su questo chiediamo che ci sia rapidamente un'assunzione di decisioni e, quindi, una soluzione definitiva a un problema che colpisce in modo particolare queste imprese, molte delle quali - lo voglio dire venendo anche da una terra, da una provincia che può vantare la presenza di imprese all'avanguardia su questo settore - hanno fatto dei grandissimi passi in avanti sul tema della sostenibilità, dell'economia circolare, dell'efficienza nell'uso delle risorse, nella riduzione degli scarti di produzione e, quindi, nei processi produttivi, in un'ottica di sostenibilità. Una legge del 2013, come sappiamo, aveva introdotto uno specifico credito d'imposta per gli investimenti in attività di ricerca e di sviluppo; nel 2022 una risoluzione dell'Agenzia delle entrate ha cambiato l'approccio a questi incentivi, queste modalità del credito d'imposta - più correttamente - relative al periodo 2015-2019, ha cambiato retroattivamente le modalità di riconoscimento. Quindi diverse imprese, molte imprese piccole, già segnate da un contesto di crisi, come ho provato a descrivere, si sono trovate nella condizione di dover restituire queste somme che avevano in qualche modo acquisito tramite crediti d'imposta. Ecco questa situazione necessita una soluzione. Abbiamo presentato diverse richieste e interrogazioni. Abbiamo sostenuto le ragioni delle imprese e abbiamo anche condiviso, fino a un certo punto, una disponibilità che sembrava essere emersa dal Ministero, ma allo stato attuale queste risposte non ci sono ancora. Questo è un tema che preoccupa molto interi settori produttivi, interi territori che sono particolarmente interessati dalla presenza di queste attività manifatturiere (spesso di altissima qualità) e molti lavoratori e lavoratrici.
Non posso esimermi dal sottolineare come questa condizione vada ad aggravare una situazione che ieri, ancora una volta, l'Eurostat ha messo in luce, cioè il dramma del nostro Paese dove, pure in presenza di lavori a tempo indeterminato e a tempo pieno, molti lavoratori vivono in condizioni di povertà.
Di fronte alla non volontà del Governo di guardare in faccia il tema del lavoro povero, ci sono poi anche le situazioni specifiche che riguardano il settore della moda, come abbiamo provato a descrivere, e sul quale chiediamo che il Governo, attraverso questa mozione, ancora una volta, assuma formalmente impegni ben più stringenti e rilevanti. Ne cito soltanto alcuni, provando a mettere in evidenza le priorità, che poi sono state delineate e che sono anche condivise - ho potuto modo di vedere in altre mozioni presentate - da altre forze politiche: serve una seria e vera politica industriale per sostenere il settore della moda, per garantirne il rilancio e per superare una crisi che non è episodica ma è strutturale; servono incentivi per accompagnare la trasformazione di queste imprese in ricerca, sviluppo, innovazione, riqualificazione delle competenze altissime del personale, transizione ecologica e digitale; serve uno sguardo specifico che tenga conto - come stiamo parlando - di piccole e medie imprese, spesso realtà artigiane di grande qualità, sostenendo anche le attività di aggregazione, i consorzi, gli accordi di rete e le fusioni societarie; poi serve un'attenzione, sulla quale mi permetto di richiamare con particolare attenzione, oltre a quanto fatto sulla cassa integrazione e sulla soluzione dei problemi che ho citato prima, il Governo. Noi dobbiamo proteggere il vero nostro made in Italy dalle produzioni di scarsa qualità, che rischiano di invadere il mercato - sappiamo come il settore della moda ne sia particolarmente esposto, con il fenomeno del fast fashion - e di far gravare, poi, sul nostro Paese gli oneri di gestione di fine vita di produzioni di bassa qualità e di materiali difficilmente riciclabili e riutilizzabili, i quali, come sappiamo bene, spesso finiscono anche nella filiera illegale della gestione dei rifiuti.
È un tema di interesse nazionale, è un tema economico, che ha bisogno di risposte concrete e anche di un'assunzione di consapevolezza e di responsabilità del Governo di fronte all'impatto - e chiudo su questo, Presidente - che i nuovi dazi rischiano di avere anche su questo settore così rilevante. Non dimentichiamo che uno degli obiettivi, forse poco dichiarati e sottolineati, di questa guerra commerciale è quello di fare una guerra alla qualità della nostra produzione. Il nostro compito, insieme, dev'essere quello, invece, di tutelare le nostre imprese, proteggere i posti di lavoro e creare le condizioni affinché le eccellenze del nostro Paese - davvero e non solo a parole - siano tutelate e aiutate a crescere.