Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 7 Luglio, 2021
Nome: 
Andrea Frailis

Grazie, signor Presidente. Sottosegretario Mulè, colleghe e colleghi, i milioni di turisti che ogni anno visitano la nostra meravigliosa città di Roma - dico nostra perché, lavorandoci da anni, la sento anche un poco mia - arrivati in piazza Venezia, si fermano per osservare ma anche per ammirare, fotografare e filmare quel grande monumento in marmo bianco che tutto il mondo conosce con il nome di Altare della Patria. Ma in quanti realmente sanno che cosa rappresenti questo monumento e a chi è dedicato quello che è stato definito un altare laico? Ho provato, nei giorni scorsi, a domandare a qualche giovane se sapesse che cos'è l'Altare della Patria. Ho ottenuto delle risposte confuse, frutto forse di sbiadite reminiscenze scolastiche. Insomma, davvero in pochi sanno che cos'è l'Altare della Patria, chi è sepolto nell'Altare della Patria, che cosa rappresenti per il nostro Paese e per la nostra storia. Ecco perché iniziative come quella di cui oggi discutiamo sono utili, anzi, sono indispensabili. Il monumento è dedicato a un soldato sconosciuto, volutamente non identificato, che rappresenta tutti i 651 mila caduti italiani nel corso della Prima guerra mondiale. In quest'anno, nel quale ricorre il centenario di quella straordinaria tumulazione, che avvenne con una solenne, maestosa e partecipata manifestazione, ci sono immagini in bianco e nero davvero straordinarie che possono essere osservate.

Con una decisione assunta dalla Commissione difesa di questa Camera, di cui faccio parte, si è deciso di ricordare quel grande e doloroso momento, per riviverlo attraverso numerose iniziative. A proposito, sottosegretario Mulè: lei ha detto, nella sua introduzione, che il novero delle manifestazioni verrà ampliato, probabilmente le località saranno anche aumentate di numero. Io spero che nella mia Sardegna qualcosa possa arrivare a ricordo di quella straordinaria manifestazione.

Di queste iniziative saranno protagonisti tutti i comuni italiani attraverso l'ANCI, per ripercorrere il viaggio di quel treno che portò quella salma fino a Roma il gruppo Medaglie d'Oro al Valor Militare, promotore dell'iniziativa “Milite ignoto, cittadino d'Italia” e, ancora, le scuole di ogni ordine e grado, impegnate nella diffusione della conoscenza di quelle vicende storiche; infine, i Paesi membri dell'Unione europea e i loro alleati.

Appare oggi di grande evidenza come l'iniziativa della quale discutiamo in quest'aula tenda a rileggere la storia di quel conflitto con lo spirito e i valori del nostro tempo, senza però dimenticare il coraggio e l'eroismo di molti caduti italiani. L'Italia del 1915 era un Paese a economia prevalentemente agricola; affrontò quel conflitto, chiamando alle armi milioni di contadini e assoggettando, in qualche modo, a un'economia di guerra l'intera popolazione del nostro Paese. Nel corso di quella guerra, furono mobilitati quasi 6 milioni di italiani su una popolazione complessiva di 36 milioni e, come ho detto, caddero in 651 mila: in tutti i Paesi belligeranti, i morti furono più di 10 milioni. Fu, quindi, un conflitto sanguinoso che, è vero, risparmiò le popolazioni civili, al contrario di quel che accadde poi nella seconda guerra mondiale, ma quel conflitto ebbe conseguenze catastrofiche per le condizioni di vita di moltissime famiglie in molte parti del nostro Paese. Nella mia Sardegna, i morti furono 13 mila (per noi, più o meno, la popolazione di una cittadina di medie dimensioni); tanti giovani ricevettero la cartolina precetto e quella fu la prima volta per molti, anche purtroppo l'ultima, che avvertirono la presenza dello Stato, del Regno d'Italia, oltre ovviamente alle cartelle dei tributi da pagare. Nelle famiglie dove venne a mancare il sostegno economico del lavoro di un padre, di un marito o di un fratello furono le donne - ancora una volta le donne - a rimboccarsi le maniche e a mandare avanti la famiglia. Moltissimi ragazzi combatterono, con grande valore, nelle trincee, in molti casi, senza neppure conoscere quelle zone d'Italia, per le quali erano disposti ad offrire le loro vite, eppure lo fecero con grande coraggio e con grande valore. Sappiamo, Presidente, colleghi, che è arduo guardare agli eventi del passato con le lenti del presente. “Un paese dalle solide radici come l'Italia non deve avere il timore di guardare anche alle pagine più buie e controverse della propria storia recente”: lo ha scritto il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo messaggio, in occasione di un convegno a tema svoltosi a Rovereto nel maggio del 2015. Sono parole, queste, che tornano d'attualità nel centenario di quella che fu la vittima più innocente di quel conflitto e che, nel Milite ignoto, trova un simbolo ammonitore. La conduzione del conflitto da parte dei vertici militari del tempo fu, a dir poco, disastrosa, arrivando a scaricare sui soldati, accusati di codardia di fronte al nemico, le proprie evidenti responsabilità, in modo particolare, dopo la disfatta di Caporetto. Vi fu, addirittura, un arbitrario ricorso alla pena di morte per semplici reati contro la disciplina e venne addirittura praticata e incoraggiata la pratica della decimazione. Per inquadrare il capitolo delle fucilazioni e delle decimazioni dei soldati italiani negli anni che vanno dal ‘15 al ‘18 è necessario ricordare anzitutto le numerose circolari che furono emanate. Scrivono gli storici Mario Isnenghi e Giorgio Rochat ne “La Grande guerra”: “La lettura delle numerose circolari (…) sulla disciplina è mortificante, così come l'elenco dei provvedimenti che prescriveva in termini ultimativi: azione immediata ed esemplare di tribunali regolari e straordinari, decimazioni di reparti, abbattimento di vili per mano degli ufficiali, insomma fucilazioni e galera”. Nel corso del primo conflitto mondiale, la Brigata Sassari ebbe, in numerose azioni sul Carso e sull'altopiano di Asiago, un alto numero di vittime: 138 sassarini ogni 1.000 incorporati, contro la media nazionale di 104. Le perdite subite furono di 3.817 tra morti e dispersi e 9.104 tra mutilati e feriti. La Brigata, che generalmente inquadrava 6 mila soldati, venne ricostituita due volte e per rigenerarla furono trasferiti nelle sue file i soldati sardi che militavano in altre reggimenti e, alla fine, i giovani, poco più che diciottenni, “i ragazzi del ‘99”, furono chiamati a riscattare la sconfitta di Caporetto. L'ultimo ragazzo del ‘99 è stato Giovanni Antonio Carta, nato a Mores il 28 dicembre 1899, e lì è morto, il 6 giugno 2007, caporal maggiore del 151º Reggimento fanteria Sassari.

Pagine drammatiche, veramente tragiche, magistralmente narrate nel libro “Un anno sull'Altipiano” di un altro sardo, Emilio Lussu, ai quei tempi ufficiale della Brigata Sassari. Un'altra delle più impressionanti cronache di un sopravvissuto alla guerra c'è stata donata da un altro grande della nostra cultura, Giuseppe Ungaretti, nella sua celeberrima “San Martino del Carso”. “Ricordare e capire non vuol dire necessariamente assolvere o giustificare. La memoria di quei mille e più italiani uccisi dai plotoni di esecuzione (dello stesso esercito) interpella oggi la nostra coscienza di uomini liberi e il nostro senso di umanità”: lo ha scritto, ancora una volta, il Capo dello Stato, il Presidente Sergio Mattarella.

Colleghi, nell'anno del centenario, e più precisamente nella seduta del 21 maggio del 2015, la Camera ha approvato, con voto unanime, una proposta di legge del Partito Democratico e del MoVimento 5 Stelle, per riabilitare queste vittime di una giustizia ingiusta. Nel corso di questa legislatura, iniziative nella stessa direzione sono state prese al Senato, con l'approvazione di un ordine del giorno, e dalla regione Friuli-Venezia Giulia, con l'approvazione di una legge apposita. Manca ancora però un atto legislativo che sia pieno e che solo il Parlamento può e anzi dovrebbe emanare.

In conclusione, signor Presidente, gentili colleghi, l'occasione del centenario della traslazione della salma del Milite ignoto all'Altare della Patria deve essere utilizzata, a mio parere, per esaltare gli atti di coraggio e di autentico eroismo di centinaia di nostri ragazzi che scrissero pagine indimenticabili nella nostra storia recente, ma anche per una profonda riflessione su quel periodo storico, sul quale molto si è scritto, ma molto rimane ancora da indagare, specie in relazione a quegli episodi di ingiustizia dei quali riferivo poco fa. Per questo motivo e per questi motivi, noi, deputati del Partito Democratico, voteremo convintamente a favore di questa mozione.