Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, Sottosegretario, oggi ci troviamo a discutere e a confrontarci su mozioni riguardanti la sanità per rimettere al centro dell'attenzione, del confronto e del dibattito politico, anche parlamentare, l'importanza della sanità pubblica, del sistema sanitario nazionale, del diritto alla salute; proprio quest'anno in cui celebriamo il quarantacinquesimo anniversario della legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale che ha consentito lo sviluppo socioeconomico del nostro Paese e dato piena attuazione all'articolo 32 della Costituzione.
Proprio quest'anno però, nello stesso anno, il Servizio sanitario nazionale è in difficoltà, è arrivato al capolinea: lo afferma la Fondazione GIMBE nel suo VI Rapporto sul Servizio sanitario nazionale. I principi su cui questo si fonda o forse si fondava - universalità, uguaglianza, equità - sono stati ormai traditi e sostituiti da interminabili tempi di attesa, affollamento dei pronto soccorso, impossibilità di trovare un medico o un pediatra vicino casa, inaccettabili disuguaglianze tra Nord e Sud che portano a una importante migrazione sanitaria, all'aumento della spesa privata, fino all'impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure. Un insieme di fattori politici, finanziari, organizzativi, ai quali si è aggiunta anche la pandemia da COVID-19, che hanno determinato l'aggravarsi di significative disparità sociali e difformità territoriali. Oggi ci si trova di fronte a poche realtà territoriali in grado di assicurare prestazioni e servizi all'avanguardia e di eccellenza, e se ne affiancano molte altre di territori, invece, in cui è difficoltoso, se non impossibile, garantire anche solo i livelli essenziali di assistenza, con la conseguenza che pochi riescono ad accedere alle cure di cui hanno bisogno nei territori in cui vivono. È una situazione che richiede un intervento urgente quanto straordinario e coraggioso. Ha ragione, infatti, il collega Ricciardi: il tempo delle manutenzioni ordinarie è finito. Lo stato di salute del sistema sanitario nazionale è preoccupante. Servono riforme coraggiose e investimenti importanti in grado di restituire al sistema sanitario la sua missione originale. Oppure si abbia il coraggio di dire ai cittadini che il nostro Paese non può più permettersi questo modello di sistema sanitario nazionale. Ma noi siamo convinti, invece, che serva un patto sociale e politico che ci deve vedere lavorare insieme per rilanciare questo modello di sanità pubblica, equa, universalistica, pilastro della nostra democrazia, conquista sociale irrinunciabile e leva dello sviluppo economico del nostro Paese.
Rispetto al 2019, nel triennio 2020-2022, a fronte dell'emergenza pandemica, sono stati stanziati 18 miliardi di euro aggiuntivi e il livello della spesa sanitaria ha superato il 7 per cento del prodotto interno lordo, mentre attualmente le stesse stime della NADEF in primis e, adesso, anche la proposta di bilancio, con il rapporto spesa sanitaria/PIL in costante e rapida decrescita, temiamo spingano la sanità pubblica verso il collasso definitivo. Si passa dal 6,7 del 2022 al 6,4 del 2025: una percentuale decisamente al di sotto della media europea, lontana anni luce da Paesi quali Francia e Germania. Ma anche se il dato del PIL non fosse attendibile, come la Presidente Meloni e all'unisono tutti gli esponenti della maggioranza dicono in questi giorni, non andrebbe meglio nemmeno se si guardasse alla spesa pro capite, guarda caso anche in questo caso molto al di sotto della media OCSE. È uno dei dati peggiori, anzi, il peggiore tra i Paesi del G7.
Insomma, comunque la si guardi, sia che si legga la NADEF sia che si consideri la proposta di bilancio annunciata ieri, mettono tutte nero su bianco un disinvestimento, un disinteressamento totale nella sanità pubblica. Del resto, che non fosse una priorità per questo Governo l'avevamo già capito da tempo e questa manovra ne è l'ennesima conferma.
In questo quadro, ci vengono in aiuto le risorse importanti stanziate dal PNRR: 230 miliardi in totale, di cui quasi 20 complessivi per la sanità. Qui troviamo importanti risorse per 1300 case di comunità, 600 COT, 400 ospedali di comunità per i quali servono ovviamente risorse per il personale, affinché non rimangano scatole vuote. Invece, al personale, per attuare le case di comunità, la proposta di bilancio relega delle briciole: 250 milioni per il 2024, 350 per gli anni a seguire. Peccato che anche nella bozza del Piano di revisione del Governo abbiamo visto dei tagli: meno 414 case di comunità, meno 96 ospedali di comunità, meno 76 COT; non si sa dove, ma sono tagli. Avete sempre fatto una campagna elettorale dicendo che eravate pronti a fare investimenti consistenti, a migliorare le cose, a irrobustire i servizi per i nostri territori e invece siamo qui a contare i tagli e ad ascoltare ancora una volta le vostre bugie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
Sulla sanità pubblica, state mentendo al Paese e restituiamo al mittente la frase della Presidente Meloni che riporto: le bugie non corrispondono alla realtà delle cose. Siamo d'accordo, è vero, perché dalle mie parti si dice che lo capiscono anche i bambini che con i 136 miliardi del 2024 - il più grande investimento mai visto sulla sanità pubblica - non si fanno le stesse cose che si facevano con i 116 del 2019 e la spesa in miliardi va aumentata e proporzionata all'aumento dei prezzi. Usare il numero assoluto non vuol dire niente, non ha assolutamente senso. Se si fa questa operazione si vede che la spesa sanitaria, in rapporto all'aumento dei prezzi, scende nel 2024 perché perde il potere di acquisto di 1,5 punti percentuali, a cui si aggiunge il taglio del 2,7 per cento operato dal Governo Meloni nel 2023. Complessivamente, quindi, il taglio cumulativo è del 4,1 per cento, che significa 5,6 miliardi in meno per la nostra sanità pubblica.
Con quali risorse, quindi, andiamo ad attuare il rilancio della sanità, a implementare le case di comunità, le centrali operative, l'infermiere di famiglia, le unità di continuità assistenziale, l'assistenza domiciliare, gli ospedali di comunità che son tutti elementi fondamentali per la riorganizzazione del lavoro, del territorio e per la buona riuscita del modello delineato dal PNRR e dal decreto n. 77 del 2022? È vero, ci sono anche difficoltà di personale e la pandemia ha ulteriormente evidenziato la gravissima carenza di personale sanitario nel nostro sistema, con un crescendo di difficoltà a reperire sul mercato del lavoro personale medico e infermieristico a seguito non solo del blocco del turnover ma anche delle misure di contenimento delle assunzioni, facendo sì che negli ultimi anni il personale a tempo indeterminato sia fortemente diminuito.
Siamo al collasso, mancano 15.000 medici e va ancora peggio con gli infermieri. Eppure la parola “assunzione” non c'è, non c'è nella NADEF, non c'è nella legge di bilancio e non c'è nemmeno l'impegno ad eliminare il tetto di spesa sul personale, un tetto anacronistico, risalente al 2004, facile alibi per le regioni che non vogliono assumere. La promessa di rivalutare il trattamento economico di tutto il personale medico e sanitario è rinviata a futura memoria, nonostante le retribuzioni dei medici siano al terz'ultimo posto in Europa. Nel mentre, però, la sanità privata viene promossa: per quest'ultima abbiamo trovato 600 milioni in più. In questo modo, lo Stato diventa il principale cliente della sanità privata.
Obiettivo di questo Governo è abbattere le liste di attesa, siamo d'accordo, ma non siamo d'accordo sulla strada che avete intrapreso, pensiamo che sia una strada sbagliata. Pagare gli straordinari al personale, continuando a investire su quel personale già stremato, senza aggiungere risorse nuove, pensiamo che non serva a rilanciare il Servizio sanitario nazionale, così come non va bene finanziare la sanità privata e non vorremmo che si cominciasse a sdoganare in modo surrettizio la privatizzazione del sistema sanitario nazionale, un po' sul modello di alcune regioni che voi stessi governate.
Crediamo, infatti, che la carenza di medici e di infermieri sia un tema nazionale, ma nelle aree interne del Paese comporta una desertificazione sanitaria importante, con stipendi da fame, turni di lavoro massacranti e pochi contratti a tempo indeterminato. Così, non va bene, crediamo che non sia il modo giusto per affrontare questa situazione, in un momento in cui la spesa sanitaria privata è arrivata per ogni famiglia a 1.700 euro, tanto che il 5,2 per cento dei nuclei familiari vive in disagio economico per le spese sanitarie, l'1,5 si sta impoverendo per queste spese e il 2,3 per cento sostiene spese che ritiene essere catastrofiche.
In questo quadro, già profondamente segnato da divari territoriali, è irricevibile la proposta di autonomia differenziata, perché andrebbe a cancellare il nostro sistema sanitario nazionale, tradendone i principi di universalità, equità e solidarietà per tutti i cittadini, indipendentemente dalle proprie origini, dalla residenza e dal censo. Ce lo ha ricordato anche il Presidente Mattarella che, nel discorso della fine del 2022, ha detto: “Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre di più al centro la persona e i suoi bisogni concreti nel territorio in cui si vive”. Sì, perché non possiamo accettare che i cittadini rinuncino a prestazioni sanitarie nel pubblico a favore di strutture private che sono in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali e anche in tempi più rapidi. Peccato che la sanità privata integrativa non abbia gli obblighi della sanità pubblica, non abbia l'obbligo dei LEA e possa selezionare i pazienti e anche le prestazioni.
A noi rimane invece in carico tutta la prevenzione e la gestione delle cronicità e delle attività di emergenza e di urgenza. Per questo motivo, abbiamo pensato di proporre questa mozione e per lo stesso motivo andremo in piazza, l'11 novembre, per ascoltare - cosa che non fa questo Governo - la voce e la preoccupazione dei cittadini italiani, di 5 milioni di persone che quest'anno non sono riusciti a curarsi, perché dietro quei numeri ci sono persone in carne e ossa, uomini e donne, giovani e anziani, bambini e ragazzi, che chiedono di farci carico delle loro preoccupazioni, delle loro speranze e dei loro diritti.