Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, affrontiamo oggi attraverso queste mozioni il tema dell'emergenza abitativa, tema importante e purtroppo drammatico ancora per troppi nostri concittadini. È un fenomeno in evoluzione, che va studiato, conosciuto e compreso per capire come intervenire nel migliore dei modi. Ci troviamo ad affrontare questo tema dopo che il Governo ha deciso di non rifinanziare il contributo all'affitto né il Fondo per la morosità incolpevole, gli unici ammortizzatori sociali che erano rimasti nel settore delle locazioni.
Il primo ragionamento che vorrei accennare è proprio quello sul concetto di emergenza. Purtroppo, da tempo i temi della casa, della mancanza di casa, e della precarietà abitativa sono vissuti come reale emergenza solo da coloro che li subiscono e da pochissimi che con loro se ne occupano e provano a trovare soluzioni. Per lo Stato, a giudicare da come se ne occupa, questa realtà non è trattata realmente come emergenza ma solo, al massimo, nominalmente. Infatti, da tempo la crisi abitativa è divenuta una crisi sistemica e in quanto tale sarebbe bene affrontarla. Il termine emergenza, peraltro, è ampiamente abusato nell'amministrazione pubblica anche per altre vicende, in maniera talvolta grottesca, come quella che riguarda l'emergenza freddo o l'emergenza caldo, legata a fenomeni meteorologici che si ripetono annualmente, e si vanno così a svilire quelle situazioni che sono realmente emergenziali, come i terremoti o come quella che stiamo vivendo in questo tempo, a seguito delle alluvioni in Emilia. Ma il termine emergenza non è un termine neutro, l'emergenza ricerca, per l'appunto, risposte emergenziali, quindi non definitive, non prospettiche, per rispondere all'immediato, nel migliore dei casi, spesso aggirando le norme e comunque senza una pianificazione che aspiri ad essere risolutiva. Così le emergenze in Italia durano decenni, precarizzando le situazioni, perpetuando le incertezze, le irregolarità, gli abusi, perdendo il pathos vero del dramma. Noi vorremmo rispondere al dramma dell'emergenza abitativa vera guardando alla vita reale di tanti concittadini e proponendo misure rapide e indispensabili dinanzi ai loro bisogni ma, contemporaneamente, guardare la realtà di un Paese in evoluzione e provare a implementare nuove politiche sulla casa di prospettiva. che diano risposte nel tempo. Veniamo da anni difficili, quelli della pandemia, che hanno molto da dire anche sull'argomento di cui oggi parliamo, anni in cui sono stati messi in campo provvedimenti eccezionali, certamente condivisibili per la dimensione degli eventi ma che ci hanno anche disvelato, in maniera nuova, le grandi disuguaglianze presenti nel nostro Paese e nelle nostre città. Penso solo al nome della misura riassuntiva dei primi provvedimenti: io resto a casa. Giusto, ad avercela una casa, avrebbero potuto rispondere le migliaia di senzatetto del nostro Paese. In quei giorni, qualcuno ha parlato del virus come di una odierna livella, ricordando Totò, ma così non è stato. Non lo è stato tra Paesi che hanno sistemi sanitari diversi tra loro, e, quindi, conseguenze diverse sulla popolazione, e non lo è stato nel nostro Paese e nelle nostre città. Se quella situazione, infatti, ci ha messo tutti dinanzi ad alcune domande di fondo, non ci ha però reso tutti uguali. Lo abbiamo capito subito, ad esempio, guardando il mondo delle carceri, lo abbiamo capito guardando alla scuola e alla presenza di tanti bambini e ragazzi disabili nelle scuole. C'è stato poi l'universo degli anziani, connesso a doppio filo con la grande malattia del nostro tempo, la solitudine. Ci sono poi i tanti che vivevano e vivono un po' alla giornata, con lavoro in nero, lavoretti occasionali, aiuti, solidarietà ricevuta. Potremmo continuare. Pensiamo a cosa abbia voluto dire “io resto a casa” per chi viveva in un campo rom o in un centro di accoglienza e abbiamo anche assistito al paradosso di alcuni senza dimora che, in quei giorni, sono stati multati perché trovati in strada. Pensiamo anche ai bambini, alle persone che vivono in case inadeguate, sovraffollate, a quelli che non comparivano nelle foto sui social di quel periodo.
Ecco, tutto questo si è intrecciato profondamente con il tema della casa. Proviamo allora, con i dati a nostra disposizione, a comprendere meglio il fenomeno di cui parliamo. I dati del 2021 dell'Istat ci mostrano 18 milioni di famiglie, il 70 per cento del totale in Italia, come proprietarie dell'abitazione in cui vivono, mentre 5 milioni, circa il 20 per cento, vivono in affitto e 2 milioni dispongono dell'abitazione in usufrutto o a titolo gratuito. Le famiglie proprietarie di un'abitazione, che pagano un mutuo, rappresentano il 12,8 per cento del totale, circa 3,3 milioni di famiglie. In corrispondenza, sono 42,7 milioni, il 72 per cento, gli individui che vivono in case di proprietà, 11,8 milioni vivono in affitto e 4,4 milioni in usufrutto o in uso gratuito.
Come noto, sin dal dopoguerra le famiglie italiane hanno mostrato un'elevata propensione all'acquisto dell'abitazione. Secondo i dati Eurostat più recenti, quelli relativi al 2020, la percentuale di individui che vive in affitto a titolo gratuito, pari in Italia al 24,9 per cento, resta significativamente inferiore alla media dei Paesi dell'area euro, che si attesta al 34 per cento. L'affitto è più diffuso tra le famiglie meno abbienti. Nel quinto di famiglie più povero, la percentuale di quelle in affitto è pari al 31 per cento. Tale valore scende al 24 per cento nel secondo quinto, rimanendo al di sopra della media nazionale. La percentuale si riduce all'11 per cento tra le famiglie più benestanti, quelle che appartengono all'ultimo quinto di reddito equivalente. A vivere in affitto sono le famiglie di più recente costituzione, il 48 per cento delle persone sole con meno di 35 anni e il 40 per cento delle giovani coppie. Percentuali elevate si osservano anche tra le persone sole di 35-64 anni, tra le famiglie monogenitoriali con figli minori e tra quelle con almeno 3 minori. Vive, infine, in questa condizione il 35 per cento delle famiglie in cui il principale percettore di reddito è disoccupato e il 68 per cento delle famiglie con stranieri. La quota sale al 73 per cento per le famiglie composte da soli stranieri, tra le quali poco più di 1 famiglia su 2 vive in una casa di proprietà.
Le famiglie meno abbienti riescono con più difficoltà a sostenere il peso finanziario di un mutuo. Solo il 6 per cento delle famiglie del quinto più povero ha accesso ad un mutuo, contro il 18 per cento delle famiglie del quarto e il 17 per cento delle famiglie dell'ultimo quinto. Sono, giocoforza, le famiglie di più recente costituzione quelle che accedono con più frequenza a un mutuo. Si osserva, inoltre, una differenza significativa tra Nord e Mezzogiorno: il 15 per cento delle famiglie contro il 9,1 per cento a vantaggio della prima ripartizione.
L'incidenza di povertà assoluta è maggiore tra le famiglie che vivono in affitto. Nel 2021, le oltre 889.000 famiglie povere in affitto corrispondono al 45 per cento di tutte le famiglie povere, con un'incidenza di povertà assoluta pari al 18 per cento, contro il 4,3 per cento di quelle che vivono in abitazioni di proprietà. L'analisi del titolo di godimento dell'abitazione mostra come l'incidenza di povertà assoluta delle famiglie dove sono presenti minori sia pari al 28 per cento se la famiglia è in affitto, contro il 6,4 per cento di quelle che posseggono un'abitazione di proprietà e il 13 per cento delle famiglie in usufrutto o in uso gratuito. Cioè, è opportuno tenerlo in debito conto, i bambini di cui spesso parliamo e che tanto vorremmo, vivono di più nelle case in affitto e tra chi è più indietro economicamente. Le famiglie in affitto residenti nel Mezzogiorno mostrano valori dell'incidenza di povertà assoluta pari al 22 per cento, rispetto al 17 per cento del Nord e al 15 per cento del centro.
Oltre il 70 per cento delle famiglie italiane risiede in immobili costruiti prima del 1990 e oltre una famiglia su 10 vive in abitazioni precedenti al 1950: si tratta del 18 per cento delle famiglie che vive nei centri di area metropolitana. Quelle che vivono in abitazioni costruite dal 1990 al 2021, pari al 23 per cento, sono più frequenti nei comuni delle periferie delle aree metropolitane e nei comuni tra i 10.000 e i 50.000 abitanti. Sono, in generale, le famiglie più abbienti ad abitare in immobili di costruzione più recente.
Nel 2021, la presenza di strutture danneggiate - tetti, soffitti, finestre e pavimenti - riguarda circa il 12 per cento delle famiglie residenti, mentre il 14 per cento lamenta problemi di umidità nei muri, nei pavimenti, nei soffitti e nelle fondamenta. Le spese per l'abitazione - condominio, riscaldamento, gas, acqua, altri servizi, manutenzione ordinaria, elettricità, telefono, affitto, interessi passivi sul mutuo - rappresentano una parte significativa del bilancio familiare e possono incidere soprattutto sulla capacità di spesa delle famiglie meno abbienti. L'incidenza delle spese per l'abitazione è, ovviamente, più alta per le famiglie in affitto, arrivando a quasi un terzo del loro reddito, quasi il 28 per cento; valore superiore anche a quello delle famiglie proprietarie, con mutuo al lordo della quota in conto capitale. Le situazioni considerate di maggiore vulnerabilità, ossia quella in cui il rapporto tra le spese per l'abitazione e il reddito appare particolarmente elevato, si individuano così tra le persone sole, in particolare quelle fino a 34 anni, tra le famiglie monogenitoriali con figli minori e tra le giovani coppie.
Dinanzi a questo quadro, il definanziamento del Fondo per il sostegno all'affitto e del Fondo per la morosità incolpevole ci appare particolarmente grave. Inflazione, caro bollette, calo del potere d'acquisto dei salari e mancanza di alloggi a prezzo accessibile: questi sono gli ingredienti dell'emergenza abitativa, oggi, in Italia, che si sta verificando e sta crescendo ogni giorno. Sono sempre di più le famiglie sotto la soglia di povertà, sotto sfratto o in attesa di una casa popolare. Negli ultimi anni, trovare un'abitazione in affitto è sempre più difficile: la domanda cresce, mentre l'offerta fatica a tenere il passo, anche a causa dell'aumento degli affitti turistici e della finanziarizzazione del mercato immobiliare. Soprattutto nelle grandi città, nella nostra capitale, i prezzi sono sempre più alti, spesso non giustificati dallo stato degli immobili.
La casa è il luogo primario per la propria indipendenza, in cui formare una famiglia e a cui ognuno dovrebbe aver diritto. La grave sofferenza in cui si trovano troppe persone nel nostro Paese rispetto all'accessibilità all'abitare è uno dei drammi principali per troppi. Molto spesso, le nostre città hanno troppi spazi, pubblici e privati, e troppe case vuoti e troppe persone senza una casa. I numeri sono impressionanti, spesso esistono città nella città in crisi abitativa. C'è il grande tema della gestione dell'edilizia residenziale pubblica. Ci sono, poi, case appartenenti ad enti o ad ex istituti come le IPAB. È chiaro che vedere, ancora oggi, tanti immobili ERP occupati è uno schiaffo alla giustizia e a chi onestamente cerca di risolvere il proprio disagio abitativo.
Molti cambiamenti sono occorsi nel nostro Paese in questi decenni. Pensiamo a quelli demografici, con la riduzione del numero dei componenti del nucleo familiare, all'avanzata dell'età media, alla crescita del numero degli anziani, al fenomeno della solitudine e dei nuclei monoparentali, ai temi legati ai giovani e agli studenti universitari, ai temi legati all'ambiente e alla crisi energetica, a quelli economici legati alla precarizzazione del lavoro, ai fenomeni legati alle migrazioni e ai nuovi cittadini.
Noi proponiamo interventi che tengano conto della mutata realtà del Paese e che, in base a tali cambiamenti, debbano essere innovativi e, in alcuni casi, sperimentali. Sono proposte di buonsenso, che partono dalla vita reale delle persone delle nostre città e che vorrebbero aprire una nuova stagione, in cui la casa sia un diritto considerato realmente da tutti. I temi della casa e dell'abitare sono per noi una priorità, su cui credo sia necessario intervenire anche per ricreare giustizia sociale. Da un lato, infatti, si dà per scontato che la casa sia il luogo primario in cui vivere e crescere, dall'altro, è innegabile, a tante persone questo diritto viene ancora negato. Ecco, Presidente, è giunto forse il tempo di cominciare a rimediare a questa ingiustizia.