Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 8 Marzo, 2022
Nome: 
Serse Soverini

Grazie, Presidente. Io vorrei intervenire sul tema. Molte cose sono state dette dai colleghi che mi hanno preceduto in termini di dati, di andamento del settore, di macrodati. Intanto vorrei intervenire dichiarando da subito la nostra disponibilità a occuparci di un settore, come quello della moda, che ricopre un ruolo importantissimo, perché 97 miliardi di fatturato annui sono una cifra importantissima ed è anche un settore che ha un impatto occupazionale di grande rilevanza, di cui dobbiamo tenere conto.

È un settore che definisce il profilo del nostro Paese nel mondo, vi è un brand riconosciuto e incontestabile, l'essenza del made in Italy, non c'è dubbio. Ed è un settore che ha al suo interno livelli diversi di competenze che sono rilevantissimi. Quindi, è un patrimonio: il settore della moda è un patrimonio nazionale, perché - lo possiamo dire - appartiene al nostro Paese più di quanto appartengano alla nostra immagine altri settori.

È stato richiamato ciò che possiamo fare sia in termini di urgenza, sia in termini di prospettive del settore per rispondere alla crisi - qualcosa è stato fatto con i crediti di imposta e con altri ristori - che il settore stesso ha subito con il COVID, enorme e devastante, e adesso con il rincaro delle materie prime. Questi sono problemi sui quali dobbiamo sicuramente intervenire in modo immediato in termini di sostegno e sempre nell'ottica, che ho detto all'inizio, di responsabilità complessiva di tutto il Parlamento, perché qui nessuno si può tirare indietro. Però vi sono anche discorsi strategici da fare: dobbiamo iniziare a vedere questo settore in prospettiva.

E allora, siccome sono state richiamate le competenze, sulle competenze noi stiamo facendo uno sforzo molto intenso, in particolare su quelle professionalizzanti. Prima sono stati citati gli ITS: sugli ITS siamo impegnatissimi - non impegnati, impegnatissimi! - perché sappiamo benissimo che sono competenze decisive per il mantenimento dei tassi di sviluppo e per la crescita della competitività di tutto il settore manifatturiero. Ecco, sulle competenze penso che occorra cominciare da quelle ITS per procedere, se vogliamo, con quelle un po' più alte, perché il settore della moda sta vivendo una trasformazione complessa, che lo vede proiettato in ambiti di megatrend, sostenibilità e digitale, però, allo stesso tempo, deve saper navigare in questi mari muovi, mantenendo fermo il proprio cuore, ossia quella competenza multilivello che va dall'artigiana, dall'artigiano, dal lavoro manuale a un lavoro un po' più complicato, e qui dobbiamo saper veramente investire. Senza quel cuore, noi perdiamo l'essenza del made in Italy ed è anche il motivo per il quale molte imprese investono in Italia: proprio per sfruttare quella competenza diffusa su tutto il nostro territorio.

Allora, se parliamo di competenze, bisogna stabilire un punto molto chiaro: bisogna mettere insieme una volta per tutte - questo è un problema che riguarda molti settori - il sistema formativo con la domanda delle imprese: dobbiamo aderire il più possibile, a livello di scuola professionale, scuola tecnica e ITS. Dobbiamo aderire, e sottolineo aderire, perché c'è ancora un solco profondo tra ciò che l'istruzione fa e ciò che le imprese chiedono: è un solco culturale, perché ancora consideriamo che l'addestramento al lavoro e le competenze siano uno svilimento delle persone. Da questo punto di vista, ne faccio una battaglia personale, perché penso, invece, che la competenza sia libertà, sia diritto dei giovani di possederla. Poi vi sono le conoscenze della persona che dobbiamo garantire a tutti. Al riguardo, dobbiamo fare uno sforzo, perché qualsiasi famiglia che manda un ragazzo ad una scuola tecnica o professionale ha il diritto di vedere che quel ragazzo esce competente da quelle scuole e può trovare un lavoro dignitoso di un certo tipo. Questo discorso vale anche nella moda. Quindi, questo è il primo punto serio che dobbiamo affrontare e non limitarci ai macrodati sull'andamento del settore.

Mettere mano al settore significa mettere insieme, attorno a un tavolo, scuole e imprese, e avere il coraggio di chiedere di cosa c'è bisogno e, soprattutto, come manteniamo viva e trasferiamo alle nuove generazioni una tradizione manifatturiera, che sta in tanti livelli, professionale, tecnico e tecnico superiore. Abbiamo bisogno anche di funzioni più alte, perché la moda oggi vive in un mondo fatto di digitalizzazione, di proiezione internazionale, di filiere internazionali. Oggi, più che mai, stare in una filiera internazionale, come la moda fa - perché la moda è un settore che lavora nella filiera internazionale -, richiede competenze complesse, competenze di marketing, di digitalizzazione, finanziarie, che dobbiamo assolutamente assicurare, perché i fatti di questi giorni dimostrano che stare su una filiera globale è diventato un mestiere molto pericoloso, bisogna saperlo fare, soprattutto in termini di forniture.

Su questi aspetti, siamo totalmente d'accordo che dobbiamo fare uno sforzo unitario. Segnalo che, in quest'Aula, la legge sugli ITS è stata votata all'unanimità. Io ho fatto una proposta, che è stata inclusa, in buona parte, all'interno della legge sugli ITS, ma abbiamo anche cercato di raccogliere l'impegno di tutti. Allora, se dobbiamo parlare di formazione nella moda, dobbiamo veramente avere la forza non solo di fare proclami, ma di mettersi al tavolo e rompere muri, e questo è molto importante.

Per quanto riguarda il PNRR, che, sostanzialmente, è condizionato dalla digitalizzazione green, è chiaro che, nell'ambito della moda, si può fare tantissimo. Sul green - è stato detto -, soprattutto in termini di sostenibilità del processo, più che del prodotto, c'è tantissimo lavoro da fare, anche perché non è facilissimo rendere sostenibile il processo del tessile. Da questo punto di vista, bisognerebbe avere un po' più di coraggio e servono competenze alte di ricerca su prodotti, processi e via dicendo.

Sulla digitalizzazione, io vedo lo sforzo che fanno tante imprese, dal CAD, alla personalizzazione via CAD. Basta girare un po'; per chi fa il nostro lavoro, c'è il privilegio di poter visitare tante realtà. Nel calzaturiero, per esempio, il CAD ha un'importanza enorme, perché si lavora sul personalizzato. E qui stiamo parlando di digitale, perché il CAD è digitale e dobbiamo assolutamente investire per quanto riguarda, sia l'acquisto delle tecnologie, sia i costi di formazione, perché si tratta veramente di un investimento in competenze nuove per molte aziende. Quindi, se vogliamo fare un lavoro serio e concreto, dobbiamo prendere gli aspetti relativi al PNRR, le voci di investimento e calarle all'interno del settore manifatturiero.

Bisogna stare attenti, perché noto una certa confusione, per esempio, sul termine “innovazione”. Nel nostro Paese, vi è una caratteristica che, spesso, viene sottovalutata: noi abbiamo settori maturi, che non sono più considerati tra quelli innovativi del futuro, sui quali facciamo la nostra ricchezza e la moda è uno di questi. Allora, quando parliamo di innovazione, cerchiamo di adattarla alle nostre realtà produttive. Il digitale all'interno della moda, nel PNRR, cosa significa? Qualcuno l'ha detto? Qualcuno lo sa? Come lo caliamo nella moda? Il green, come lo caliamo nella moda? Attenzione, perché rischiamo di perdere delle opportunità, perché il PNRR è l'opportunità con la “o” maiuscola. Allora mettiamoci, da questo punto di vista, a lavorare senza proclami e vediamo, voce per voce, cercando di fare anche un lavoro, che le Commissioni possono fare, voce per voce, su quello che noi possiamo calare in un settore così decisivo, così importante. Questo vale per l'innovazione e per le competenze. Se siamo d'accordo, possiamo iniziare un lavoro da subito e cercare di capire, nell'ambito del settore della moda, quali siano le competenze, gli investimenti e i soldi che dobbiamo mettere. Da questo punto di vista, il Partito Democratico è a completa disposizione.

Rimane il fatto che è un settore composto per lo più da piccole imprese - io parlo, soprattutto, in termini di fornitura, di produzione, non tanto di vendita - e lì dobbiamo anche cercare di sostenere.

Capisco che qui abbiamo tutti la tendenza a dire che bisogna diventare grandi, ma tu lavori in una nicchia mondiale che è di 20 milioni in tutto il mondo, perché noi abbiamo imprese che lavorano dentro nicchie che sono piccole; non è che possono diventare più grandi della nicchia. Tuttavia, abbiamo anche il vantaggio di presidiare tante nicchie piccole che, sommate tra di loro, fanno anche la competitività del Paese. Quindi, rinforziamo le imprese, ammodernandole, che, per forza di cose, sono piccole e rimangono piccole, però, anche, nel piccolo, possiamo portare competenze nuove. Ed è lì che la politica fa fatica ad intravedere, all'interno del suo microscopio, questi organismi piccoli e intervenire su questo.

Il tema dei negozi, lo semplifico per farmi capire. Non possiamo ostacolare la rivoluzione dell'e-commerce, non c'è niente da fare. Certo, dobbiamo sostenerla il più possibile, poi, è chiaro che, laddove c'è qualità, il negozio tiene, perché, con l'e-commerce, è difficile che si comprino prodotti di alta qualità online, per lo meno, se ne comprano meno. Da questo punto di vista, è chiaro che la qualità e l'apertura dei negozi si mantengono unite.

Quindi, noi ribadiamo il nostro pieno appoggio alle politiche che si possono fare per questo settore. Penso che abbiamo elencato le nostre le priorità, come la formazione e l'innovazione, ma ci permettiamo di fare il punto sul metodo. Non facciamo proclami, perché, di proclami, non ne ha bisogno più nessuno, né visioni macroeconomiche. Proviamo, se vogliamo fare una cosa seria, nelle Commissioni competenti, a metterci intorno a un tavolo con chi lavora nella moda e a trovare soluzioni concrete che siano veramente efficaci ed efficienti per questo settore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).