Presidente, grazie. Siamo alle porte di elezioni europee che saranno elezioni europee decisive per il futuro dell'Europa e, dunque, per il futuro di tutti noi. Dunque, io vorrei iniziare questo breve intervento con un dato di fatto che a me pare oggettivo: la proposta politica sovranista in Italia, nel nostro Paese ha fallito, cioè ha fallito quell'idea portante su cui i due partiti di maggioranza più importanti e su cui il partito a cui fa riferimento la Premier Meloni hanno costruito il loro consenso per anni, perché noi, Presidente, non dimentichiamo che il consenso dell'attuale maggioranza si è costruito sull'astio, sulla diffidenza e sullo sbeffeggia verso l'Unione europea. Eravamo invasi, invasi di video addirittura dove leader della maggioranza attuale chiedevano che si uscisse dall'euro, che si uscisse dalla moneta unica e soprattutto chiedevano per ogni dossier, su ogni dossier e su ogni tema che ci fosse meno Europa. Quindi, io penso che noi in Italia possiamo dire che di quella proposta politica sovranista non rimane più nulla e non so se questa stessa autenticità, questa stessa verità, l'abbia trasmessa la Premier Meloni ai suoi amici Abascal e Le Pen.
Presidente, dicevo prima che si avvicinano le elezioni europee e, dunque, io credo che le persone serie oggi devono provare a fare dei bilanci sugli ultimi anni. Io vorrei dire con chiarezza che non sono d'accordo con la Premier Meloni che ieri ha detto che tutte le priorità sono state sbagliate in questi anni dalla Commissione europea e dall'Unione europea. Però, oltre ai bilanci sugli ultimi anni noi dobbiamo, in vista delle prossime elezioni, dirci quali sono i nuovi obiettivi. Penso che per farlo dobbiamo elencare alcune condizioni necessarie, cioè delle condizioni senza le quali noi difficilmente possiamo darci nuovi obiettivi, nuovi obiettivi in un mondo che sta cambiando molto velocemente. Quindi, devono essere nuovi obiettivi chiari, con delle leadership che sappiano supportarli, perché se non penso come la Premier Meloni - e non penso che le priorità della Commissione europea siano stati sbagliate in questi anni - penso, però, che il mondo sia andato talmente velocemente che, sì, c'è bisogno di decisioni importanti nei prossimi anni.
Allora, quali sono le 5 condizioni che io ritengo necessarie? La prima: l'efficienza esecutiva del PNRR o, meglio, di quel che resta del PNRR. Noi, dall'opposizione, non abbiamo risparmiato critiche al Governo. Ci siamo resi conto molto bene che il PNRR era fatto di tanti investimenti, con tante riforme, e che ora ci troviamo una sorta di bancomat diminuito, con un'azione riformatrice molto ridotta e, peraltro, investimenti ridotti in settori strategici come la sanità, come gli asili nido. Ciononostante, oggi, di quel che resta del PNRR, noi ci auguriamo che ci sia un'efficienza esecutiva, cioè che quei soldi vengano spesi e vengano spesi rapidamente sui progetti che sono rimasti. Perché io ritengo che questa sia una condizione necessaria? Perché dall'efficienza esecutiva del PNRR dipende la credibilità nostra, la credibilità dell'Europa e, dunque, anche la possibilità di darci nuovi obiettivi.
Seconda condizione necessaria: lo scampato pericolo - e sottolineo: scampato pericolo -, per fortuna, di essere rimasti incastrati nelle vecchie regole della governance economica, nelle vecchie regole del Patto di stabilità e crescita che erano state solo temporaneamente sospese per la pandemia. Ecco, questo sarebbe stato un dramma per l'Italia e solo la silenziosa determinazione del Commissario Gentiloni ci ha permesso di scampare questo pericolo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Noi, oggi, abbiamo una nuova governance economica europea su cui, certo, Presidente, quando la palla è passata ai Governi, il Governo italiano non ha saputo battere i pugni sul tavolo. Io questa espressione non la amo, ma la uso, oggi, qui, proprio perché è stata usata molto spesso da Giorgia Meloni e da Matteo Salvini, quando al Governo non c'erano loro, perché devo sottolineare che quella proposta di riforma di governance economica nelle mani del nostro Governo è peggiorata per l'Italia. Ciò nonostante, meno male che c'è questa riforma e io vorrei dire anche al collega Ricciardi che non vedo una spy story, come lui ha provato a raccontare; è tutto molto chiaro: c'era una proposta iniziale della Commissione, non c'è stato il miglioramento che un Governo forte avrebbe potuto probabilmente ottenere, ma meglio la nuova governance economica di ciò che avevamo prima e dentro cui saremmo ricaduti. Mi auguro, collega Ricciardi, che non vogliate perdere tempo con prossimi giurì d'onore, ma che ci si possa concentrare per le prossime elezioni europee, per il futuro dell'Europa e di tutti noi, sulle cose concrete che servono agli italiani.
Terza condizione necessaria: l'Europa non può più essere solo la regina della regolazione. Dico “solo” perché fare regole buone è cosa giusta e io penso, ad esempio, che il fatto che l'Unione europea sia l'Unione europea anche del GDPR, che l'Unione europea sia l'Unione europea anche del nuovo regolamento sull'intelligenza artificiale sia cosa buona, però, non basta più. Proprio perché il mondo cambia molto velocemente, noi abbiamo bisogno di dire con chiarezza che è una condizione necessaria che l'Europa diventi anche l'Europa degli obiettivi comuni, da finanziare, però, con risorse comuni.
Quarta precondizione: lo Stato di diritto. Presidente, su questo punto non è vero che l'Unione europea in questi anni non ha fatto nulla e non è vero che le priorità siano state sbagliate, a meno che la Premier Meloni non ritenga che sia sbagliato aver introdotto la condizionalità sui fondi europei, cioè il fatto che non vadano risorse europee a chi non rispetta lo Stato di diritto. Spero, appunto, che Giorgia Meloni condivida che l'Unione europea fa i suoi interessi quando difende i suoi valori e ogni riferimento, ad esempio, all'Ungheria di Orbán è un riferimento puramente casuale.
Ecco, Presidente, io ritengo che questa sia la quarta precondizione per fare passi in avanti: continuare ad avere come priorità l'Europa dei diritti.
Poi, chiudo sul quinto punto, sulla quinta condizione necessaria: provare a cambiare i meccanismi decisionali, provare a superare il meccanismo dell'unanimità, evitare la paralisi su temi che sono strategici, anche con gruppi di Paesi, con cerchi concentrici, con tutto ciò che possa, sì, rafforzare la democrazia europea, perché la democrazia è forte quando ha dei meccanismi che le consentano di decidere.
Ebbene, lei potrebbe retoricamente chiedermi: ma queste condizioni necessarie sono necessarie per cosa, per fare che cosa? Io penso che la sintesi migliore sia dire che noi abbiamo bisogno, nei prossimi anni, in Europa, di chiarirci su quali sono gli obiettivi comuni dell'Unione europea e di trovare delle risorse comuni per finanziare questi obiettivi comuni. Ora, Presidente, noi non partiamo da zero, perché il fatto che in questi mesi, in questi anni, a Bruxelles si sia data cittadinanza a un tema come le politiche industriali europee è già di per sé una svolta concettuale e perché è una svolta concettuale? Perché noi eravamo, anni addietro, ancora abituati al fatto che si dovesse parlare di competitività di uno Stato membro contro l'altro, della Germania contro la Francia, dell'Italia contro la Spagna, della Spagna contro la Francia. Oggi, ha cittadinanza in Europa il fatto che occorra parlare di competitività e di sviluppo dell'Unione europea nel suo complesso, perché deve far fronte a colossi come gli Stati Uniti e come la Cina che hanno delle politiche economiche molto chiare rispetto ai loro interessi. Allora, è evidente - e su questo sono persino d'accordo col collega Ricciardi - che occorra colmare l'assenza di capacità fiscale autonoma dell'Unione europea, ma per fare cosa? Per avere uno strumento sovrano di politica industriale europea, che possiamo, se vogliamo, per semplicità, magari, perché ormai è anche conosciuto dai nostri cittadini, chiamare Next Generation EU strutturale, ragion per cui è importante che ci sia l'efficienza esecutiva del PNRR, lo ripeto, e su questo noi marcheremo stretto il Governo. E per capire questo strumento sovrano che cosa debba fare, io, al contrario del collega Ricciardi, penso che alcuni spunti interessanti ci potranno arrivare da ex Premier autorevoli del nostro Paese - ricordo il rapporto già pubblicato del Presidente Letta e il rapporto che avrà una pubblicazione prossima e di cui abbiamo avuto delle anticipazioni dell'ex Premier Draghi - e, in ogni caso, penso che gli obiettivi comuni sono dentro le priorità di questi anni dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) e il primo, lo ripeto, il primo, per noi e per le prossime generazioni, il primo innegabile, per chi ha a cuore il futuro dei figli e dei nipoti, non può che essere la conferma della transizione ecologica, con la neutralità climatica al 2050.
Presidente, sarebbe un errore storico tornare indietro e su questo l'Unione europea, in questi anni, è stata addirittura apripista. Bruxelles ha aperto e Stati Uniti e Cina sono stati costretti a seguire. Ora, abbiamo fatto tutto e la pratica è chiusa? Assolutamente, no. Dobbiamo capire come andare avanti. Ecco gli obiettivi comuni per i quali dobbiamo trovare risorse comuni, perché non c'è più tempo per negazionismi sovranisti, sarebbero un gioco, una perdita di tempo.
Noi dobbiamo chiederci come accompagniamo le famiglie e le imprese in questa transizione, dobbiamo chiederci come non mettere in contrapposizione la transizione ecologica con la tenuta sociale ed industriale del Paese. Insomma, dobbiamo chiederci come finanziamo la neutralità climatica al 2050. Risorse comuni per obiettivi comuni.
Lo stesso ragionamento lo posso fare per un altro obiettivo comune, che io chiamo difesa comune europea, che, a tutti gli effetti, è politica estera e di sicurezza dell'Unione europea, perché - e per suo tramite rispondo sempre al collega Ricciardi, Presidente - la pace non è un'emozione; magari fosse così; la pace è una questione molto concreta, molto pragmatica. E, nell'indebolimento del multilateralismo che noi viviamo, che si accompagna però al moltiplicarsi di sfide globali e di conflitti, solo l'Unione europea può avere la credibilità per avere una voce; e non perché lo dico io, ma perché ha una dimensione direi minima per provare in questo mondo a dire e a fare qualcosa.
Noi ci troviamo oggi, su questi temi, con un'integrazione europea ancora largamente insufficiente, noi ci troviamo oggi con una strategia europea di difesa che è ancora troppo figlia - qui, sì, dobbiamo accelerare - di egoismi nazionali. Questo ragionamento vale io credo qualunque sia l'esito delle prossime elezioni americane con riferimento alle quali, al contrario di altri, non ho dubbi da che parte stare; non ho dubbi su chi io auspico possa diventare di nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America; e ciononostante, penso che la difesa comune europea debba accelerare, qualunque sia l'esito delle elezioni americane.
Allora anche a tale riguardo, dicevo, difesa comune europea significa a tutti gli effetti politica estera e di sicurezza europea, ma, in questi anni, l'Unione europea non ha fatto nulla? No, ha fatto e ha fatto molto, perché la risposta unitaria dell'Unione europea, che c'è stata immediatamente dopo l'invasione russa in Ucraina, assicurando sostegno militare, politico, economico all'Ucraina invasa, è stata importante e veloce e ne sono fiera e orgogliosa; ma certamente dobbiamo chiederci come andiamo avanti e dobbiamo chiedercelo proprio perché siamo una forza di pace; proprio perché l'Unione europea è una forza di pace deve accelerare sulla difesa comune, deve recuperare il tempo perduto nell'integrazione della difesa europea e questo, Presidente, è anche un tema di competitività dell'Unione europea.
Io vorrei dire che non è la prima ragione per cui penso che sia importante; continuo a ritenere che l'Unione europea fa i suoi interessi quando segue i suoi valori e questa è prima di tutto una questione figlia dei valori europei. Ciononostante è anche una questione di competitività. Sì, perché oggi non aver accelerato ancora nella difesa europea ci costa a tutti noi, a tutti noi cittadini europei, 170 miliardi di spreco, 380 euro a cittadino europeo; quindi, già oggi abbiamo una difesa che non è neanche all'altezza della spesa che ha; la difesa non ha la qualità almeno pari alle risorse che già vengono spese per la difesa europea.
Presidente, questo è un grande tema su cui, in un mondo dei sogni, mi rendo conto che non è la realtà, servirebbe un grande sforzo di pedagogia verso l'opinione pubblica europea e non, invece, forze populiste, che ancora purtroppo ci sono, che continuano a speculare, dicendo che si sprecano i soldi in difesa, quando non si mettono sulla sanità e sulla scuola. Ritengo queste pure speculazioni che non vogliono spiegare alle persone le cose come stanno e non vogliono migliorare la loro qualità di vita. Quindi risorse comune per obiettivi comuni; se l'obiettivo comune è chiaro ci dobbiamo chiedere, nei prossimi mesi, quali sono le risorse comuni; si parla di una linea di finanziamento della BEI, di possibili eurobond; ecco, queste saranno le questioni che dovranno avere risposte.
Chiudo Presidente: noi fra poco voteremo come cittadini dell'Unione europea, come cittadini di uno Stato membro importante dell'Unione europea; io spero davvero che si possano avere istituzioni europee, dopo le prossime elezioni, che sappiano, con consapevolezza e con chiarezza, che queste sono le sfide e, soprattutto, spero ci possano essere leadership che sappiano portare avanti queste sfide.