Discussione sulle linee generali
Data: 
Mercoledì, 22 Settembre, 2021
Nome: 
Davide Gariglio

Grazie, Presidente. La mozione, che mi accingo ad illustrare è sottoscritta dal gruppo del Partito Democratico, ma altresì sottoscritta dal gruppo del MoVimento 5 Stelle e dal gruppo di Liberi e Uguali. È una mozione su cui, quindi, i colleghi degli altri gruppi interverranno e su cui vorrei spendere poche parole, ma chiare.

Iniziamo da una premessa. Quando si parla della crisi Alitalia, se ne parla spesso come se questa crisi fosse addebitabile a una responsabilità della politica e primariamente a chi siede nei banchi di questo Parlamento o a chi pro tempore siede nei banchi del Governo. Vorrei sommessamente ricordare a chi ha la bontà di ascoltarci che, negli ultimi dieci anni, la società in questione è stata amministrata da cordate private, spesso presentate come il meglio che l'imprenditoria nostrana offrisse, poi supportate da importanti imprese degli Emirati Arabi. Quindi, si tratta di un'operazione di gestione che ha portato risultati fallimentari, ma che non è avvenuta ad opera della mano pubblica. Oggi - e non solo oggi in tutta questa legislatura -, ci siamo trovati a dover far fronte e mettere delle pezze, a provare a trovare delle vie d'uscita a una crisi che era risalente nel tempo. In un contesto molto difficile, i Governi che si sono succeduti hanno dovuto negoziare con la Commissione europea i limiti e le condizioni di un piano di salvataggio di un pezzo di quell'attività aziendale. È stato predisposto un piano industriale approvato dal Parlamento su cui le Commissioni parlamentari si sono espresse. Su questo piano è stata avviata un'interlocuzione, che ha portato a una decisione della Commissione europea, che è stata notificata la scorsa settimana al Governo italiano, decisione che, ad oggi, è a noi ignota. In questa mozione, tra gli impegni, chiediamo al Governo di mettere tempestivamente tutto il Parlamento nelle condizioni di conoscere il contenuto di quella decisione, anche perché quella decisione è richiamata nell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 121 del 2021, che noi ci apprestiamo a convertire. Poiché gli effetti di quella decisione sono ope legis automaticamente tradotti in atti del programma industriale, ci troviamo nell'imbarazzo di dover autorizzare sul piano industriale le conseguenze di una decisione che non conosciamo. Questo è il primo contenuto della nostra mozione: il Parlamento sia messo nelle condizioni di conoscere.

Secondo elemento. Sappiamo che i limiti di attività della nuova società determineranno un numero altissimo di esuberi, un numero altissimo di persone che non entreranno nel comparto aviation di ITA o che non avranno prospettive occupazionali altrove. Quindi, il nostro obiettivo, comune ad altre mozioni, è quello che il Governo adotti ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, al fine di assicurare la tutela del reddito dei lavoratori, spesso non più giovani, che non saranno assorbiti dalle imprese che seguiranno la gestione in amministrazione straordinaria di Alitalia. Ogni iniziativa utile dovrà essere adottata anche per i lavoratori del call center, attualmente dislocato in Sicilia, che gestivano i contratti di Alitalia; la nuova società ha messo in gara il servizio e se l'è aggiudicato un soggetto diverso; ad oggi abbiamo 621 lavoratori del call center per cui non c'è nessuna garanzia di futuro occupazionale e su cui chiediamo che il Governo intervenga. Chiediamo, altresì, che si creino le condizioni – penso, ad esempio, al personale di volo - per evitare che il personale che non subentra immediatamente in ITA perda le abilitazioni che danno loro la possibilità di lavorare. Per alcune abilitazioni, ad esempio i brevetti per il volo, è necessaria un'attività di manutenzione e di esercizio costante nel tempo, senza la quale si decade dall'abilitazione. Quindi, occorrerà trovare delle modalità per evitare di pregiudicare i lavoratori su questo punto.

Ma veniamo ad ITA. Quello che è successo in questi giorni ci inquieta molto, quello che succede in questi giorni che, peraltro, ci è stato raccontato in un'audizione nelle Commissioni IX e XI del Senato, dove abbiamo audito il presidente esecutivo e l'amministratore delegato di ITA, audizione che non è purtroppo di dominio pubblico, perché è stata secretata per volontà dei soggetti auditi, che non hanno dato il consenso a che venisse trasmessa sul canale web della Camera. Cosa abbiamo saputo? Abbiamo saputo che ITA ha deciso di non applicare il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore del trasporto aereo. Ci è stato risposto “non siamo obbligati, siamo una società nuova, non facciamo parte dell'associazione che l'ha sottoscritto, quindi non l'applichiamo”. Allora, il tema - e lo dico da avvocato - non è sul punto di diritto se ITA è obbligata oppure no a sottoscrivere il contratto collettivo nazionale di settore, il punto è politico. Il tema è: può un'azienda totalmente controllata dalla mano pubblica, di proprietà del Governo e del Ministero del Tesoro, decidere di non applicare la contrattazione collettiva nazionale di settore? Può un'azienda totalmente controllata dalla mano pubblica adottare un proprio regolamento, adottarlo unilateralmente, con cui disciplina l'alfa e l'omega del rapporto di lavoro? Può un'azienda controllata dalla mano pubblica rompere le relazioni sindacali e dire ai sindacati “non preoccupatevi, ci rivedremo, fissiamo già fin da ora il prossimo appuntamento”, ma ad ottobre dell'anno 2022? La risposta per il Partito Democratico è “no”. Io non so cosa pensino gli altri gruppi di questo emiciclo, noi sappiamo quale è la nostra posizione: la nostra posizione è che questo non è accettabile.

A scanso di equivoci, voglio chiarire che abbiamo detto e scritto nella nostra mozione che ITA deve beneficiare di condizioni di flessibilità contrattuali e di costi che siano compatibili con la sua condizione di startup. Non siamo i difensori dello status quo ante: abbiamo detto alle organizzazioni sindacali, quando le abbiamo incontrate in piazza, che devono assumersi questa responsabilità, senza la quale la società non ha un futuro. Sappiamo, crediamo che questa consapevolezza gli interlocutori del mondo sindacale ce l'abbiano ed è doveroso che ce l'abbiano. Quello che non può succedere è che un'azienda di Stato - perché si può anche dire che è un'azienda privata: sì, formalmente è una società per azioni, ma la proprietà è pubblica - faccia saltare le regole, faccia saltare i principi su cui sono stati costruiti decenni di relazioni sindacali in questo Paese. Un'azienda di Stato non può disprezzare il ruolo della contrattazione collettiva nazionale di lavoro. Noi crediamo che non ci sia futuro per ITA, se non dentro il rispetto delle norme della contrattazione collettiva, seppur derogata, ovviamente, sulla base aziendale per tener conto del contesto. Un conto è salvaguardare la cornice, un conto è arrivare, nella congiuntura, a determinare delle norme diverse che consentono la partenza.

Mi permetto di ricordare a chi ci volesse ascoltare dai Ministeri che esiste una norma, l'articolo 2112 del Codice civile. Sul fatto che sia applicabile o meno al caso di specie sorvolo, è un tema che lasciamo agli studi professionali. L'articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 121, che detta una disciplina particolare per la partenza di ITA, non deroga sul punto. Tutto ciò apre la porta a contestazioni infinite: senza un accordo sindacale, senza una pace all'interno dell'azienda, rischiamo 7 mila ricorsi. È un'avventura che abbiamo già visto, che questo Paese ha già visto quando è partita CAI, sappiamo come è andata a finire, la giurisprudenza ai massimi livelli sul punto si è espressa. Invitiamo tutti e, in particolare, il Governo a porre attenzione a questo perché, se questa strada di ricorsi dovesse aprirsi, creeremmo le condizioni inevitabili per un fallimento dell'operazione.

Ricordo, altresì, che questo Parlamento ha convertito in legge il decreto-legge n. 34 del 2020, al cui articolo 203 era previsto un obbligo per tutte le aziende operanti nel settore aeroportuale che avessero stabili basi in Italia ad applicare la contrattazione collettiva nazionale di lavoro del settore, pena la decadenza, la revoca delle concessioni e delle autorizzazioni. Allora, ITA ci dice: “Ma che problema c'è? Noi abbiamo rispettato la norma, laddove la norma dice di uniformarsi ai minimi contrattuali previsti da quel contratto collettivo nazionale di lavoro”. Non è questo il punto; il punto non è di rispettare i minimi, ma è di comprendere quale è il significato di questa disposizione: è quello di tutelare il valore del contratto collettivo nazionale di lavoro, come disciplinato dall'articolo 39 della Costituzione; è quello di assicurare la retribuzione per assicurare al lavoratore e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, come dice l'articolo 36 della Costituzione; è il tentativo di portare nel mondo aeroportuale una norma che opera da vent'anni nei porti e che ha portato i porti da una deregulation selvaggia a una situazione contrattuale stabile, che ha dato dignità ai lavoratori.

Il nostro intendimento è di diffondere queste norme di tutela del lavoro per dare dignità al lavoratore; è un modello che dovremmo porre nella logistica per non piangere come i coccodrilli quando i poveri lavoratori muoiono per le condizioni di lavoro, o, mi viene in mente, al settore della segnaletica nei contratti autostradali, dove abbiamo situazioni di deregolazione che sono indegne di un Paese civile. Queste norme sono di presidio della legalità, sono garanzie del rispetto delle regole, sono le condizioni per avere una concorrenza vera e non una concorrenza falsata dal dumping salariale e fiscale. Queste norme sono state emesse dal Governo e convertite dal Parlamento per tutelare l'azienda nazionale Alitalia, che ha subito dumping da aziende che venivano a lavorare in Italia applicando regole di altri Paesi e contratti di altri Paesi: sono norme a tutela delle imprese sane, delle imprese italiane.

Vedete, a noi questo spaventa: sappiamo che il Governo si è impegnato ad adottare, in tempi velocissimi, un disegno di legge sulla concorrenza in attuazione degli impegni contratti con Bruxelles. Noi vorremmo che nella legge sulla concorrenza venissero perseguiti gli obiettivi che ho appena enunciato. A volte, invece, ci sembra che la concorrenza sia rendere più poveri quelli che sono più deboli, invece che mettere tutte le imprese nella condizione di giocarsela su un piano di parità nel rispetto di norme fondamentali. Mi sia consentito l'inciso: il guardiano della concorrenza, l'Autorità antitrust, in una pronuncia, ha indicato al Governo l'obiettivo di rimuovere i limiti all'autoproduzione, cioè di consentire agli armatori che vengono con le loro navi nei porti, di caricare e scaricare la nave con il loro personale e non con il personale dei porti. Traduco: è un po' come se l'aereo della Lufthansa arrivasse a Fiumicino e usasse i propri stuart e le proprie hostess per scaricare e caricare i bagagli e fare rifornimento. Ci pensate? Ma le tre imprese che hanno vinto il contratto di handling all'aeroporto di Fiumicino e che, per farlo, hanno dovuto mettere base a Fiumicino, assumere persone a Fiumicino con il contratto nazionale di lavoro italiano, che pagano le tasse in Italia e che hanno mezzi in Italia sarebbero defraudate, perderebbero tutto, a favore di imprese che, invece, stanno all'estero e pagano le tasse all'estero. Questo è quanto l'Autorità Antitrust vuole imporre nel disegno di legge della concorrenza. Allora, a qualcuno, in questo caso, dovremmo far capire che si tratta, nel caso di armatori, di imprese internazionali che non pagano le tasse in Italia e che, quando le pagano (perché sono navi iscritte nel Registro italiano e internazionale) sono imprese che hanno una disciplina del contratto di lavoro che prevede una decontribuzione di quei lavoratori e che prevede una tassazione di quelle imprese basata sulla tonnage tax, cioè sul peso della nave, sul volume della nave e non sugli utili. Tutto questo ci fa venire molte preoccupazioni su come qualcuno intende il concetto di concorrenza.

Veniamo di nuovo - e mi scuso per la digressione - sulla questione Alitalia, anzi, su un tema che travalica i confini dell'Italia, perché non c'è più il tema della questione Alitalia o ITA. Se, oggi, ITA, un'azienda al cento per cento dello Stato, non riconosce il ruolo della contrattazione collettiva nazionale di lavoro, non rispetta l'articolo 2112 del codice civile e non assume le persone dell'azienda di cui assume un ramo d'azienda, domani ogni azienda in questo Paese, che sia pubblica o privata, potrà fare altrettanto, e non ci sarà alcuna autorità morale, prima che giuridica, dello Stato italiano e dei Ministri del Governo italiano - chiunque siano - a dire “non fatelo”. Saltano i princìpi delle relazioni sindacali che hanno tenuto insieme questo Paese, e penso solo ai Governi Amato e Ciampi, ai momenti difficili di crisi in questo Paese, in cui le parti sociali sedettero e firmarono dei protocolli sulle relazioni industriali che hanno tenuto insieme il Paese in fase di difficoltà.

Passiamo oltre. L'articolo 203 che ho richiamato - l'ha voluto il Governo italiano, il Parlamento lo ha convertito - dice che tutte le imprese che stanno negli aeroporti o quelle che stanno in subappalto per conto loro negli aeroporti, devono uniformarsi alle norme del contratto collettivo nazionale di lavoro. Sapete che è passato un anno da quando è uscita questa norma? Sapete che questa norma non è ancora stata attuata? Allora, il successo di ITA, la tutela dei lavoratori, si impone, dal Governo, applicando queste norme, non facendone delle inutili grida manzoniane. Applicando queste norme e revocando le concessioni e le autorizzazioni a operare in ambito aeroportuale a quelli che non le rispettano, noi creiamo le condizioni per far sì che venga armonizzata la normativa applicata a tutti i lavoratori e che prevalgano le imprese più competitive, non quelle che approfittano di più del fattore lavoro.

Un partito popolare, come vuole essere il Partito Democratico, su questi temi non può avere dubbi su da che parte stare. Noi richiamiamo, quindi, il Governo a creare un tavolo istituzionale in cui far sedere ITA e le organizzazioni sindacali e a riaprire subito il negoziato fra le parti. Richiamiamo il Governo a chiedere alla sua controllata ITA di applicare il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore. Richiamiamo il Governo ad assumere in via prioritaria i lavoratori di Alitalia che oggi sono in Cassa integrazione o che domani saranno in Cassa integrazione. Ci risulta che solo nella giornata di ieri una ventina di piloti siano stati assunti fuori da quel bacino di personale. Sapete che succede? Che venti piloti che lavoravano in altre aziende, domani lavoreranno in ITA, ma quei venti posti saranno posti di persone che rimarranno in carico al Ministero dell'Economia e delle finanze, in carico al Ministero del Lavoro, e a cui dovremo garantire una continuità di reddito. Allora, chiediamo che in via prioritaria si attinga dal bacino dei lavoratori che sono oggi in Alitalia.

Ci è stato riferito - e vogliamo non crederlo, ma lo citiamo come ci è stato riferito - che nel corso delle assunzioni fatte oggi sarebbero state assunte intere categorie di lavoratori provenienti da corsi, da momenti di immissione in ruolo, persone che sono state immesse in ruolo nello stesso momento. Tutti i lavoratori di quelle immissioni in ruolo sono stati assunti, tranne coloro che hanno fatto attività sindacale in questi mesi. Se fosse così - e lo poniamo in forma dubitativa, per rispetto - questa condotta per noi sarebbe assolutamente inaccettabile e state pur certi che torneremo su questi banchi a parlarne.

Noi siamo tifosi dell'Italia e siamo anche stati, in questa veste, sostenitori di un'operazione per evitare che un brand storico dell'Italia, un marchio noto in tutto il mondo, potesse cadere in una situazione deprecabile di fine aziendale. Siamo stati a favore di tutto questo, ma vogliamo che questa operazione si svolga nel rispetto delle regole e nel rispetto delle cornici istituzionali e di relazioni sindacali che in questo Paese sono state sempre adottate. Se così sarà, in noi questa operazione avrà dei difensori determinati; se non sarà così, avrà delle persone che non avranno nessun riguardo a venire in quest'Aula e a dire e a fare tutto ciò che dovrà essere fatto a tutela delle persone più deboli.