Signor Presidente, colleghi, credo che bisognerebbe cercare di fare una discussione più pacata. Dico chiaramente, per esempio, al collega Billi, con cui ho condiviso molti anni in Commissione esteri, che nel rapporto dell'ECRI non c'è scritto nulla di quello che lui ha detto perché nel rapporto dell'ECRI non c'è alcuna accusa di razzismo alle Forze dell'ordine e alla Polizia.
Non c'è neanche alcuna accusa nei confronti delle istituzioni del nostro Paese. C'è un'altra cosa. Che cosa è l'ECRI? L'ECRI è un gruppo di lavoro, istituito dal Consiglio d'Europa, che ha un compito preciso: quello di monitorare periodicamente in ogni Paese quello che può avvenire o avviene in termini di rischi di antisemitismo, di intolleranza, di xenofobia, di razzismo e di segnalare ai Governi dei Paesi, che sono membri del Consiglio d'Europa, i rischi potenziali che vengono evocati, proponendo misure e facendo le raccomandazioni. Raccomandazioni che poi i Governi sono liberi di accogliere o non accogliere, ma che hanno la finalità di garantire che quei principi fondamentali che sono scritti nella carta costitutiva del Consiglio d'Europa e che l'Italia, come Paese fondatore, ha sottoscritto siano ottemperati puntualmente. Questo è: un'azione di monitoraggio di cui dovremmo essere grati a questo organismo, come a qualsiasi organo di controllo. Perché dire che evocare un rischio, per esempio, di profilazione razziale significa un'accusa alla Polizia di essere razzista - il che non è - sarebbe come dire che, quando la Corte dei conti solleva qualche obiezione sui bilanci dello Stato, di un Ministero o di un Governo, ha una politica di ostilità nei confronti delle istituzioni locali. Non è così. Gli organi di controllo sono effettivamente istituiti per esercitare un monitoraggio e per consentire alle istituzioni di garantire che si ottemperi pienamente al riconoscimento e all'attuazione della legalità dello Stato di diritto e degli standard democratici. Quindi questo è.
Quello che si dice in questo dibattito è francamente non corrispondente a quello che è avvenuto; peraltro il rapporto ECRI di 48 pagine - pregherei di leggerlo - si dilunga abbondantemente, per 10 pagine nella parte iniziale, nel riconoscimento all'Italia di aver compiuto una serie di passi tra il 2016 e il 2024; rileva anche alcune criticità e affronta queste criticità con delle raccomandazioni: per esempio, chiedendo che l'UNAR sia effettivamente indipendente, come oggi invece non è ancora; chiedendo che venga superata una serie di difficoltà nell'esercizio dei diritti da parte degli LGBT e chiedendo che si combattano discorsi di odio.
Visto che qui si vuole far riferimento al testo, guardate che, mentre non c'è nessun rilievo alla Polizia, si dice, invece, chiaramente - questo sì - che c'è il rischio in Italia di un'incitazione all'odio che viene dai discorsi di uomini politici che usano temi, un discorso e un linguaggio di rancore e di incitamento all'odio; così come si evoca la criticità della gestione delle minoranze rom e si affrontano questi problemi con delle raccomandazioni. Insomma è uno strumento che dovrebbe essere assunto per migliorare la piena ottemperanza allo Stato di diritto per le persone e per le comunità; tanto è vero che - qui nessuno l'ha ricordato - il rapporto contiene anche, alla fine, come è doveroso, la risposta del Governo e la risposta del Governo non ha la veemenza del dibattito di quest'Aula. La risposta del Governo è di un pacato assoluto e dice: pigliamo atto di quello che è stato…prima la risposta del Governo evoca tutte le misure assunte e poi, quanto al tema della profilazione razziale, dice che non considera questo rilievo un rilievo fondato e che, tuttavia, naturalmente, si metteranno in essere le verifiche necessarie. Una risposta pacata, di buon senso che non ha nulla a che vedere con la veemenza di questo dibattito e il polverone che è stato sollevato.
Allora però forse è bene dirsi la verità su un punto più di sostanza, perché questa ultima vicenda in realtà si riconnette anche ad altre vicende. Richiamo l'iniziativa che l'Italia ha assunto con altri Governi per mettere in causa l'autonomia, l'indipendenza e l'autorità della Corte europea dei diritti dell'uomo, che siede a Strasburgo, la CEDU; ricordo la polemica veemente che questo Governo e questa maggioranza hanno fatto contro la Corte penale internazionale e contro la Corte internazionale di giustizia.
Più in generale, c'è un problema: affrontiamolo. A voi tutto ciò che è sovranazionale dà fastidio; ogni istituzione che esercita un ruolo sovranazionale viene da voi interpretato come un peso, come un impaccio, come qualcosa che mette in discussione la sovranità nazionale. Richiamo il fatto che il Presidente del Consiglio, ogni volta che viene qui a dare l'informazione su come andrà ai lavori del Consiglio europeo, trova sempre il modo per usare questa frase: sì, però bisogna che l'Europa faccia meno cose e lasci fare agli Stati.
Allora, io vorrei sapere quali sono queste tante cose che l'Unione europea dovrebbe lasciare agli Stati. Perché questo Governo, come i Governi precedenti, sulla migrazione chiede una strategia europea; perché, sul cambiamento climatico, siamo tutti consapevoli che, se non c'è una strategia europea, non è che ogni Paese lo affronta da solo; perché, per quanto riguarda l'approvvigionamento energetico e la riconversione energetica dei sistemi energetici per la riduzione delle emissioni e contro la polluzione, tutti avvertiamo che serve una strategia europea; e, nel momento in cui la guerra ucraina e il Medio Oriente ci portano le guerre alle porte di casa, stiamo discutendo di una difesa europea.
Allora, quali sono queste tante cose che l'Europa non dovrebbe più fare per lasciarle agli Stati nazionali? Non ce ne sono. Perché guardate che viviamo in un mondo globale, in cui la dimensione nazionale da sola non è sufficiente. Certo che ci vuole, certo che ogni Paese ha degli interessi nazionali da difendere, ma li difende se sta dentro una dimensione più grande. Guardate che credere, in un mondo globale, che farsi più piccolo sia il modo per difendersi meglio non è vero; se in un mondo grande ti fai piccolo, sei solo più piccolo e sarai meno capace di affermare i tuoi interessi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
Allora, questa è la questione. La polemica contro il Consiglio d'Europa sta dentro questo modo che voi avete di leggere il ruolo e le funzioni delle istituzioni sovranazionali. Non sono un impaccio, non sono un peso, sono la condizione necessaria per gestire sfide globali che la sola dimensione nazionale non è in grado di affrontare in modo autosufficiente e autarchico. Questo è il tema, e vale anche per il tema dei diritti. Quindi, penso che il fatto che noi, come Paese fondatore del Consiglio d'Europa, abbiamo sottoscritto la Carta dei diritti che lì vengono tutelati e garantiti ci impone di essere coerenti.
Il rapporto ECRI non è ragione di scandalo. Il rapporto ECRI è uno strumento che il Governo deve assumere. Poi il Governo valuterà, nella sua assoluta discrezionalità, quali di quelle raccomandazioni ritiene di dover assumere e quali no - e se ne assume, naturalmente, la responsabilità - e tutto finisce lì.
Quindi, è stata scatenata, secondo me, una tempesta in un bicchier d'acqua, che però è rivelatrice di un problema: è rivelatrice del fatto che avete in testa l'idea che l'Italia tutela meglio i suoi interessi se si estranea dalle istituzioni internazionali e se si indeboliscono le istituzioni internazionali.
Salvini, d'altra parte, l'ha detto chiaramente, no? Commentando la vicenda che stiamo discutendo, ha detto che il Consiglio d'Europa è un carrozzone inutile che tanto va sciolto; così come pensate che andrebbe fortemente ridimensionato il ruolo dell'Unione europea, così come pensate che la Corte penale internazionale non serva, che la Corte europea di giustizia non serva; così come avete ritenuto che le raccomandazioni dell'OMS nella lotta al COVID e alle grandi epidemie non andassero ottemperate. Avete questo pensiero. Naturalmente è legittimo che ce l'abbiate. Vi segnalo soltanto che in questo modo non è vero che si difendono gli interessi del Paese. Si rende l'Italia più debole e la si mette ai margini della concertazione internazionale per affrontare quelle sfide che comunque il nostro Paese deve affrontare. Se pensa di affrontarle da solo, sarà meno capace di affrontarle di quanto sarà capace di farlo se lo farà insieme alle istituzioni internazionali.