Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 5 Luglio, 2023
Nome: 
Maria Cecilia Guerra

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Grazie, Presidente. Sono un attimo imbarazzata dall'alto livello della citazione appena sentita.

Volevo, prima di tutto, elevare una protesta ferma, forte, vibrante, nei confronti del Governo, perché non è possibile trattare le mozioni in questo modo. Noi abbiamo avuto finalmente il testo scritto. Si vede chiaramente che le premesse delle mozioni sono state totalmente ignorate. Ed è assurdo dare un parere favorevole, anche con una riformulazione, a un impegno che è assolutamente coerente con la premessa, e bocciare le premesse. Bisogna leggersele (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Non si fa fatica a leggere; poi magari si dice: quella la prendo e quella no. Questo è legittimo. Ma leggerle è una cosa che ci è dovuta!

Le mozioni sono un atto di indirizzo che il Parlamento deve poter esercitare e ci vuole serietà dall'altra parte; altrimenti finiamola, se è diventata una farsa.

Presidente, io lo capisco, glielo garantisco, perché non può dare un parere, a meno che non sia dissociato. Non può dire che sulla premessa esprime parere contrario e sull'impegno, che dice esattamente la stessa cosa della premessa, esprime parere favorevole. Non è possibile! Questo è un elemento di razionalità. Detto questo, io non accetterò...

Allora, il Sottosegretario Durigon si asterrà dal fare gesti poco comprensibili e poco cortesi nei confronti di chi sta parlando.

Presidente, il concetto non è affatto chiaro - come ho ribadito in precedenza - e gradirei che dal Governo non mi venissero rivolti gesti che possono essere erroneamente mal interpretati.

Adesso entro nel merito della questione. Devo premettere che, ovviamente, non posso accettare un parere che considero appunto offensivo rispetto all'omogeneità, alla razionalità e alla coerenza della nostra mozione e vorrei dire che il tema che affrontiamo riguarda tre diversi aspetti. Il primo aspetto riguarda la situazione degli attuali pensionati con pensioni basse, che va sicuramente migliorata. Il secondo aspetto è volto a evitare che gli attuali lavoratori si trovino in futuro a vivere di assistenza, con una pensione del tutto insufficiente. Il terzo aspetto riguarda la necessità di favorire un'uscita flessibile dal mercato del lavoro, che non condanni alla povertà. Per quanto riguarda la situazione degli attuali pensionati, non citerò i dati che più volte, in questo dibattito, sono stati evocati. Ricordo solo che ci sono 8,6 milioni di pensionati con pensioni fra i 500 e 1.000 euro e 5 milioni, cioè il 21,7 per cento, con pensioni inferiori a 500 euro al mese e quindi il tema è sicuramente serio. Le pensioni, però, non sono state oggetto di favori, ma di attacchi da parte del Governo. Cito due elementi che considero importanti: da un lato, il Governo ha utilizzato le pensioni per alimentare altre scelte di finanza pubblica, ossia ha ridotto l'indicizzazione delle pensioni medio-alte, recuperando così 10 miliardi nel solo 2023-2025, con un taglio che arriverà a 35,8 miliardi alla fine del 2032. Il problema è che ha raccontato questa cosa al rovescio, con una narrazione distorta, che sembra contraddistinguere questa maggioranza, che si è vantata di avere indicizzato le pensioni - cosa che era stata fatta dal Governo precedente -, quando, invece, ha tagliato l'indicizzazione che già era stata introdotta, quindi è un problema molto serio. Il secondo punto di attacco riguarda la delega fiscale, cioè noi abbiamo chiesto con forza che ci fosse un punto di equità, che i pensionati - così come i lavoratori dipendenti - pagassero le imposte come gli altri e non di più, essendo rimasti praticamente i soli a sostenere la progressività nel nostro sistema e i soli a essere sottoposti alle addizionali Irpef regionali e comunali. Un pensionato con 20.000 euro, a Roma, tanto per intenderci, paga 601,5 euro in più di tutti quelli che hanno redditi che sono fuori dall'Irpef, ad esempio, nei regimi sostitutivi. Se poi il suo reddito, il reddito di questo pensionato, sale a 40.000 euro, la tassa che grava solo su di lui e sul lavoro dipendente, e non su quelli che se ne stanno bellamente fuori dall'Irpef, è di 1.447,5 euro. Nessuno finora è stato in grado di spiegarmi perché tolleriamo questa ingiustizia e, nella delega fiscale, gli emendamenti che abbiamo proposto per superare questa ingiustizia sono stati respinti. Ora, in una delle riformulazioni che ci ha letto il Sottosegretario Durigon, c'è un vago impegno a finalizzare a eventuali riduzioni del carico tributario prioritariamente per i redditi da lavoro dipendente e assimilati, a partire da quelli bassi e medi; peccato che questo dovrebbe avvenire, secondo la riformulazione che rifiutiamo, nell'ambito della delega fiscale, ma il nostro emendamento che andava in questa direzione è stato respinto. Poteva essere riformulato, lo riproporremo in Aula e preghiamo quindi il Governo di fare attenzione - se proprio vuole mantenere questo impegno - a considerare la possibilità di una riformulazione.

A sostegno dei pensionati con pensioni basse la nostra proposta è molto chiara, è di intervenire con un ampliamento stabile della quattordicesima, che è uno strumento strutturale a sostegno dei circa 5 milioni di pensionati con pensioni inferiori a 500 euro al mese e che è stata introdotta nel 2007 dal Governo di centrosinistra. Perché è molto importante usare proprio questo strumento? Perché non è un mero strumento assistenziale, ma tiene conto, nell'importo che viene corrisposto, degli anni di contribuzione, quindi fa capire che versare i contributi aiuta, non solo a determinare le pensioni nel momento della liquidazione, ma anche a determinare la misura del sostegno nel caso si sia maturata una pensione bassa. Con la nostra mozione chiediamo l'aumento degli importi e dalla platea di applicazione di questo strumento, della quattordicesima.

Ricordo la manipolazione comunicativa che è stata ricordata prima anche nell'intervento del rappresentante del MoVimento 5 Stelle, che è stata veramente poco decorosa quando, nei cedolini delle pensioni di luglio, l'erogazione della quattordicesima mensilità, che risale appunto al 2007, è stata battezzata come “aumento pensioni basse 2023”. Per fortuna la cosa, grazie all'intervento dello SPI CGIL, è stata poi corretta. Quindi mi meraviglio anche, Sottosegretario Durigon - mi rivolgo a lei, per il tramite del Presidente - che lei abbia espresso parere contrario sulla lettera f) degli impegni della mozione del MoVimento 5 Stelle, che chiedeva proprio di sistemare la comunicazione, per renderla corretta, di non far passare cioè un intervento temporaneo e molto ridotto, che è stato fatto in legge di bilancio, come un aumento significativo della quattordicesima, che è dovuta ad altro Governo ed è permanente e strutturale.

Il secondo punto di cui volevo parlare riguarda il fatto che bisogna evitare che gli attuali lavoratori si trovino, in futuro, a vivere di assistenza, con una pensione del tutto insufficiente. Questo destino è una condanna certa per più di 3 milioni di persone che lavorano con contratti a termine, per i milioni di donne condannate a carriere discontinue, per più di 3 milioni di lavoratori poveri del nostro Paese. Il Governo e la sua maggioranza preparano per tutti questi lavoratori e queste lavoratrici un destino di basse pensioni, aumentando la precarietà del lavoro, con l'ulteriore liberalizzazione dei contratti a termine, con l'ampliamento dei voucher e con l'ampliamento del ricorso al lavoro somministrato, estendendo a dismisura appalti e subappalti che creano lavori di serie B, sottopagati, opponendosi all'introduzione per legge di un salario minimo, cioè di una giusta retribuzione su cui si possa appoggiare una giusta contribuzione, non muovendo un dito per favorire e accantonare il rinnovo dei contratti scaduti del settore privato, che tiene milioni di lavoratori in condizioni di bassa retribuzione, specie nei servizi, pure a fronte di un'inflazione che morde - morde eccome - e non dando segnali sul necessario rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Come sappiamo, il DEF su questo tema di responsabilità diretta del Governo, è assolutamente silente.

Bisogna poi introdurre una pensione di garanzia, che è stata invece rifiutata nella riformulazione proposta per la nostra mozione, una pensione cioè che tenga conto in modo adeguato, con forme anche di contribuzione figurativa, dei periodi di formazione, dei periodi di ricerca attiva di lavoro, dei periodi dedicati al lavoro di cura, favorendo quindi comportamenti attivi da parte delle persone, sconfiggendo la deriva, altrimenti inevitabile - come ho detto più volte - di una pensione solo assistenziale.

Il terzo e ultimo aspetto, con cui mi avvio a concludere, è che bisogna adottare politiche per favorire un'uscita flessibile dal mercato del lavoro, che non condanni però alla povertà. Non lo si fa eliminando Opzione donna – come, di fatto, ha fatto il Governo -, lasciando più di 20.000 donne senza alcuna prospettiva, ma semmai migliorando la penalizzazione che, invece, Opzione donna imponeva a queste donne. Anche a questo proposito, è blandissimo l'impegno che ci viene proposto - a parte che si dice “ampliare la platea dei beneficiari”, al maschile, mentre Opzione donna riguarda appunto le donne -: comunque si impegna il Governo a valutare la possibilità, dopo che invece c'era stato un impegno almeno verbale da parte della Ministra Calderone. Un'uscita flessibile dal lavoro non si realizza prevedendo quote o quotine per gruppi limitati di contribuenti; non lo si fa promettendo, da anni inutilmente, l'eliminazione della riforma Fornero, ma affrontando nodi di fondo del sistema previdenziale, come, ad esempio, l'obbligo, per chi nel contributivo non ha maturato una pensione almeno pari a 1,5 volte l'assegno sociale, a procrastinare i tempi per l'andata in pensione fino a 71 anni.

L'età di 71 anni potrà ulteriormente aumentare, in quanto soggetta all'incremento della speranza di vita. Quindi, come si direbbe, cornuto e mazziato, cioè prima ti faccio lavorare per anni, anni e anni con lavori precari, sottopagati, non voglio il salario minimo e non voglio tutele, poi, quando arrivi a 67 anni che non ne puoi più, non hai maturato una pensione sufficiente e devi stare altri 4 anni sul lavoro, fino a 71 anni.

Penso che di motivazioni per dire “no” alle riformulazioni che ci sono state proposte ce ne siano abbastanza.