Presidente, onorevoli colleghi, oggi abbiamo aperto questa giornata in Aula ricordando un evento tragico per il nostro Paese, che è stato il terremoto del Friuli nel 1976. Un evento che ha segnato la nostra storia in negativo: la distruzione, il crollo di un'intera regione in una tragedia immane, con circa mille morti, ma che ha segnato anche un momento straordinario della vita civica dell'Italia, cioè la capacità di dare vita a un'enorme ondata di solidarietà, la capacità di mettere in campo un modello nuovo di ricostruzione, che ha dato poi vita alla Protezione civile, e da lì ripartire a rendere una regione, che sembrava martoriata, in poco tempo nuovamente ricca e produttiva. Sempre oggi apriamo i giornali e ci troviamo di fronte a una notizia straordinaria per il suo impatto, cioè che il Presidente degli Stati Uniti, Biden, apre alla liberalizzazione dei brevetti, cioè alla possibilità di dare il vaccino ai Paesi in via di sviluppo e di vaccinare la popolazione mondiale in breve tempo liberandoci così dalla pandemia. Sembrano due notizie distanti da loro; in realtà, sono collegate da un filo che ci deve servire a capire cosa stiamo vivendo e dove stiamo andando. Il COVID è piombato su di noi come una specie di meteorite che è caduto nel sistema mondiale, sconvolgendolo e ribaltando e mandando in frantumi schemi consolidati sia dal punto di vista economico che sanitario che pensavamo essere la strada e il binario, a volte anche comodo, in cui eravamo dentro, in cui eravamo istruiti e formati anche. Io stessa in questa stessa Aula, poco più di un anno fa, ho fatto la prima dichiarazione di voto del mio partito per votare a favore di uno scostamento di bilancio straordinario. Era dicembre e sembrava impossibile, nella storia dell'economia degli ultimi vent'anni di questo Paese, che noi potessimo aprirci a una nuova fase di indebitamento (come disse all'epoca quello che oggi è il nostro Presidente del Consiglio, era un debito buono; quindi, scoprimmo che esistevano debiti buoni e debiti cattivi). Oggi andiamo verso un deficit del 12 per cento, con uno sforzo collettivo enorme che ha fatto questo Paese.
Noi passiamo le giornate, anche molte serate, a vedere tutte le cose che non sono andate durante la gestione di questo COVID, ma non ci ricordiamo di aver speso 160 miliardi di euro, soldi di tutti quanti (che, anzi, non abbiamo, perché ci siamo indebitati), per dare la Cassa integrazione a milioni di persone.
E ciò, per sostenere chi un reddito non ce l'aveva, per sostenere chi era fuori da un sistema anche di verifica e per sostenere, certamente non in modo sufficiente ma facendo tutto quello che potevamo, le categorie più colpite da questo virus, da questo cataclisma mondiale, ossia quelle del commercio, dei servizi, delle attività produttive e del turismo, categorie su cui noi vogliamo puntare per ripartire. Questo, però, è stato anche un segno di grande capacità di resilienza della nostra comunità, che è potuto avvenire anche per due fattori: uno, per un grande sistema di welfare, che ha resistito e c'è, nonostante tutto, nonostante i tentativi degli ultimi vent'anni di demolirlo, a picconate, pezzo per pezzo, definanziandone interi pezzi, dalla sanità alla previdenza, dal sostegno al lavoro all'istruzione, alla cultura, alla ricerca, che fanno parte di un meccanismo più complesso, che sono i nostri beni immateriali, sui quali, tra l'altro, dobbiamo puntare per la ricrescita del Paese.
Dall'altro lato, abbiamo resistito e siamo stati capaci anche di puntare a quella di cui parleremo oggi, cioè alla resilienza e al rilancio di questo Paese, perché non siamo soli e isolati, perché il sovranismo ha perso in Europa, perché ci troviamo in un continente che è anche, finalmente, un'espressione politica e, grazie all'Europa, ha messo in campo delle misure straordinarie che sembravano impossibili e, fortunatamente - lo dico a chi mi ha anticipato nel dibattito -, un anno e mezzo fa, due anni fa, è cambiato il colore del Governo, perché, altrimenti, i sovranisti sarebbero stati più forti in Europa e non è detto che l'Italia avrebbe potuto giocare il ruolo che ha giocato in prima persona e che ci ha permesso, scostamento di bilancio su scostamento di bilancio, di reggere un urto che sembrava impossibile, grazie ad una solidarietà che abbiamo avuto e che rivendichiamo, nel senso che non ci è stata regalata, l'abbiamo conquistata pezzo per pezzo, così come, pezzo per pezzo, ci siamo conquistati questo Piano nazionale di resilienza, questo piano di crescita del Paese.
Però, signori, sentivo oggi - lo voglio citare, perché parleremo anche di pubblica amministrazione - il Ministro Brunetta, che oggi ha detto una cosa molto giusta: ha detto che nel passato volevamo fare le riforme, ma non avevamo le risorse per portarle avanti; oggi abbiamo le risorse, ma, se non facciamo le riforme, le risorse le perdiamo. Ed è questo il senso di questo Parlamento: noi il nostro ruolo principale, oggi e nei prossimi due anni, sarà quello di vigilare sullo straordinario capitale di risorse che abbiamo a disposizione per rispettare un mantra, che è crescere, crescere e crescere, tornare a produrre, risolvere il gap occupazionale, riuscire a fare nel nostro Paese un sistema di infrastrutture, materiali e immateriali, che ci renda nuovamente ipercompetitivi in Europa e fuori l'Europa, un sistema della giustizia che ci permetta di avere processi veloci e rendere, quindi, il nostro sistema giusto e attrattivo anche per il mondo dell'impresa. Riforme di cui parliamo da anni, da decenni. Bene, abbiamo i soldi adesso per farle, abbiamo più di 220 miliardi - dalle infrastrutture, alla logistica, al sostegno al credito, alla liquidità per le imprese, al tema della risoluzione dei problemi dei debiti in sofferenza, alle questioni che riguardano la scuola, l'università, la ricerca la sanità -, ma se non facciamo le riforme che devono accompagnare l'impiego di queste risorse, noi rischiamo di perdere questo treno.
Allora, se c'è un motivo per cui forze, anche così diverse, che hanno dei punti fortunatamente divergenti, stanno insieme al Governo in questo momento storico, è proprio per superarla questa linea Maginot che ci ha sempre fermato per riuscire a superare le difficoltà, gli interessi, le rendite di posizione, i meccanismi di protezione, di conservazione, che non ci vogliono e non ci permettono di andare avanti, ed è questo il ruolo del Parlamento.
Non mi stupisco che il Governo abbia fatto proprio il PNRR, è successo così in tutti gli Stati, saremo noi qui, però, i responsabili del monitoraggio, punto per punto, dell'applicazione di queste misure. E, signori, non c'è chi è pro o contro l'impresa: senza l'impresa, senza l'impresa che costruisce e crea lavoro, non si cresce. Rompere i meccanismi di blocco del sistema produttivo italiano significa anche avere il coraggio di mettere mano, come è previsto anche dal nostro Piano di ripresa, ai sistemi regolatori che, spesso, sono lacci e lacciuoli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), il tema della concorrenza, una visione del Paese, una visione che non contrasta.
Fatemi dire, però, qualcosa anche di una materia che ho avuto l'onore e l'onere di guidare per parecchio tempo e che è parte integrante di questo sistema, che è quella sanitaria e, permettetemi anche, dei livelli essenziali delle prestazioni. Qualcuno ha citato i LEP prima, giustamente. Il Piano nazionale di resilienza è anche una straordinaria occasione per risolvere e per eliminare quei nodi amministrativi, burocratici, a volte costituzionali, che impediscono all'Italia di essere una, che impediscono all'Italia di avere uguali livelli essenziali di assistenza in tutto il Paese, che fanno la differenza ancora oggi, se ti prendi il COVID in una regione oppure in un'altra, in una città oppure in un'altra, un sistema di infrastrutture sanitarie che, l'abbiamo visto oggi, sono essenziali per il nostro futuro.
Allora, il mio timore è che, finito il COVID, ci dimentichiamo che cos'è la salute e che cos'è il Sistema sanitario nazionale, che non è una prestazione, è una complessità di fattori, che vanno dalla formazione del personale alla remunerazione del personale, perché è inutile che ci lamentiamo della fuga dei cervelli, se poi i cervelli non li paghiamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che vuol dire che non tutti sono uguali, vuol dire che, oltre ai bisogni, ci sono anche i meriti. C'è un sistema della ricerca che produce una leva da 1.146 e, quando c'è da investire sulla ricerca e i ricercatori, sapete quale è il tema? Che i risultati si vedono a 10-15 anni. E, allora, dobbiamo avere la capacità di investire su cose su cui noi non prenderemo mai i voti e questo è il tema della prevenzione. Ritornare a investire in prevenzione significa spendere risorse che tu ti auguri di non dover mai utilizzare. Allora, signori, la sanità è un investimento, la ricerca è un investimento, i giovani e le donne sono un investimento, e lo dico ai colleghi: noi possiamo pensare alla crescita del Paese, ma anche alla tutela dei diritti umani e civili, soprattutto, di quei bambini che sono nati in Italia che studiano qui, che sono il nostro futuro, quelli su cui noi dovremo investire, a prescindere dal colore della loro pelle o di quella dei loro genitori, ma che sono, invece, i nostri bambini, i bambini di tutti Solo così potremo avere anche una società, scusatemi, un po' più buona, che non è essere buonisti, ma è avere un po' di visione anche ottimistica per il futuro del nostro Paese.