Grazie, Presidente. Signor Ministro, colleghi deputati, per la seconda volta, nel giro di pochi mesi, quest'Aula si occupa del comparto dell'automotive su iniziativa delle opposizioni, che hanno portato la discussione di mozioni. In questi mesi, sono stati tanti gli atti di sindacato ispettivo, interrogazioni e interpellanze; nel frattempo la preoccupazione per i destini di questo comparto è diventata allarme e, dopo l'audizione parlamentare di Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, non si può rimanere fermi, come ha fatto finora il Governo.
Stiamo parlando di un'intera filiera che rappresenta un settore strategico per l'economia nazionale; parliamo di un milione e 200.000 addetti, con un fatturato con un'incidenza percentuale sul PIL a due cifre, includendo anche i servizi.
Il settore dell'automotive sta attraversando un periodo difficile, gli ordini di auto nuove sono in calo in tutta Europa. Nel 2023, le vendite di veicoli sono state meno di 13 milioni, mentre nel 2019 erano 16 milioni. Il mondo della produzione automobilistica è cambiato. Se nel 2008 si produceva in Europa quasi un terzo del totale mondiale dei veicoli e in Cina solo il 4 per cento, nel 2023 l'Europa ha prodotto solo il 17 per cento di veicoli, mentre la Cina è arrivata al 32 per cento.
In questo quadro, l'Italia risulta molto penalizzata: da un lato, perché risente della crisi tedesca, dall'altro lato, per le scelte industriali di Stellantis.
E' questo il dato con cui dobbiamo fare i conti, perché, nonostante gli aiuti di cui continua a beneficiare sotto forma di incentivi al settore delle auto e di cassa integrazione per i dipendenti, la società sta continuando a ridurre il numero dei veicoli prodotti negli stabilimenti italiani. All'inizio dell'anno, Stellantis si era impegnata ad aumentare la produzione con l'obiettivo di arrivare a un milione di veicoli all'anno, ma si tratta ormai di un obiettivo irrealistico, visto che nel 2023 aveva prodotto 752.000 veicoli, di cui 521.000 auto, mentre, secondo le stime, nel 2024 la produzione calerà almeno del 30 per cento.
È una crisi che viene da lontano. Negli ultimi 17 anni, la produzione di auto in Italia di FIAT, FC Auto, Stellantis si è ridotta di quasi il 70 per cento, da 911.000 alle 300.000 stimate quest'anno. Nell'audizione di venerdì scorso, Tavares ha ribadito più volte che Stellantis è pronta a corrispondere agli impegni definiti dal regolatore europeo, non ne ha chiesto la modifica; si è soffermato sul differenziale di costo nel passaggio alla motorizzazione elettrica, quantificato nel 40 per cento di costi in più, ha insistito sulla capacità dei concorrenti cinesi di offrire prodotti a costi ridotti del 30 per cento in meno; ha concluso chiedendo incentivi duraturi e significativi all'acquisto.
Ma, per i siti produttivi italiani di Stellantis il problema è precedente alla contrazione di mercato dell'anno in corso ed è un problema innanzitutto di disimpegno e di disinvestimento. L'utilizzo degli ammortizzatori sociali è cresciuto ovunque e sta coinvolgendo anche gli stabilimenti che negli anni precedenti non erano stati coinvolti in situazioni di crisi. Prosegue la strategia di riduzione del numero di dipendenti attraverso lo strumento degli incentivi all'esodo e il contestuale blocco di nuove assunzioni, determinando così un progressivo svuotamento degli stabilimenti. A Mirafiori gli addetti alla linea dell'assemblaggio hanno lavorato 5 giorni a luglio e 5 giorni a settembre; lo stabilimento di Melfi ha più che dimezzato i volumi nell'arco di un anno; a Cassino, il primo semestre dell'anno ha fatto segnare il peggiore risultato di sempre per la fabbrica, dove da gennaio si lavora su un turno unico.
E in queste ore Stellantis ha comunicato lo stop a novembre anche a Pomigliano, Termoli e Pratola Serra. A questo si aggiunge il depotenziamento dei centri di progettazione e di ricerca e il blocco dello sviluppo della gigafactory di Termoli. Il problema di Stellantis è, innanzitutto, di competitività. L'azienda ascolti i sindacati che lo dicono da tempo e che sciopereranno unitariamente dopodomani, con una piattaforma che condividiamo nelle sue richieste. Stellantis deve ancora dire quali investimenti intende realizzare per i siti produttivi italiani e quali nuovi modelli e quali garanzie intende offrire sotto il profilo produttivo e occupazionale. A tutto questo non ha risposto durante l'audizione.
Presidente, sono rimasto colpito dall'assenza di interlocuzione. Faccio solo un riferimento puntuale perché, se la questione su cui ha insistito Tavares è il maggior costo delle auto elettriche, questo riguarda soprattutto quelle di piccole dimensioni, che hanno sempre rappresentato una quota così significativa del mercato dell'auto nel nostro Paese. Su questo terreno c'è bisogno di uno scatto, di un salto di qualità progettuale e di visione. C'è chi ha proposto una collaborazione delle piattaforme, una sorta di consorzio sul modello Airbus, un progetto europeo per essere competitivi con l'offerta a basso costo, nel segmento mass market, dei concorrenti cinesi. Neanche su questo c'è stata una risposta.
E allora, a questo punto, venga in Parlamento il presidente John Elkann, che guida il CdA di una società certamente giovane, perché nata da fusione nel 2021, ma che ha radici antiche nel tessuto economico e produttivo del nostro Paese. Elkann può compiutamente rispondere di tutti gli incentivi ricevuti, della montagna di ore di cassa integrazione e, soprattutto, degli impegni presi e non mantenuti: perché è evidente che il problema degli stabilimenti Stellantis in Italia deriva dalle scelte industriale fatte, particolarmente d'impatto sull'intero settore perché il gruppo rappresenta l'unico produttore in questo Paese.
Tutta l'industria automobilistica europea sta affrontando la transizione verso l'elettrico e sono necessarie scelte strategiche, risorse per sostenere i cambiamenti tecnologici, investimenti in ricerca e lungo tutta la filiera, garanzie per l'occupazione e azioni per la formazione. A fronte di questa sfida epocale, l'iniziativa del Governo è stata la richiesta di un rinvio delle scadenze previste dall'Europa per gli autoveicoli in termini di emissioni di CO2.
Ma non è certo un mero rinvio che può restituire competitività a una filiera. È un settore produttivo - quello dell'automotive - in ritardo che, in assenza di scelte di politica industriale da parte dell'Esecutivo e di scelte di investimento da parte di Stellantis, necessita di scelte strategiche in ambito europeo, di politiche industriali efficaci da parte del Governo e di impegni, all'interno di un piano industriale, da parte di Stellantis.
Il Governo, allora, convochi con massima urgenza il tavolo automotive a Palazzo Chigi con tutti gli attori - dall'azienda ai sindacati - perché Stellantis mantenga in Italia non solo la produzione, ma anche i settori della progettazione e della ricerca. Il Governo condizioni le misure finanziarie e regolatorie all'assunzione e al rispetto, da parte della società, di precisi impegni in termini produttivi e occupazionali. Il Governo, Presidente, non punti alle proroghe e dismetta i toni della crociata contro i mulini a vento.
E, Ministro Urso, novello Don Chisciotte, indirizzi la sua lancia al bersaglio giusto: non contro le politiche di decarbonizzazione, ma a favore di politiche industriali a sostegno della trasformazione dell'industria automobilistica, a partire dalla digitalizzazione fino al cambio delle motorizzazioni, allo sviluppo delle nuove tecnologie, alle attività di ricerca e sviluppo, al trasferimento tecnologico, alla nascita di nuove imprese innovative e allo sviluppo di modelli di base (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Non è troppo tardi, ma è necessario agire adesso.