Grazie, Presidente. Intanto voglio ringraziare i gruppi che si sono fatti carico di presentare una mozione parlamentare su Stellantis e sul futuro dell'automotive italiana. Saremo anche noi della partita e nelle prossime ore depositeremo un nostro testo, provando a interloquire con tanti dei contenuti che oggi sono stati introdotti nella discussione. Proveremo a farlo partendo da un principio di realtà: questo è un dibattito non più rinviabile, che ha un'urgenza oggettiva che sta dentro, innanzitutto, a una gelata del settore dell'automotive, che non può essere esclusivamente rinchiusa all'interno dei nostri confini nazionali. Lo voglio dire con grande franchezza: la preoccupazione è generale. Guardiamo la Germania e gli annunci di Volkswagen di licenziamenti: non c'erano licenziamenti nel settore automobilistico dagli inizi degli anni Settanta. Audi chiude due fabbriche e neanche Mercedes se la passa troppo bene. Per quello che riguarda Stellantis, siamo dentro a una fusione che sembra tendere, ormai, ad avvantaggiare solo uno dei due contraenti.
Guardiamo un dato che, secondo me, forse, è quello più emblematico. Poi, chiaramente, se stiamo sul terreno dei dividendi, la storia da raccontare è un'altra, ma andiamo ai dati della produzione, che sono quelli che ci interessano sui quali è giusto aprire una riflessione. 2024, Francia: un milione di auto prodotte per 19 modelli nuovi e 90 per cento della componentistica. 2024, Italia: mezzo milione di auto prodotte, eppure, come veniva citato prima dai colleghi meglio di me, il prestito SACE, sicuramente restituito nei tempi giusti, imponeva tra le condizionalità un ritorno agli stessi livelli di produzione degli anni precedenti. Siamo a mezzo milione, signor Presidente, su 15 modelli automobilistici abbastanza vetusti e destinati ad uscire dalla produzione. Se guardiamo alla vicenda di Pomigliano d'Arco, entro il 2029 la Panda uscirà di produzione e, nel frattempo, quella stessa Panda, che si produce a Pomigliano, verrà prodotta anche in Serbia.
Dunque, noi siamo di fronte a un cammino che rischia di penalizzare non solo Stellantis, ma l'Italia e la sua - a proposito di sovranismo - sovranità nel settore manifatturiero, in un'industria che, ancora oggi, ha un impatto sull'economia italiana decisivo e fondamentale. I numeri sono abbastanza evidenti: 5.500 imprese, 272.000 addetti in tutto il settore che circola attorno all'automotive, quasi il 6 per cento del prodotto interno lordo e 76 miliardi annui di gettito fiscale. Stellantis ha 40.000 addetti diretti: siamo, rispetto al 2015, già sotto di 11.500 unità; e in alcune regioni - penso al Piemonte - siamo quasi al 50 per cento di Cassa integrazione. Forse qualche errore è stato compiuto. E forse, tra gli errori, c'è anche il fatto di aver orientato gli incentivi sul terreno della domanda, mentre, invece, occorreva orientarli sul terreno dell'offerta e, dunque, sull'innovazione di processo e di prodotto, che serviva innanzitutto per qualificare la sfida di Stellantis.
Un Governo può fare tanti mestieri - e questo è un Governo che fa tante parti in commedia - ma uno non può farlo, ossia quello di andare a solleticare istinti e pregiudizi, a fare politica col torcicollo. Io non credo che serva una Presidente del Consiglio che si rechi all'assemblea di Confindustria e si metta a fare la paladina del rinvio dell'uscita dalla produzione del motore endotermico. Anche perché, parlando a quell'assemblea di imprenditori, anziché dire loro la verità, li ha presi in giro, perché la Presidente del Consiglio sa benissimo che questo non si può fare. Cosa dovrebbero fare un Governo e un Presidente del Consiglio che provano a fare politica, a portare il proprio Paese nella modernità, a salvare gli stabilimenti Stellantis e la manifattura? Provano a spingere sul terreno dell'innovazione e costruiscono anche una sfida positiva, da questo punto di vista, con Stellantis, introducendo condizionalità e aprendo un ragionamento sul futuro dell'automotive. Allora, la domanda che mi pongo è: per quale motivo Giorgia Meloni non ha ancora convocato in maniera permanente un tavolo integralmente dedicato all'automotive a Palazzo Chigi? Non può essere una vicenda che viene affrontata dai singoli Ministeri. Stiamo parlando del futuro della manifattura italiana e della manifattura della sesta potenza economica al mondo.
E per quale motivo non c'è uno sforzo, incentivato anche alla politica, a introdurre condizionalità per costruire modelli che parlino a mercati più ampi e che vincano la sfida della competizione? E perché allo stesso tempo non c'è un rapporto, un dialogo più stretto anche con le forze sindacali? Noi qui ci troviamo di fronte, nel pieno di questa difficoltà, di questa crisi, ci troviamo di fronte a scelte difficili. C'è un rinnovo contrattuale: che impegno mette in campo il Governo? Mette impegno mette in campo un impegno per garantire quei livelli di retribuzione necessari per evitare che i salari e gli stipendi dei lavoratori metalmeccanici siano mangiati dall'inflazione, che il loro potere d'acquisto venga ancora ridimensionato, oppure ci mette un carico, anche nel rapporto con Stellantis e con i produttori?
Secondo, dentro quella piattaforma di CGIL, CISL e UIL, di FIOM, FIM e UILM, delle categorie metalmeccaniche dei principali sindacati italiani, c'è la sfida dell'innovazione, a partire dalla riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. Sì, non è un caso che cito questo tema, che è anche oggetto di un lavoro, di una discussione che è in corso in Commissione lavoro e che arriverà in Aula quest'autunno, sul quale le forze progressiste vogliono fare uno sforzo di unità, di costruzione di un'ipotesi unitaria. Quella sfida, innanzitutto, ha un doppio dividendo: da un lato, sul terreno della produttività, ma, dall'altro, sulla salvaguardia necessaria di posti di lavoro in tante aziende che oggi stanno reagendo sul terreno della cassa integrazione. Penso a Pomigliano, penso a Mirafiori, penso a Cassino, penso agli stabilimenti che sono stati citati di Atessa, ma penso anche a tutto quello che si muove attorno al settore metalmeccanico, a partire dalla produzione degli autobus dove, anche grazie all'impegno del Partito Democratico e dei sindacati, siamo riusciti - penso a Crevalcore - a evitare ulteriori disastri. Noi ci troviamo, però, di fronte a questo dato. Dunque, la sfida dell'innovazione, la sfida e la salvaguardia dei posti di lavoro, la sfida necessaria per questo Governo di aprire anche interlocuzioni con altri. Ora, veniva detto da tanti colleghi, non ci ritorno, il rapporto tra FIAT e il nostro Paese è strettamente intrecciato. Qui non si tratta di fare una polemica sul passato, sulle occasioni perse, sulle risorse che sono state messe in campo. Mettiamola così: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. E, però, c'è una questione di fondo: un grande Paese come il nostro che ha scelto la strada degli incentivi sulla domanda, e non la strada degli incentivi sull'innovazione di processo e di prodotto, beh forse il tema di un secondo produttore deve cominciarselo a porre. Un Governo che ha in testa politiche industriali e di salvaguardia della manifattura in questo Paese, a partire dal settore dell'automotive, questo punto lo deve mettere a tema, a terra, persino il rapporto con Stellantis. Rapporto che deve essere costruito su elementi di verità, sull'interesse reciproco a rilanciare il settore e a rimettere al centro quelle promesse che oggi sembrano smarrite e perse. Deve porsi inevitabilmente il tema, anche di un eccesso, la dico così, forse di scarsa sensibilità dell'azienda di questa multinazionale rispetto alle difficoltà di larga parte dei propri dipendenti.
Insomma, qui non è che stiamo svelando dei segreti, quando vediamo che l'utile netto nel 2023 di Stellantis è quasi di 19 miliardi, più 11 per cento rispetto all'anno precedente e che i dividendi distribuiti dalla Exor, la holding dove è presente la famiglia Elkann, che ha il 14 per cento di Stellantis, fa 700 milioni di euro. Tavares, di cui chiediamo nelle mozioni - e noi siamo d'accordo - insieme alla proprietà che venga convocato, audito e incluso in tutta questa sfida, guadagna ogni anno 23 milioni di euro, più di 12.000 dipendenti della propria azienda. Negli anni Cinquanta, Valletta, che non era sicuramente un esponente del mondo progressista, sosteneva che se un manager guadagna dieci volte più del proprio lavoratore dipendente, c'è un problema, Valletta. E allora, io credo che dobbiamo fare questo sforzo: dobbiamo mettere al centro questa sfida, salvare il settore automobilistico, costruire un rapporto paritario con Stellantis, mettere al centro tutte le iniziative possibili per rilanciare questo settore, ragionare in grande e non ragionare con il torcicollo.