Egregio Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, oggi siamo in quest'Aula ad assumerci una responsabilità importante. Dobbiamo dimostrare alle mamme, ai papà, alle sorelle, ai fratelli, ai figli e alle figlie di 82 donne uccise quest'anno, e di altrettante lo scorso anno e i precedenti, che noi consideriamo questa mattanza una priorità da debellare, con piena responsabilità pubblica. Dobbiamo trovarci qui tra un anno, con risultati concreti, che non saranno definitivi per un fenomeno così esteso e radicato, ma che devono evidenziare con chiarezza che siamo stati concreti; donne e uomini di questo Parlamento che sentono il dovere di superare le liturgie retoriche di una stanca narrazione di numeri e che ci mettono la faccia, impegnandosi concretamente nei confronti di quei familiari e delle migliaia di donne che, dietro le mura delle nostre case, subiscono violenza psicologica, economica, fisica e sessuale tutti i giorni e che, mentre noi stiamo qui a discutere, stanno subendo violenze e prevaricazioni, e statisticamente, purtroppo, almeno una di loro sta per essere uccisa.
Ho l'onere e l'onore di illustrare la mozione proposta dal Partito Democratico, solo, in realtà, nelle sue parti che superano il minimo comun denominatore di tutte quelle depositate, perché è molto corposa, avendo assunto la forma di un compendio di tutto quanto negli ultimi anni è stato fatto di contrasto alla violenza sulle donne da quando si è squarciato il velo su questo tabù. Parliamo di iniziative legislative su cui si è registrata, in questo Parlamento, l'approvazione di proposte di legge provenienti spesso dalla nostra forza politica, ma che hanno incontrato il favore di tutta l'Aula. Il problema è che le buone leggi non bastano se le misure messe in campo non sono sufficientemente sostenute ed equamente diffuse nel Paese, se non soddisfano il bisogno reale o se non centrano perfettamente l'obiettivo.
L'efficacia e l'appropriatezza degli strumenti e degli interventi messi in campo di prevenzione, presa in carico e accompagnamento devono diventare una nostra ossessione, perché, se dopo anni in cui la legislazione, gli studi, l'impegno degli enti locali, delle istituzioni territoriali, delle associazioni competenti hanno fatto grandi passi avanti, la cronaca quotidiana è ancora, però, così drammatica, allora qualcosa continua a non funzionare. E se l'apice del fenomeno che il femminicidio ci sbatte in faccia è una donna uccisa ogni tre giorni, abbiamo però, se l'Istat non si sbaglia, un sommerso di violenza endemica che è dieci volte maggiore di quello che emerge.
Il documento del Partito Democratico di richieste al Governo insiste dunque per migliorare alcune azioni e potenziarne altre. Viviamo in un Paese in cui le donne che lavorano sono meno del 50 per cento e quando lavorano guadagnano la metà dei propri compagni, fratelli, padri, anche se magari hanno studiato di più; e se decidono di avere un figlio, quel lavoro lo perdono o ottengono un part time che renderà più povere loro e le loro famiglie, ne comprometterà la carriera e regalerà loro una pensione da povere.
In un Paese in cui queste palesi discriminazioni sono all'ordine del giorno o sono accettate dovremmo, dunque, stupirci della violenza sulle donne? Ogni volta che, mestamente, con la sconfitta nel cuore, partecipiamo alle fiaccolate per Giulia, Carla, Eleonora, uccise da chi avevano amato solo perché avevano scelto di terminare una storia e di essere libere, ci diciamo che c'è un problema culturale. È esattamente così. E allora il Partito Democratico chiede che il nostro sforzo maggiore, quello che porta con sé l'investimento più grande e di più lungo periodo, ma sicuramente il più concreto ed efficace, sia quello sull'educazione scolastica, sensibilizzando e finanziando progetti specifici contro gli stereotipi di genere e di educazione a relazioni corrette e rispettose, sull'uso consapevole del linguaggio dei social network, estendendo, però, tali progetti alla comunità educante in senso largo, quindi anche alle associazioni sportive, culturali e religiose, dove bambini, bambine, ragazzi e ragazze possano imparare il rispetto e il riconoscimento del valore delle reciproche differenze.
Chiediamo, inoltre, che alle donne sia garantita la possibilità di scegliere davvero di uscire in sicurezza dalla violenza non solo attraverso strumenti di accoglienza, ma di presa in carico complessiva e integrata insieme ai loro figli, sostenendo protocolli di rete tra istituzioni e associazionismo e valorizzando le best practice introdotte anche a livello regionale. Dobbiamo assicurare loro la possibilità di costruirsi una nuova vita, e quindi assicurargli in qualsiasi luogo del Paese vivano aiuti speciali per l'inserimento nel mondo del lavoro. Chiediamo pertanto l'estensione del congedo indennizzato dai tre attuali ad almeno sei mesi e la strutturalità del reddito di libertà. Considerate le difficoltà odierne del mercato del lavoro, chiediamo che sia sostenuta l'autonomia abitativa di queste vittime e dei loro figli. Chiediamo che si potenzi ogni sforzo per prevenire e perseguire ogni forma di violenza e molestia sul luogo di lavoro. Chiediamo di verificare lo stato di applicazione delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie ospedaliere in tema di soccorso, vedi “Percorso rosa”.
Chiediamo che sia monitorata e garantita l'applicazione della clausola del 30 per cento di occupazione femminile nei progetti del PNRR. Chiediamo, inoltre, un'attività di monitoraggio della diffusione delle armi per uso personale, a cui corrisponda una tempestiva ed efficace comunicazione ai familiari conviventi. La battaglia contro la violenza può portarci, però, a vincere la guerra a questa piaga sociale solo se lavoreremo sulla sua ancora diffusa accettabilità e accettazione. C'è bisogno che questa diventi una battaglia di tutti, davvero, non solo delle donne. Chiediamo allora di predisporre, attraverso la comunicazione istituzionale, una vasta campagna di sensibilizzazione rivolta agli uomini per la crescita della consapevolezza maschile della violenza sulle donne, perché il problema della violenza maschile contro le donne diventa un problema delle donne, ma nasce come problema degli uomini, incapaci di vedersi e riconoscersi maltrattanti e di accettare che le relazioni affettive possano anche finire.
Se tutti non si fanno consapevoli di questo e non agiscono con un loro contributo, ciascuno per come può, in termini educativi, comportamentali, politici, per costruire una cultura della parità e dell'uguaglianza, continueremo ad essere un Paese di mancata democrazia e giustizia, le nostre figlie e nipoti erediteranno un destino immutato e continueremo ad avere una donna uccisa ogni tre giorni da un ex compagno o un ex marito incapace di accettare la fine della loro storia.