Grazie, Presidente. Intervengo, a nome del Partito Democratico, su una mozione, che anche noi presenteremo nelle prossime ore, che tratterà diversi aspetti del tema, che anche i colleghi hanno già citato, e, in particolare, la legalizzazione della cannabis, la cannabis light, la cannabis terapeutica e la canapa industriale, insomma i diversi aspetti che hanno a che fare con questo tema. Questo Parlamento, in passato, si è già occupato della legalizzazione della cannabis, anche in occasione dei diversi tentativi di referendum che sono stati promossi a partire dal 1981, poi nel 1993, nel 1997 e, da ultimo, nel 2022, e delle proposte di legge che, nelle varie legislature - e anche in questa -, sono state presentate dai colleghi.
È, quindi, opportuno che questo Parlamento lo faccia anche ora, perché è un tema sentito, in particolare, dalle giovani generazioni. È un tema che ha prodotto mobilitazioni molto significative e di massa, con riferimento al quale - che lo vogliano o meno i detrattori -, a nostro avviso- è necessario che questo Parlamento prenda un orientamento, in modo chiaro e senza rimanere in mezzo al guado di logiche proibizioniste, securitarie e ideologiche che sono risultate fallimentari non solo in Italia, ma in tutto il mondo.
Già nel 2016, la Commissione giustizia di questa Camera svolse alcune audizioni proprio in relazione alle proposte di legge che erano state depositate. Tra quelle audizioni, voglio citare quelle dell'allora procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, di cui voglio riproporre, in questo mio intervento, alcune sue riflessioni, perché le ritengo ancora utili alla nostra discussione. Condivido, infatti, con lui che qualunque ipotesi di legalizzazione delle droghe leggere andrebbe inquadrata in una strategia di potenziamento della complessiva azione di contrasto al narcotraffico nei termini che la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha costantemente indicato nelle relazioni annuali trasmesse al Parlamento. Per questo, proverò a sviluppare, nel mio intervento, una riflessione su questi aspetti che legano la cannabis al mercato delle droghe, nel suo complesso, e alla criminalità organizzata, che lo gestisce, perché, su questo tema, la Direzione nazionale antimafia ha fornito un contributo a più riprese di natura pragmatica, scevro da pregiudizi politici e ideologici ed esclusivamente fondato su fatti e circostanze documentati. Ed è a questo che la nostra discussione credo dovrebbe cominciare a fare riferimento, con la finalità di trovare soluzioni concrete ai complessi e numerosi problemi della materia, molti dei quali, da troppo tempo, si ripropongono reiteratamente uguali a se stessi, senza che vi sia una risposta di sistema davvero efficace.
È chiaro che parliamo di un tema di cui bisogna fare un'analisi in tutti i suoi aspetti, quali le dimensioni quantitative e qualitative del narcotraffico, l'entità del mercato, il numero dei consumatori, le dinamiche criminali che muovono il sistema del narcotraffico, le grandi organizzazioni che le governano, la quantità di risorse finanziarie che il fenomeno muove, la direzione verso cui tali risorse vengono indirizzate e, infine, in senso dinamico, i trend dei profili evolutivi sia del traffico, sia del consumo. Poi ci sono, ovviamente, i risultati raggiunti dall'azione di contrasto. Infine, ci sono gli elementi che la DNA, in particolare, ha sempre rappresentato, individuando le criticità dell'azione di contrasto ed esprimendo una valutazione onesta sulla sua adeguatezza, svolta sulla base dei dati e delle circostanze di fatto acquisite.
La relazione del 2024, con i dati del 2023, ci racconta che il mercato delle droghe è stato gestito da gruppi criminali che non pongono limiti ai confini geografici della loro attività, dimostrando di essere in grado di superare qualsiasi difficoltà di comunicazione, trasporto e occultamento della droga. In aggiunta al coinvolgimento di sodalizi mafiosi più volte riscontrato, le indagini condotte dalle Forze di Polizia hanno documentato l'operatività di gruppi misti, costituiti da persone di diverse nazionalità, così come le interazioni tra le componenti straniere e i gruppi italiani. Si tratta, a volte, di soggetti che, pur non essendo stabilmente inseriti in strutture criminali organizzate, hanno capacità relazionali, logistiche, finanziarie e di comunicazione tipiche delle associazioni di tipo mafioso.
Allora, l'osservazione dei fenomeni criminali e l'analisi degli indicatori offerti dalle attività antidroga concluse nel 2023 dalle Forze di Polizia sotto il coordinamento della Direzione centrale per i servizi antidroga avvalorano la costante presenza di due aspetti: il primo è il crescente impiego della tecnologia crittografica, vero e proprio ostacolo allo sviluppo delle indagini per il contrasto al traffico; il secondo è la contiguità in ambito portuale, che agevola le movimentazione di container nei quali è occultato lo stupefacente.
Dunque, in base ai luoghi di produzione, le principali rotte mondiali della marijuana sono: la rotta latino-americana, la rotta adriatica, la rotta balcanica, la rotta africana, dentro alla quale si inserisce il rapporto con il nostro Paese. In Italia, la marijuana arriva principalmente dall'Albania via mare, come attestano i sequestri nelle acque antistanti le aree portuali. L'hashish trafficato in Europa proviene soprattutto dal Marocco, mentre l'hashish proveniente dall'Asia è estradato sulle rotte terrestri che portano in Europa e, poiché la produzione della marijuana è diffusa in varie aree del pianeta le organizzazioni criminali coinvolte nel traffico sono numerose. Dunque, è estremamente complesso fare una stima dei livelli globali di produzione illecita di cannabis, non solo a causa delle immaginabili difficoltà di monitoraggio e segnalazione, ma, soprattutto, perché la sua coltivazione è presente in tutte le regioni del mondo, sia in dimensioni diverse, dalle piccole colture per uso personale alle coltivazioni su vasta scala in piantagioni, sia negli ambienti più disparati, indoor e outdoor.
Ciò non toglie che la cannabis sia di gran lunga la droga più consumata a livello mondiale. Si stima che, nel 2021, abbiano fatto uso di cannabis 219 milioni di persone nel mondo, pari al 4,3 della popolazione globale adulta, con un aumento, nell'ultimo decennio, del 21 per cento, sebbene i dati sui sequestri mondiali nel 2021 siano risultati in diminuzione. Una conferma della diffusione mondiale del consumo di cannabis viene anche dai dati sui sequestri nell'Unione europea, che, durante il COVID-19, sono calati, ma sono risaliti nel 2021 e hanno raggiunto livelli record, pari a 256 tonnellate di marijuana e circa 816 tonnellate di hashish.
In questo complesso scenario, si rafforza il ruolo egemone della 'ndrangheta calabrese, che continua a rappresentare l'organizzazione mafiosa italiana più insidiosa e pervasiva, caratterizzata da una pronunciata tendenza all'espansione, su scala sia nazionale sia internazionale, e una delle più potenti e pericolose organizzazioni criminali del mondo.
La disponibilità di ingenti capitali di provenienza illecita e una spiccata capacità di gestione dei diversi segmenti e snodi del traffico le hanno permesso, nel tempo, di consolidare un ruolo rilevante nel narcotraffico.
Anche la camorra ha proseguito nelle attività di importazione di stupefacenti, soprattutto hashish e cocaina, sfruttando, per un verso, le proprie proiezioni operative in Spagna, nei Paesi del Sud America, in Africa e nella penisola arabica e, per l'altro, la stretta collaborazione con le cosche calabresi. Quindi, emergono dalle indagini accordi e alleanze intrecciati, sia con i trafficanti sudamericani, sia con quelli olandesi di origine marocchina, attivi nei porti di Rotterdam e di Anversa.
Ma prima di tutto, vogliamo sottolineare che l'azione di contrasto efficace che questi dati ci confermano non è quella che tende solo al mero contenimento del fenomeno, bensì quella che è in grado di invertire il trend in continua crescita del narcotraffico e che, nel corso degli ultimi trent'anni, ha aumentato a dismisura il potere criminale finanziato dai narcotrafficanti e che, attualmente, costituisce una preziosa risorsa anche per i terroristi.
È già stato evidenziato in passato come il crimine organizzato si sia rafforzato negli anni, sia nel nostro Paese, sia nel mondo intero, grazie proprio al controllo di un mercato che vale annualmente 560 miliardi di euro a livello globale e circa 30 miliardi di euro in Italia, pari circa al 2 per cento del PIL nazionale, ricchezza illecita inevitabilmente destinata a rifluire in gran parte sul mercato finanziario ed economico legale, alterando le regole essenziali e, fra queste, la più importante, che è quella che, in un sistema liberaldemocratico, assicura giustizia, equità e progresso sociale, ossia la parità di partenza tra i diversi operatori economici.
Quindi, negli ultimi 20-25 anni, in concreto, è stato stimato che, anche oggi, le narcomafie dispongano, al netto, di un patrimonio ripulito presente sui mercati finanziari, di una cifra pari a circa 8.300 miliardi di euro e di circa 400 miliardi nel nostro Paese, patrimonio che, come testimonia la UNODC, la più prestigiosa agenzia internazionale che si occupa di crimine organizzato, di anno in anno si incrementa di circa 20 miliardi di euro.
Pensiamo a quanta corruzione può essere alimentata da soggetti criminali che dispongono di queste entrate e di questi patrimoni. Da qui nasce la priorità dell'azione di contrasto al narcotraffico e proprio su questo terreno la sua efficacia deve essere misurata, verificando, cioè, la sua capacità di superare un inaccettabile status quo e di invertire una rotta che ha portato, negli ultimi 30 anni, a concentrare in mani criminali rilevantissime risorse illecite, che rischiano di condizionare l'economia legale e lo sviluppo del Paese. Questo non lo dicono soltanto il semplice deputato Vaccari o il Partito Democratico, ma lo hanno detto procuratori nazionali antimafia, magistrati, procuratori della Repubblica impegnati nella lotta al narcotraffico, che hanno toccato con mano il problema.
E se, come crediamo, il cuore del problema è rappresentato dalla capacità del narcotraffico di creare e concentrare ricchezze illecite, allora l'azione di contrasto deve essere sviluppata in modo diverso e in tale direzione. In sostanza, dovrebbero essere impiegate in modo più incisivo le risorse, assai rilevanti, che pure vengono spese su questo fronte. In questa prospettiva va osservato che, sul fronte delle droghe pesanti, pur non conseguendo lo sperato risultato di inversione del trend, si è, tuttavia, ottenuto un sensibile contenimento del fenomeno.
Gli stessi risultati, però, non si sono ottenuti, nonostante lo stesso impegno, nel settore del contrasto al traffico della cannabis, sempre più fiorente grazie al consumo incontrollato di massa. Allora, quello che bisogna chiedersi è quante migliaia di ufficiali di Polizia giudiziaria impegniamo complessivamente nel settore della repressione del traffico di cannabis, considerando, prima, il numero degli agenti impegnati ad effettuare sul territorio questi interventi, poi quello degli ufficiali di PG impegnati a redigere le relative informative e verbali e, infine, quello di Carabinieri, finanzieri, poliziotti quotidianamente impegnati nei tribunali per deporre in udienza?
Quanti magistrati, cancellieri, agenti della Polizia penitenziaria, funzionari di prefettura, assistenti sociali impieghiamo per dare corso alle denunce, ai processi, alle segnalazioni di natura amministrativa per lo spaccio, il traffico o per la mera detenzione di tale sostanza? E con quali risultati? Le risposte, anche qui, ce le forniscono in modo agevole i dati. Sul fronte repressivo, impegniamo circa la metà delle forze che abbiamo a disposizione sul campo per contrastare complessivamente il narcotraffico e il conseguente e gravissimo fenomeno del riciclaggio.
Quindi non sarebbe pensabile impiegare più uomini e mezzi nella repressione del fenomeno, perché ciò sottrarrebbe le residue risorse all'azione di contrasto contro fenomeni che lo stesso legislatore ritiene più gravi, come le droghe pesanti, il riciclaggio, la corruzione, il contrasto delle mafie e del terrorismo, ma sarebbe necessario dirottare risorse ed energie dalla repressione di fenomeni meno gravi verso quelli ben più gravi che abbiamo indicato. La verità è che, di fronte a 80 milioni di consumatori presenti nella sola Europa, di fronte a un mercato che ormai ha l'ampiezza di quello della Coca Cola, dei tabacchi e degli alcolici, lo strumento penale diviene in sé inadeguato, e lo è ancora di più quando la pericolosità del fenomeno è sempre meno avvertita.
Allora ecco una parte delle ragioni che ci ha motivato a presentare la nostra mozione. La legalizzazione, se correttamente attuata, potrebbe portare ad una rilevante liberazione di risorse umane e finanziarie in diversi comparti della pubblica amministrazione, ad una ancora più importante liberazione di risorse nel settore della giustizia, dove sono decine di migliaia i procedimenti penali che richiedono l'impegno di magistrati e cancellieri, con risultati spesso del tutto inconcludenti, ad una perdita secca di importanti risorse finanziarie per le mafie e per il sottobosco criminale che, ad oggi, hanno il monopolio del traffico, ad una contestuale acquisizione di risorse finanziarie per lo Stato attraverso la riscossione delle accise e, infine, al prosciugamento di una più ampia prospettiva di legalizzazione a livello europeo di risorse economiche e finanziarie per il terrorismo integralista, che controlla la produzione afgana di cannabis.
In conclusione ad un vero rilancio, attraverso la liberalizzazione e l'acquisizione delle predette risorse, dell'azione strategica di contrasto che deve mirare ad incidere sugli aspetti davvero intollerabili di aggressione e minaccia che il narcotraffico porta sia alla salute pubblica, attraverso la diffusione di droghe pesanti e sintetiche, che all'economia e alla libera concorrenza.
Ecco perché abbiamo chiesto e chiederemo con questa mozione e ci aspettiamo dal Governo un cambio di passo concreto ed efficace, segnali importanti, in particolare, a partire dalle proposte di mozioni che sono state presentate, per poter aprire una discussione vera, libera da pregiudizi ideologici, ma anche sulla base di dati e rilievi scientifici, come quelli che abbiamo riportato, che dovrebbero, contestualmente, dare il segno di questo rinnovato sforzo dello Stato contro le narcomafie per aggredire uno degli aspetti fondamentali.