Grazie, Presidente. L'iniziativa del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra è pregevole, perché consente alla nostra Aula, alla Camera dei deputati, di esprimersi su un tema non nuovo, estremamente rilevante, in relazione alla qualità sostanziale della nostra democrazia. Infatti, pur entrando in campo interessi e beni costituzionali, tutti rilevanti, nell'assenza di equilibrio tra quei beni rischiamo che la nostra produzione normativa non tuteli efficacemente il diritto dei giornalisti e, dunque, dell'informazione, alla libertà e all'indipendenza del proprio esercizio. Non è un tema nuovo perché il Parlamento ha affrontato in più occasioni l'esigenza di adeguamento, aggiornamento e modificazione della normativa nazionale. Tuttavia, ad oggi, le iniziative legislative in materia non hanno prodotto risultato. È pur vero che al Senato della Repubblica sono oggetto di esame alcune proposte che si prefiggono l'obiettivo di innovare la normativa e arrivare a tutelare la libertà del giornalista, del giornalismo e, dunque, dell'informazione, dinanzi ad azioni intimidatorie di terzi, finalizzate a comprimere la libertà di esercizio professionale e, dunque, il diritto all'informazione. Da questo punto di vista, noi del Partito Democratico rivendichiamo l'azione che, in questo caso, i nostri colleghi al Senato hanno svolto e stanno svolgendo sin dall'inizio di questa legislatura, nella quale sono andati a recuperare il lavoro già svolto nella precedente.
In particolare, ci sono tre proposte di iniziativa legislativa del Partito Democratico, tra loro complementari, con basi e finalità comuni: la prima, a prima firma del senatore Verini; la seconda, a prima firma del senatore Martella; e la terza, a prima firma del senatore Mirabelli. Queste proposte, tra loro complementari, si prefiggono l'obiettivo di tutelare il lavoro del giornalista rispetto ad azioni di intimidazione provenienti da terzi e, dunque, sono finalizzate a dissuadere le querele temerarie, che, per l'appunto, hanno l'obiettivo di impedire quell'azione libera e professionale e, dunque, anche il diritto all'informazione dei consociati, ovviamente tenendo insieme il diritto del cittadino che si sente leso nella propria reputazione ad agire in giudizio perché siano tutelati i propri diritti.
Sono beni così importanti rispetto ai quali il legislatore non può scegliere di dimenticarne uno, perché se sceglie di dimenticarne uno la qualità della nostra democrazia viene meno, diminuisce sensibilmente. Quel lavoro dei nostri colleghi, come dicevo, ha delle basi comuni, in particolare - anche qui, tema annoso, non ancora risolto - il superamento della punizione del carcere per il giornalista; tema annoso, affrontato anche in sede giurisdizionale, ma non ancora risolto dal legislatore. In particolare, questa iniziativa legislativa del Partito Democratico al Senato prende le mosse dal lavoro svolto nella precedente legislatura, dove un disegno di legge a prima firma Mirabelli era quasi giunto alla conclusione dell'iter approvativo e aveva consentito di costruire un sistema i cui elementi più significativi, pur in un tema di rilevante complessità, si prefiggevano lo scopo di tenere insieme il diritto del cittadino alla tutela della propria reputazione, ma anche il diritto del giornalista all'esercizio libero e indipendente, senza costrizioni, della propria attività. La realizzazione di questo obiettivo - che anche in queste proposte viene evidenziato - non può non passare dall'eliminazione del carcere per i giornalisti, non limitandosi a questo pur decisivo e importante aspetto.
Vi sono altre proposte contenute in queste iniziative, come la sistemazione normativa degli obblighi delle testate online registrate, l'istituzione di un Giurì d'onore per i giornalisti, ma complessivamente queste iniziative hanno l'obiettivo - che è riproposto nella mozione del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra - di tutelare i giornalisti nell'esercizio della loro attività. Queste iniziative, qualora arrivassero a divenire legge nel nostro Paese, produrrebbero l'utile risultato di far risalire anche il nostro Paese nelle classifiche internazionali sulla libertà di informazione, dove non si posiziona bene e non è coerente con gli standard democratici che noi invece pretendiamo il nostro Paese abbia.
Più nello specifico, sul tema del carcere, è evidente che il tema della parola pubblica e dei limiti della libertà di espressione impone un'attenzione molto particolare, e ciò è reso ancor più necessario dalle conseguenze dello sviluppo tecnologico e dall'impatto che esso ha avuto sul mondo dell'informazione. Sono, però, evidenti gli strumenti giuridici, europei e internazionali, come la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che, all'articolo 11, prevede che ogni persona ha diritto alla libertà di espressione e tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o comunicare informazioni e idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche; o come la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che, all'articolo 10, sancisce, a sua volta, il diritto di espressione e ribadisce che l'esercizio di questa libertà comporta doveri e responsabilità. Gli Stati possono controllare tramite leggi il rispetto di questa libertà, ma anche l'adempimento degli oneri deve essere proporzionato. Su questo, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha detto con molta chiarezza che le pene detentive non sono compatibili con la libertà di espressione, perché il carcere ha effetti deterrenti sull'esercizio della libertà di informare da parte dei giornalisti. Sostanzialmente, dunque, già la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo indica la strada che il nostro legislatore deve rispettare per non entrare in conflitto con i diritti fondamentali previsti dalla Convenzione europea. Il che, ovviamente, non vuol dire che verranno meno sanzioni in caso di violazioni, ma vi sono sanzioni assolutamente più congrue e più adeguate, come ad esempio il rafforzamento del codice deontologico, la responsabilizzazione degli autori e dei direttori, che hanno il dovere di vigilare sui contenuti, tutti più congrui e più adeguati della sanzione al carcere che deve essere cancellata.
Questa iniziativa è contenuta nella proposta di legge Verini, ma è anche nella proposta di legge Martella, perché anche in quella proposta si ripercorre l'iniziativa della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, a partire dalla sentenza del 2009 (Kydonis contro Grecia), con la quale la Corte di Strasburgo ha condannato la Grecia al risarcimento di un giornalista, perché le pene detentive, sostiene la Corte, non sono compatibili con la libertà di espressione e ancora una volta, che il carcere ha un effetto deterrente sulla libertà dei giornalisti di informare. Non c'è solo la Corte europea dei diritti dell'uomo, c'è anche la Corte costituzionale, che ha ricordato come la professione giornalistica debba essere protetta dalla prospettiva del carcere, che deve restare esclusa per il giornalista o per chiunque altro abbia manifestato, attraverso la stampa o altri mezzi di pubblicità, la propria opinione.
Oltre al tema del carcere, la cui iniziativa del Parlamento non può non essere coerente con questi dettati così autorevoli, vi sono altri interventi assolutamente rilevanti, quali quello delle liti temerarie, come scoraggiarle. Anche questo tema è affrontato nelle proposte di iniziativa legislativa. Le querele temerarie possono diventare strumenti intimidatori in grado di condizionare le inchieste e la libera circolazione delle informazioni, impedendo di portare alla luce situazioni anche di grave illegalità.
Allora le proposte del Partito Democratico vanno nella direzione di prevedere forme di responsabilità civile aggravata a carico di coloro che promuovono azioni risarcitorie prive di consistenza per diffamazione a mezzo della stampa e prevedendo, oltre al rimborso delle spese a risarcimento a favore del convenuto, anche il pagamento di una somma determinata dal giudice in via equitativa. Anche questo principio è nella proposta del senatore Verini e trova definizione anche nella proposta del collega Mirabelli, con la quale si propone una modifica anche all'articolo 96 del codice di procedura civile, prevedendo un'ipotesi speciale di responsabilità aggravata civile di colui che, in malafede o con colpa grave, attivi un giudizio a fini risarcitori. Non mancano in queste proposte, ovviamente, le iniziative a tutela dell'altro bene, quella del soggetto che si pretende diffamato: ad esempio, proponiamo il diritto dell'interessato a domandare l'eliminazione, dai siti Internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione della legge.
Insomma, ciò che vogliamo ribadire anche in questa sede è che su questo tema così importante e così decisivo per l'assetto democratico del nostro Paese, il Partito Democratico è mobilitato nella istituzione parlamentare - in questo caso al Senato -, laddove in Commissione le iniziative sono analizzate. Ha messo in campo queste proposte, è disponibile a confrontarsi con gli altri gruppi parlamentari - auspichiamo tutti -, che condividono l'esigenza di innovare la nostra legislazione per andare a colmare le lacune oggi esistenti, denunciate anche da organismi giurisprudenziali così autorevoli, come la Corte costituzionale e la Corte europea dei diritti dell'uomo, trovando degli aspetti condivisi, quali, ad esempio, quello, da una parte, di scoraggiare le liti e le querele temerarie e dall'altro, di escludere definitivamente il carcere per i giornalisti. Siamo pronti a fare la nostra parte, confidando che attraverso il dibattito di oggi e le votazioni di domani, anche la Camera, insieme al Senato, vorrà far sentire la sua voce per giungere a una definizione normativa più puntuale e più coerente con il rispetto dei diritti fondamentali che l'Italia riconosce.