Grazie, Presidente. Se assumeva un profilo di grande rilevanza la discussione su questa mozione nel momento in cui è stata avviata, oggi, in questi giorni, diventa più che mai centrale nel dibattito del nostro Paese, perché lo riguarda ancora più direttamente, soprattutto dopo quello che è accaduto in questi giorni.
Le parole che abbiamo appena ascoltato di fantapolitica della Lega di adesso confermano ulteriormente il bisogno di una mozione come questa. Lo scorso mese, con una delegazione di deputate e deputati di questo Parlamento insieme a parlamentari europei e rappresentanti di organizzazioni umanitarie, siamo stati nella sede della Corte penale internazionale all'Aja, dove abbiamo incontrato i vertici della Corte per comprendere, da fonte diretta, la situazione per portare la nostra solidarietà a seguito dei pesanti attacchi che sta subendo da parte di alcuni Stati.
Mi riferisco alle proposte legislative in corso al Congresso degli Stati Uniti e alla Knesset israeliana, che prevedono sanzioni tali nei confronti della Corte, di chi ci lavora, dei soggetti economici che prestano loro i servizi che, se venissero attuate, renderebbero, di fatto, la Corte impossibilitata ad agire. E, se a questi percorsi si aggiungono le dichiarazioni di discredito che in questi mesi, in questi anni sono seguite - penso a quelle del Ministro russo Medvedev, che ha citato la Corte come una misera organizzazione internazionale a dichiarazioni più blande ma certamente altrettanto ambigue di alcuni nostri Ministri e della Premier -, la situazione diventa molto grave e necessita di un chiarimento e di una inequivocabile espressione di intenti, di riconoscimento pieno della Corte da parte di questo Parlamento. Ed è ancora più rilevante, se si considera che l'Italia è tra i fondatori della Corte, il Paese dove fu firmato lo Statuto di Roma. Quindi, il lavoro della Corte va rispettato ma in tutti i suoi passaggi: le indagini, gli eventuali mandati di arresto, le sentenze, mettendo in atto ogni forma di collaborazione che ogni passaggio richiede. Se l'Italia non rispetta questo, se l'Italia si allinea al discredito della Corte, se l'Italia non collabora con la Corte, il nostro Paese non solo rinnega i capisaldi della nostra politica estera degli ultimi decenni ma mette in discussione l'obiettivo di perseguire la legalità internazionale.
Ma come si è arrivati a questo? Perché questo accade? Intanto perché il 21 novembre scorso la Corte ha emesso dei mandati di arresto scomodi per il Primo Ministro israeliano Netanyahu, per Gallant, l'ex Ministro della Difesa, per Mohammed Deif, leader di Hamas, accusandoli di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità. Ma alla Corte non ci sono solo i procedimenti contro Netanyahu, Gallant e Deif ma anche quelli contro la Russia per i massacri compiuti, in particolare, per le deportazioni dei bambini nell'occupazione dell'Ucraina e tutte le altre procedure aperte contro le guerre e crimini, nel mondo, in varie parti del mondo, nell'Africa, dal Mali al Congo, perché la Corte penale internazionale opera appunto secondo principi di diritto internazionale. È un tribunale di ultima istanza, dove lavorano oltre mille persone di 109 paesi diversi, che supplisce le giurisdizioni nazionali quando queste omettono di perseguire i crimini previsti dallo Statuto di Roma. Ma, nonostante questo, quest'ultima decisione ha generato forti reazioni politiche. Netanyahu stesso ha definito addirittura la mossa antisemita, motivata politicamente, nonostante la Corte accusi singoli individui, ovviamente, e non lo Stato di Israele. La decisione, invece, secondo noi rappresenta un passo importante per la giustizia internazionale. Certo, pone sfide politiche e diplomatiche complesse, ad affrontare le quali occorre essere all'altezza. Il nostro Governo avrebbe dovuto dimostrare di essere all'altezza ma così non è stato e non è. Ed è accaduto che mentre l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione, Borrell dichiarava, prima dello scadere del proprio incarico, che le decisioni della Corte sono vincolanti per gli Stati membri, i rappresentanti del nostro Governo balbettano dichiarazioni in ordine sparso, lontane dal rispetto del diritto internazionale. Il Ministro Salvini dichiarava che il Premier israeliano sarebbe stato il benvenuto in Italia. Il Ministro Tajani insinuava che le decisioni della Corte dovrebbero essere giuridiche e non politiche e che si doveva applicare l'immunità, in palese contrasto con la Corte stessa. E voi, con i vostri pareri, avete continuato a reiterare il tema dell'immunità già contrastata dalla stessa Corte, che ne ha escluso la prevalenza. Ha escluso la prevalenza delle norme internazionali sull'immunità rispetto alle sue pronunce per crimini di guerra, quindi di cosa stiamo parlando? La Premier Meloni annunciava approfondimenti, tenendo a sottolineare però che le motivazioni della Corte dovevano essere oggettive e non politiche. Credo che si capisca bene da questa sequenza di dichiarazioni che no, che il nostro Governo non è stato all'altezza del presidio della tutela della legalità internazionale.
Poi, solo pochi giorni fa è accaduto un fatto clamoroso: la scarcerazione di Al-Masri, per cui peraltro apprendiamo che adesso sembrano essere emanati avvisi di garanzia per peculato e favoreggiamento per Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano. Noi rispettiamo sempre la magistratura e attendiamo l'evoluzione del suo operato, ma nulla toglie alla gravità politica di quello che è accaduto. La scarcerazione del capo della Polizia giudiziaria libica su cui pende un atto di accusa della Corte penale di 36 pagine, in cui viene accusato di aver picchiato, torturato, molestato sessualmente, ucciso o aver ordinato di farlo i prigionieri di carceri libici. I casi accertati dall'Aja sono 5.140.
Come sappiamo, Al-Masri, appunto ricercato internazionale, viene arrestato a Torino il 18 gennaio, scarcerato il 21 su indicazione della Corte di appello di Roma e accompagnato in Libia con un volo di Stato pronto allo scopo. Mentre la Corte chiede spiegazioni al Governo sulla violazione commessa - è la prima volta, la prima volta che un Governo europeo non dà esecuzione al mandato spiccato dall'Aja -, ancora una volta si susseguono balbettii e contraddizioni. Il Ministro Nordio, che ha grandi responsabilità in questa vicenda, si trincera dietro cavilli giuridici che avrebbero impedito la convalida dell'arresto e non motiva il suo mancato ma doveroso intervento sulla questione, il suo mancato ma doveroso collegamento con la Corte. Praticamente, secondo il Ministro, il torturatore libico è stato scarcerato perché il Ministro non è stato avvisato con congruo anticipo. Il Ministro Piantedosi dichiara l'incredibile, dice: Al-Masri è stato allontanato dall'Italia per la sua pericolosità, aggravando ancora di più, così, la condotta del collega Nordio. La Premier Meloni, dopo svariati giorni di imbarazzante silenzio, attacca di fatto la Corte dicendo che “forniremo i chiarimenti richiesti ma ne chiederemo altrettanti”. Quindi, la Premier, che ha usato come una bandiera al suo “darò la caccia ai trafficanti di uomini su tutto il globo terracqueo” non solo li rispedisce a casa su un comodo volo di Stato ma si dimostra una preoccupante interprete della giustizia internazionale à la carte, quella delle sanzioni selettive, dei due pesi e due misure, di fatto delegittimando con il suo operato pesantemente l'azione della Corte penale internazionale.
Insomma, la delegittimazione della Corte è evidente anche nel nostro Paese, ma si inserisce in una delegittimazione più ampia, inaccettabile, nel tentativo che c'è di colpire le istituzioni multilaterali. Dalla decisione del Governo israeliano di dichiarare il Segretario generale delle Nazioni Unite Guterres persona non grata, all'approvazione di leggi che definiscono l'UNRWA un'organizzazione terroristica, vietando di condurre qualunque azione umanitaria in Israele, in Cisgiordania, Gaza, con ulteriori ricadute drammatiche, agli attacchi contro UNIFIL nel sud del Libano: fatti su cui il nostro Governo è stato silente o debole, silente o debole.
Quindi, noi oggi abbiamo sentito il dovere di chiedere al Parlamento un impegno chiaro, rispettoso del diritto internazionale, rispettoso della dignità delle vittime di guerra, dei crimini contro l'umanità, senza che vi trinceriate dietro immunità poco praticabili. Infatti, vedete, le vittime sono tutte uguali, meritano tutte lo stesso rispetto: mi ritorna spesso alla mente questa frase che ci ha detto un rappresentante della Corte dell'Aja quando siamo andati in visita. Ma il nostro Paese, con la pessima gestione della vicenda Al-Masri, ha dimostrato il contrario, mettendo in discussione il diritto internazionale, affossando la speranza di giustizia di chi è stato torturato, stuprato, ingiustamente recluso, ha avuto familiari uccisi. In Medioriente è in atto un percorso difficilissimo di mantenimento della tregua, un percorso pieno di ostacoli, che ha già avuto violazioni importanti, con attacchi alla popolazione civile inerme in Cisgiordania, come ci hanno anche testimoniato i racconti della recente visita del Comitato diritti umani della Camera. Ogni azione va messa in campo per sostenere questa fragile tregua, con il completo rilascio degli ostaggi, con il diritto di vivere in pace di tutti i civili, insieme all'attuazione di una politica che possa garantire l'unità della Striscia di Gaza, della Cisgiordania sotto l'autorità palestinese, oltre che il riconoscimento dello Stato di Palestina, la fine dell'occupazione dei territori. Ma la tregua non può e non deve cancellare quanto è avvenuto e le responsabilità, quelle di Hamas per il massacro del 7 ottobre e quelle del Governo israeliano per gli oltre 47.000 morti di Gaza, in buona parte donne, bambini, in buona parte morti per le conseguenze della fame, del freddo, del deliberato blocco di medicine e cure, che abbiamo visto con i nostri occhi al valico di Rafah il marzo scorso. Il futuro di pace si realizza se accompagnato dal diritto, un futuro di pace duratura non si può realizzare con la negazione della speranza, della giustizia per le vittime e per le loro famiglie. Per questo - e ho concluso, Presidente - per non perdere il senso del futuro, riteniamo che il nostro Paese abbia il dovere politico, oltre che giuridico, di cooperare e sostenere chi tutela la legalità internazionale, non di negarla, come avete fatto anche con le riformulazioni di oggi, di sostenere chi, come la Corte penale internazionale dell'Aja, opera per ridare giustizia e speranza a milioni di persone.