Vicepresidente, sottosegretaria Ascani, colleghe e colleghi, sono contento di prendere la parola dopo l'intervento del collega Casciello, che ha raccontato come parlare di pluralismo significhi parlare della carne viva e della natura stessa della nostra democrazia. Reporter Senza Frontiere (RSF), nell'ultimo World Press Freedom Index, pone l'Italia, per il secondo anno, al quarantunesimo posto, il che significa che le cose non vanno benissimo e non è soltanto una questione di infrastrutture e tecnica; da un lato abbiamo i Paesi top, come Norvegia, Finlandia e Svezia, dall'altro abbiamo alcune tristi conferme che ci parlano degli USA di Trump (quarantaquattresimo posto, con il record di aggressioni a giornalisti e con giornalisti arrestati), del Brasile di Bolsonaro, che ha fatto dell'attacco e del dileggio alla stampa una delle proprie roccaforti, per non parlare di Russia e Arabia Saudita.
La cattiva situazione dell'Italia in questo Index è legata anche all'aumento delle aggressioni e delle querele, praticamente raddoppiate in Italia, ai danni di giornalisti ovviamente. Da ultimo, vi è stata l'aggressione avvenuta ad una troupe televisiva a Manfredonia, dove veniva girato un docu-film sulla mafia foggiana, venendo accusata - la troupe e non la mafia - di fare cattiva pubblicità al territorio. Nella giornata internazionale per la libertà di stampa si sono levate voci autorevoli, a partire dal presidente di questa Assemblea, che ci hanno parlato dell'importanza dell'abolizione del carcere per i giornalisti, della lotta alle denunce temerarie, della lotta al precariato, e su questo mi voglio soffermare, raccogliendo idealmente il testimone che ha iniziato a portare il collega Casciello. Noi assistiamo ad una situazione in Italia dove giornalisti e giornaliste, soprattutto i piccoli, non garantiti, sono vittime di ricatti, ritorsioni e aggressioni che, oltre a negare i diritti fondamentali dei lavoratori e delle lavoratrici, significano indebolire l'autorevolezza e la capacità di raccontare ciò che vedono. Un giornalista precario non solo non è tutto tutelato ma è esposto e attaccabile, in buona sostanza non è libero. Questo succede in particolare alle giornaliste, come ci hanno raccontato in Commissione antimafia le giornaliste unite libere e autonome della rete GiULiA, che denunciano sistematicamente queste aggressioni, ancora più gravi nei confronti delle colleghe donne. Su questi temi, libertà di espressione e pluralismo, anche la Commissione cultura, con una risoluzione, quella sì, unanime, nel maggio del 2020 si era espressa, sottolineando alcuni interventi urgenti che il Governo “Conte 2”, allora, e anche il Governo Draghi, perché credo siano di grande attualità, dovrebbero prendere in considerazione, tanto che sono inserite anche in questa mozione: parlo del sostegno esplicito al settore editoriale e alle filiere connesse, del sostegno alla riattivazione della transizione digitale, del supporto alle edicole, dell'incremento del fondo per le emittenti locali, rivedendo i criteri di attribuzione anche a tutela dei giornalisti e delle giornaliste precarie, e della risoluzione delle crisi aziendali del comparto. Temi di grande attualità, inseriti in questa mozione che, dal punto di vista politico, ci dà due spunti interessanti. Oltre a quello in virtù del quale il Partito Democratico, come tradizionale e storica forza europeista, è riuscito a far gravitare attorno a questa larga compagine di Governo anche forze che non brillavano propriamente per una storia europeista, in questa mozione sono presenti anche altri impegni importanti. Io ne sono particolarmente fiero, perché tutto il Parlamento si sta impegnando nella condanna di ogni forma di discriminazione, anche a mezzo social, e nel contrastare forme di gogna mediatica che siamo abituati a vedere sui social, in particolare verso persone e comunità già vittime di stigmatizzazione sociale e mediatica.
Questa mozione parla della vita democratica di questo Paese e ciò non è tautologico o retorico, perché ci basiamo su qualcosa che rappresenta la caratteristica essenziale della democrazia europea: basti pensare al Trattato di Lisbona, alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione ma finanche ai criteri stessi per l'accesso all'Unione europea e, in Italia, all'articolo 21 della Costituzione. Ma c'è anche dell'altro di cui questo Parlamento deve andare particolarmente fiero in quanto finalmente approvata all'interno di questa legislatura: la Convenzione di Faro, che di pluralismo ci parla perché ci parla di una visione plurale, inclusiva e rispettosa della diversità, con riferimento al patrimonio culturale. Chiedo che cosa sia il patrimonio culturale, se non l'espressione di quella complessità e delle diversità che rendono meraviglioso, ricco e democratico il nostro Paese.
Parlare di comunità, con la Convenzione di Faro, significa anche parlare di prossimità territoriale; qualcuno ne ha già accennato. In fase di emergenza da primo lockdown, siamo stati tutti pronti a raccontare la centralità e l'importanza delle radio, delle TV e della stampa locale, che hanno avuto un ruolo centrale durante questa pandemia. Su questi temi abbiamo rivolto, dalla Commissione cultura e non solo, numerosi appelli al sottosegretario di Stato Moles che, fra l'altro, aspettiamo ancora in Commissione, per conoscere le linee programmatiche. Questo significa che abbiamo bisogno di una riflessione generale sui temi dell'editoria, che non si limiti più soltanto a raccontare la necessità e il bisogno di pluralismo ma che provi a dire come farlo. Questo è uno dei valori specifici della mozione. Come farlo? Non possiamo, se non partiamo da due concetti: qualità e valorizzazione, qualità del giornalismo ma anche supporto all'intera filiera editoriale, in un mondo cambiato dal COVID, cambiato dagli eventi che stiamo vivendo e all'interno del quale parlare di tagli lineari e indiscriminati all'editoria non credo abbia ancora tantissimo senso.
Raccolgo gli spunti lanciati dai colleghi che mi hanno preceduto sul tema della rete, particolarmente caro a Fratelli d'Italia e del quale, con il collega Mollicone, ci siamo occupati più volte in Commissione.
Credo che la mozione di maggioranza faccia un ulteriore passo in avanti riguardo a come viene interpretata la rete, che non viene più vista come un totem al quale tributare una ontologica fede di soluzione dei problemi democratici del Paese - per dirlo con un giro di parole - ma viene interpretata come uno spazio competitivo dal punto di vista sia culturale sia industriale, all'interno del quale tutelare le filiere nazionali, il valore, il prodotto realizzato sia dagli editori sia dai giornalisti, come abbiamo fatto con la legge di delegazione europea, all'interno del quale gli over the top rappresentano non una presenza estemporanea ma un fenomeno, non editoriale ma che svolge compiti editoriali, con il quale inevitabilmente confrontarsi sul campo della fiscalità, che molte volte rischia di avere una salvaguardia eccessiva e molto ampia degli over the top, appunto. Al tempo stesso occorre garantirne la presenza e una adeguata valorizzazione che però non vada a distruggere o a compromettere la filiera editoriale connessa. L'approvazione della direttiva europea sul copyright sicuramente ci dà un'importante mano in questa discussione.
Parlare di pluralismo dell'informazione significa mettere al centro del dibattito politico il tema della libertà di espressione, che risulta di particolare rilevanza e attenzione in quelle situazioni in cui assistiamo ad una grande asimmetria di potere, laddove colui che ha il potere di comunicare prende il sopravvento su cittadini che non hanno possibilità di difendersi. La storia comunicativa della politica italiana è piena di questi casi. Credo sarebbe sano che la politica facesse un po' di autocoscienza, non voglio dire autocritica, su questo tema, andando a guardare anche le nuove discriminazioni che sono sempre più frequentemente aggravate dalla matrice omofobica e transfobica - lo vediamo già nelle leggi presenti - così come succede, del resto, per le aggravanti di sfondo etnico, razziale e religioso. Parlando di pluralismo in quest'Aula, credo che l'approvazione della legge Zan, smobilitando l'ostruzionismo presente in Senato, possa portare anche in questo ambito un sostanzioso contributo alla vita democratica del Paese.
Venendo agli impegni - e vado a chiudere - credo che due parole sia importante spenderle su due settori a lungo bistrattati: le tv locali, da un lato, e il mondo delle radio locali e libere, dall'altro. Le TV locali ci chiedono a gran voce - sappiamo dell'impegno della sottosegretaria Ascani sul tema - di lavorare sia dal lato del 5G sia dal lato dei criteri di distribuzione fra grandi e piccole. Abbiamo però davvero l'urgenza di guardare al mondo delle radio che, negli ultimi giorni, hanno lanciato un appello nazionale molto importante perché anche nell'ultimo decreto si passa già da un contributo che va dai 50 ai 20 milioni, dei quali solo il 15 per cento a beneficio delle emittenti radiofoniche locali. Credo che le radio italiane, oltre a rappresentare un pezzo della nostra storia, rappresentino dal punto di vista della comunicazione e del sistema dei media una specificità che viene data sempre per morta ma, invece, dimostra di essere il medium più aggiornato, fresco, vitale e innovativo presente nel nostro Paese.
Per queste ragioni, esprimo il voto favorevole del Partito Democratico.