Grazie, Presidente. Dobbiamo prendere coscienza che il clima è cambiato e che servono soluzioni nuove a problemi nuovi e in tempi brevi, anzi brevissimi, perché non è più il tempo di tergiversare o di rincorrere l'emergenza, sperando che poi passi.
La comunità scientifica italiana e internazionale ha già lanciato l'allarme e chiede giustamente che la lotta alla crisi climatica e la transizione ecologica siano in cima all'agenda politica.
La scienza del clima ci mostra da tempo che l'Italia, inserita nel contesto di un hotspot climatico come il Mediterraneo, risenta più di altre zone del mondo dei recenti cambiamenti climatici di origine antropica e dei loro effetti, non solo sul territorio e gli ecosistemi, ma anche sull'uomo, sulla società, relativamente al suo benessere, alla sua sicurezza, alla sua salute e alle sue attività produttive. Sappiamo, quindi, che il cambiamento climatico è un fatto e che il nostro Paese deve imparare a gestirlo attraverso programmi e soluzioni adeguate. Purtroppo, però, vediamo ancora un atteggiamento anacronistico di fronte ai fenomeni climatici. Si interviene sempre in emergenza, senza una programmazione di lungo periodo, forse sperando erroneamente che tutto un giorno passerà e che si ritornerà al passato: cosa, ovviamente, impossibile.
Il fatto che ci stiamo giocando i ghiacciai dovrebbe colpirci come un pugno allo stomaco, ma non succede, non a sufficienza da spingere il sistema verso quelle riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni di gas serra che l'Intergovernmental Panel on Climate Change indica come necessarie da qui alla fine del decennio per non superare gli 1,5 gradi centigradi di riscaldamento globale.
In questo contesto si inserisce l'emergenza gravissima legata alla siccità. Ciò che stiamo attraversando dal punto di vista climatico è un fenomeno sconosciuto che andrebbe approfondito e analizzato insieme alla comunità scientifica per trovare le risposte adeguate. Il Governo, invece, ha scelto una strada, che è quella di istituire un commissario, anzi un super commissario, i cui risultati ancora non si vedono. Soprattutto non è chiaro quali saranno le risorse destinate all'emergenza siccità: tema fondamentale, senza il quale non c'è discussione.
L'estate non è ancora arrivata, ma sono evidenti i segnali che inducono a pensare che i livelli di siccità, già preoccupanti ora, si evidenzieranno ancora di più in termini di emergenza.
I corsi d'acqua che hanno già raggiunto uno stato di severità idrica media riguardano 3 delle 7 autorità di distretto, secondo gli ultimi bollettini emanati dalle stesse negli ultimi mesi. E stiamo parlando del distretto idrografico del fiume Po, di quello dell'Appennino settentrionale e di quello dell'Appennino centrale.
La neve rappresenta la riserva d'acqua più importante per diverse attività, dalla produzione di energia all'agricoltura, nei mesi primaverili ed estivi. E dalla neve arrivano altri segnali preoccupanti. Ad oggi, fonte Global Drought Observatory del Joint Research Centre, si registra il 40-50 per cento di neve in meno rispetto alla media dei 12 anni precedenti. Il deficit è particolarmente marcato nelle Alpi nord-occidentali. L'aumento della temperatura determinerà nei prossimi mesi la fusione della neve che, in forma di acqua, può essere impegnata per l'irrigazione e altre attività e sarà, di conseguenza, direttamente proporzionale al decremento registrato, con conseguenze gravi per molti settori produttivi.
Ormai da diversi anni, una serie di eventi naturali avversi ha contribuito, nel corso del tempo, ad indebolire il settore agricolo ed in special modo le aziende ortofrutticole. Nel corso dell'estate, oltre ai danni provocati dalla siccità, si sono aggiunti quelli arrecati dal prolungarsi di temperature eccezionali che hanno colpito duramente ed in maniera omogenea tutto il Paese.
In virtù di questa situazione verranno coltivati quest'anno in Italia quasi 8.000 ettari di riso in meno, per un totale di appena 211.000 ettari, ai minimi da 30 anni, sulla base delle previsioni di semina. Stessa situazione per le semine di mais, necessario per garantire l'alimentazione del bestiame per la produzione del latte, dal quale nascono i grandi formaggi, dopo gli sconvolgimenti che ci sono stati sul commercio internazionale a seguito della guerra in Ucraina.
Tutte le produzioni ortofrutticole, in particolare le drupacee e le pomacee, a causa delle alte temperature registrate, hanno subito danni irreversibili, a partire dal rallentamento nella crescita dei frutti, determinando conseguenze sul calibro degli stessi. In molti casi, addirittura, il raccolto non è commerciabile, pertanto le rese produttive sono risultate nettamente più basse e in diversi casi gravemente compromesse.
Per una gestione resiliente di questa crisi idrica straordinaria, già nel 2022 si è scelto che il comparto idroelettrico, indipendentemente dalle concessioni legislative, dia la disponibilità a sostenere il settore primario dell'agricoltura in caso di manifesta necessità produttiva. I grandi laghi confermano la possibilità di scendere sotto i livelli minimi di invaso per contribuire ad alimentare, con continuità e per quanto possibile, i corsi d'acqua di valle, sia per finalità irrigue, che per il mantenimento degli habitat e della biodiversità, nell'ottica della massima trasparenza e per una condivisione unitaria delle scelte strategiche di adattamento al clima e alla situazione idrologica contingente.
Alcune regioni hanno adottato nel 2022 provvedimenti, in particolare Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte, applicando anticipatamente, in talune aree, il cosiddetto deflusso minimo vitale estivo che consentirà di prelevare e accumulare più acqua in caso di precipitazioni.
La siccità, quindi, da come abbiamo visto finora, rappresenta una delle sfide più pressanti del nostro tempo e richiede politiche pubbliche efficaci di prevenzione e adattamento ai cambiamenti climatici. Serve un programma adeguato per la gestione delle perdite di acqua e per gli investimenti nelle infrastrutture idriche. Inoltre, le azioni volte alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla promozione della mobilità elettrica e alternativa sono essenziali per la lotta contro la crisi climatica.
Per fare fronte alla siccità sono però necessari nuovi investimenti nelle reti idriche e la realizzazione di nuove infrastrutture. Questi investimenti devono includere la costruzione di nuovi bacini e serbatoi per raccogliere la poca acqua che cade e convogliare le acque per le abitazioni civili e gli edifici pubblici, la riparazione e l'ampliamento delle reti idriche esistenti, la realizzazione di sistemi di irrigazione innovativi e la promozione e il sostegno dell'agricoltura di precisione. Tali investimenti possono garantire una maggiore disponibilità di acqua per le attività agricole, industriali e domestiche.
Le politiche pubbliche dovrebbero incentivare lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, come l'energia solare ed eolica, e la promozione dell'efficienza energetica. Inoltre, la transizione verso fonti energetiche rinnovabili e la promozione della mobilità elettrica o alternativa possono ridurre le emissioni di gas serra e migliorare la qualità dell'aria nelle città.
Nella Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra vengono indicate, fra le azioni di adattamento: l'incremento della connettività delle infrastrutture idriche; l'aumento della capacità di ritenzione ed accumulo attraverso la realizzazione di laghetti - come abbiamo detto - e di piccoli invasi e vasche, al fine di ridurre la pressione sulle falde sotterranee; il risanamento del sistema fluviale, assicurando la funzionalità idraulica, capace di espletare le necessarie caratteristiche funzioni e quelle ecosistemiche; il miglioramento della capacità previsionale per anticipare la disponibilità naturale della risorsa e ottimizzare il volume immagazzinato; i piani di gestione della siccità; la costruzione del bilancio idrico alla scala del Paese. La situazione va quindi affrontata non soltanto con aiuti immediati per contrastare l'emergenza, ma con misure strutturali per migliorare l'efficacia della gestione, conservazione e distribuzione delle risorse idriche.
Strettamente connesso con gli eventi climatici estremi è il tema del dissesto idrogeologico, a causa del quale complessivamente il 93,9 per cento dei comuni italiani è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera e le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio sono l'Emilia-Romagna, la Toscana, la Campania, il Veneto, la Lombardia e la Liguria.
Nella XVIII legislatura, l'articolo 36-ter del decreto-legge n. 77 del 2021 ha introdotto importanti novità in materia di dissesto idrogeologico. La norma prevede, tra l'altro, l'introduzione della denominazione di commissario di Governo per il contrasto al dissesto idrogeologico per i commissari aventi competenze in materia di contrasto al dissesto idrogeologico, disciplinate da diverse normative, attribuendo ad essi la competenza degli interventi in tale ambito, indipendentemente dalla fonte di finanziamento. Viene inoltre previsto che gli interventi di prevenzione, mitigazione e contrasto al dissesto idrogeologico, ivi compresi quelli finanziabili tra le linee di azione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, siano qualificati come opere di preminente interesse nazionale, aventi carattere prioritario.
Resta, però, ancora indispensabile potenziare e rendere più efficienti gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico, aumentarne la capacità tecnica e progettuale, favorire una capacità di spesa superiore all'attuale media annua. È inoltre urgente e necessario programmare un importante piano di investimenti per ridurre i rischi legati al continuo manifestarsi di fenomeni climatici estremi, in particolare a carattere siccitoso, puntando anche all'efficientamento e alla messa in sicurezza delle reti idriche, alla realizzazione di nuovi invasi, alla produzione di acqua dissalata e al riuso delle acque depurate a fini agricoli e industriali.
La legge di bilancio 2022-2024 ha previsto 440 milioni di euro, dal 2022 al 2027, per la realizzazione del Piano invasi, basato su progetti già disponibili, rafforzando ulteriormente l'impegno senza precedenti, pari a 3 miliardi di euro, per il miglioramento delle infrastrutture idriche previste dal PNRR. In tal senso, infatti, il Piano nazionale di ripresa e resilienza può rappresentare un'importante opportunità per affrontare in maniera strutturale il problema delle emergenze climatiche connesse ai cambiamenti climatici, contribuendo contestualmente al rilancio dell'economia del Paese, grazie all'apertura di numerosi cantieri sull'intero territorio nazionale. In continuità con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza si collocano le risorse del programma europeo REACT-EU nell'ambito del Programma operativo nazionale infrastrutture e reti 2014-2020 per interventi volti a potenziare le infrastrutture idriche, ridurre le perdite e digitalizzare e migliorare il monitoraggio delle reti.
Per la programmazione e la realizzazione degli interventi necessari alla mitigazione dei danni connessi al fenomeno della siccità e per promuovere il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche, anche al fine di aumentare la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e ridurre le dispersioni idriche, è stata prevista, con il decreto-legge n. 121 del 2021, l'adozione, entro il 30 giugno 2022, del Piano nazionale di interventi infrastrutturali per la sicurezza del settore idrico. Lo scorso ottobre 2022 è stato dato il via libera dalla Conferenza unificata allo schema di decreto del Ministro pro tempore delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, che riguarda il potenziamento e il miglioramento della sicurezza nel settore idrico, in attuazione della riforma prevista sempre dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Lo schema di decreto attua una fondamentale riforma prevista dal PNRR che consentirà di valutare gli interventi per gli invasi e per la rete di distribuzione dell'acqua secondo una logica di sistema funzionale ai territori coinvolti, anche per limitare i danni provocati dalla siccità e per ridurre le perdite. La riforma del settore, che prevede, finalmente, una programmazione pluriennale degli investimenti, accompagna gli stanziamenti per le infrastrutture idriche pari a 4,6 miliardi di euro, un importo senza precedenti nella storia del Paese.
Occorre pertanto adottare iniziative urgenti, sia di breve sia di lungo periodo, per far fronte, in collaborazione con le regioni più coinvolte, alla grave siccità che sta colpendo il nostro Paese, con gravi ripercussioni sulla produzione di energia elettrica e sul comparto agricolo e che sta provocando finanche un'emergenza idropotabile in alcune aree. Serve, insomma, come abbiamo visto, un impegno globale e articolato che prenda coscienza della complessità dei cambiamenti climatici e della necessità di operare su più livelli. Servono altri investimenti corposi e chiari, non può essere l'unica risposta l'istituzione di un super commissario con pieni poteri.
Per questo, nella nostra mozione, chiediamo al Governo: di istituire un'apposita cabina di regia, con il coinvolgimento del Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, del Ministero per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, della Protezione civile, delle regioni e delle Autorità di bacino distrettuali, al fine di garantire un efficiente e rapido monitoraggio dei bacini idrografici e coordinare i provvedimenti da adottare; di adottare iniziative di competenza per scongiurare un potenziale conflitto fra la richiesta idrica e il raffreddamento delle centrali termoelettriche; di adottare il Piano nazionale di interventi infrastrutturali per la sicurezza del settore idrico, prevedendo, tra l'altro, di adottare le opportune iniziative in aggiunta alle previsioni incluse nel PNRR; di adottare urgenti iniziative dirette alla realizzazione di nuovi invasi, nonché di piccoli invasi; di predisporre interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato e permettere la riduzione delle perdite di rete e completare gli interventi sulla depurazione; di adottare iniziative volte a evitare gli sprechi, sia dal punto di vista delle dispersioni sia in relazione all'uso della risorsa idrica; di adottare iniziative volte a implementare il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura a fini industriali, attraverso le modifiche normative necessarie, e a prevedere l'eventuale realizzazione di impianti di dissalazione alimentati da energia rinnovabile, con contestuali investimenti mirati su tecnologie per il recupero delle scorie dei processi di desalinizzazione di acque salmastre e di mare.
Inoltre: promuovere e sostenere la ricerca nel settore agricolo; promuovere e sostenere l'adozione di normative efficaci per il contenimento del consumo di suolo e che consentano, appunto, di raggiungere l'obiettivo di consumo di suolo zero al 2050; adottare iniziative idonee anche al contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza per favorire la rinaturazione dei corsi d'acqua; utilizzare i criteri minimi ambientali nel campo dell'edilizia per ridurre gli sprechi; favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali; adottare iniziative volte a introdurre misure di incentivazione e defiscalizzazione in tema idrico; adottare iniziative volte all'eventuale creazione di scorte di acqua potabile da utilizzare in caso, appunto, di possibili razionamenti; adottare le iniziative di competenza per potenziare e rendere più efficienti gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico; adottare iniziative volte a dare pronta e piena attuazione, per quanto di competenza, alle misure di semplificazione e di accelerazione per il contrasto del dissesto idrogeologico; adottare, stanziando le relative risorse, un programma di pulizia dei grandi invasi.
Crediamo che queste azioni siano fondamentali e urgentissime e che la sfida che abbiamo davanti debba vederci uniti in una nuova consapevolezza. La siccità e, più in generale, il cambiamento climatico sono fatti con cui dobbiamo fare i conti e vanno fronteggiati con una nuova politica di ampio respiro e a lungo periodo. È finito il tempo di andare avanti in emergenza e per l'emergenza, sperando che tutto passi