Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, sottosegretario, la collega Wanda Ferro ha anticipato in maniera puntuale molti dei numeri che avremmo citato anche noi e mi riferisco a quello, che è aumentato, delle misure interdittive, alle segnalazioni di operazioni sospette, a tutta una serie di spie e di allarmi che ci parlano di un'emergenza che non è più soltanto potenziale, come quella che abbiamo riscontrato nel primo anno di pandemia, ma che adesso si fa ancora più concreta. Del resto, le analisi che tanti di noi hanno fatto in Commissione antimafia, ma non solo, confermate dai dati della DIA, sono poco incoraggianti, nel senso che non ci devono riempire di particolare orgoglio, perché ci abbiamo azzeccato, ma rappresentano un allarme ancora più forte e un investimento sul Parlamento, che è chiamato a prendere iniziative. Credo ormai giunto il momento in cui siamo tutti chiamati - il lavoro della maggioranza è andato in questa direzione - a passare dagli allarmi alle azioni. E' in questo senso che credo sia importante politicizzare gli interventi sull'antimafia, perché siamo in una fase anche di “stanca” nella lotta alle mafie, che ormai ci deve costringere a non limitarci più alle affermazioni di facciata o di prassi: siamo tutti contro le mafie.
Dobbiamo iniziare ad entrare nel merito e dire come vogliamo contrastarle, soprattutto in una fase estremamente delicata come quella attuale, nella quale possiamo parlare di un convitato di pietra, in ogni discorso che noi facciamo, che è il PNRR, con il quale abbiamo necessità di confrontarci. E' questo il motivo per cui credo che l'antimafia debba essere, come è successo con fatica, dopo tanto tempo con la sensibilità ambientale, soprattutto guardando il PNRR, una delle chiavi di lettura attraverso la quale leggere i fenomeni, le proposte, le idee, i progetti perché, se non si parla quotidianamente, davvero quotidianamente, di sensibilità antimafia, difficilmente tutti e tutte riusciremo a cogliere i buchi, i gap, i momenti di difficoltà sociale e produttiva, all'interno dei quali le consorterie mafiose si infiltrano. La pandemia ne ha sicuramente allargato le maglie.
Credo, quindi, che la lotta alle mafie, in questa fase, non possa essere portata avanti, se non unendola alla lotta per i diritti sociali. Quando parliamo di lotta alle mafie, parliamo inevitabilmente, come è stato ricordato prima di me, di contrasto alla povertà educativa, parliamo di LEP, parliamo di un lavoro buono (oltre al debito buono, c'è anche o comunque ci dovrebbe essere anche il lavoro buono) e parliamo di istruzione e cultura. Abbiamo la fortuna di avere al centro del dibattito politico - iniziamo oggi a portarlo all'attenzione - una serie di battaglie che vanno di pari passo; non è possibile oggi fare una lotta alla mafia se non facciamo una lotta quotidiana per i diritti; da pugliese ho difficoltà a parlare di lotta alle mafie, essendovi ancora gli schiavi nei campi del foggiano. Questo è il motivo per cui qui non c'è nessuno - e ho partecipato a tutte le riunioni di maggioranza al riguardo grazie al pazientissimo collega Cantalamessa - che ha un'insana passione per la burocrazia o per costruire una via più arzigogolata per quanto riguarda l'attuazione dei progetti del PNRR. Usciamo almeno su questo tema dagli slogan facili, che tendono a semplificare; non vogliamo sicuramente appesantire, ma le regole ci sono, devono garantire un funzionamento adeguato e un utilizzo adeguato dei fondi e non possiamo pensare, come Paese fondamentale in Europa, e non solo, che, ogni qualvolta ci sia un'emergenza, noi cambiamo la legge; non credo che questo sia un approccio sano e maturo.
Le infiltrazioni, che tutti i colleghi intervenuti hanno già citato, vengono individuate sostanzialmente per tre grandi assi (lo abbiamo fatto anche in Commissione antimafia nel lavoro di comitato) ed i tre grandi assi sono rappresentati dalle aziende, dalle comunità sociali e dagli enti locali; tre grandi potenzialità, al tempo stesso, ma anche tre grandi vulnerabilità che le infiltrazioni mafiose vanno a colpire attraverso strumenti che, purtroppo, sono già nelle mani delle mafie, come la gigantesca liquidità, la gigantesca disponibilità economica, frutto di proventi illeciti che viene immessa nel mercato economico, la rinnovata disponibilità di coloro che qualcuno chiamerebbe “eserciti di riserva”, che adesso risultano disponibili a collaborare, ad aiutare le mafie, ma non per cattiveria innata, ma perché la pandemia sta creando disastri sociali, soprattutto nelle fasce più deboli, che già erano deboli; quindi, purtroppo, si creano momenti di bisogno e di difficoltà che rendono pezzi di popolazione appetibili per la violenza e l'ingerenza mafiosa anche nelle comunità sociali. In ultimo, vi è lo strumento, da sempre valido, che è quello, purtroppo, della corruzione; infatti, con la pandemia - ed è il motivo per cui dobbiamo essere particolarmente attenti - abbiamo registrato una diminuzione dei reati, secondo quanto ci dice la Polizia di Stato nel 2020, in particolare i reati predatori, i reati di strada, per evidenti ragioni. Abbiamo, invece, registrato un aumento dei reati di secondo livello, se vogliamo, seppur criminali, più raffinati.
Ciò accade sia al Nord sia al Sud, solo che al Nord rileviamo un aumento del riciclaggio e delle infiltrazioni nelle imprese. Al Sud rileviamo altri reati spia, come la corruzione e il tentativo sistematico di infiltrazione all'interno degli enti locali e delle aziende. Come ha già fatto il procuratore nazionale Cafiero de Raho, sottolineiamo che in una fase di economia di guerra, come quella attuale, noi vediamo una minima parte di ciò che sta succedendo nelle imprese. Infatti, non ci deve preoccupare in maniera prioritaria il cambio esplicito di titolarità o il cambio di quote societarie, che pure sono aumentati in maniera innaturale in una fase in cui l'economia era sostanzialmente paralizzata, ma ci deve preoccupare ciò che non viene rilevato, quei cambiamenti che sono soltanto – “soltanto” per modo di dire – operativi, ma non formalizzati, cioè tutto quello che porta alla gestione delle imprese attraverso i prestanome. Allora, questa situazione diffusa porta ad una infezione generale, al rischio di un'infezione generale, un'infezione mafiosa generale.
Anche qui, i tre versanti che ho citato, è importante provare a racchiuderli sotto la forma della vulnerabilità. Le aziende sono vulnerabili, perché sono in crisi di liquidità e non hanno potuto produrre, vendere e continuare a rendere vivo il mercato competitivo italiano. Le comunità sociali sono in difficoltà, perché si è creata una forma di welfare mafioso di prossimità, che è arrivato ad offrire una sorta di disponibilità di aiuto nei momenti più difficili, ovviamente, in cambio di custodia in casa di prodotti o di altre sostanze illecite, in cambio di aiuto quando c'è da nascondersi e, sostanzialmente, in cambio di contrattazione su chi votare quando ci sarà bisogno di votare. Anche questo è importante sottolineare ed è per questo importante parlare quotidianamente dalle mafie, perché continua ad aleggiare un'idea di mafia buona, fatta di gentiluomini e di gentildonne, che, oltre a essere del tutto priva di fondamento storico e giuridico, sulle giovani generazioni e sulle imprese in difficoltà rischia di suonare come un qualcosa di appetibile e di interessante.
Vado a concludere. Ci sono tanti impegni che vengono citati. Io credo che il primo, individuato dall'onorevole Cantalamessa e che racchiude la sensibilità principale della Commissione, è fondamentale. Chiediamo al Governo di stanziare dei fondi affinché ci sia un rafforzamento degli strumenti, degli interventi e dei protocolli di controllo; in Italia sono di alto livello ed efficienti in una fase ordinaria, ma abbiamo bisogno di un aiuto in una fase straordinaria.
Del codice rosso si è già parlato per le vittime di usura. Da ultimo, l'ultimo impegno della mozione di maggioranza, è particolarmente importante e vi spiego perché brevemente. Viene introdotta la necessità, per le imprese che partecipino a bandi e gare trasparenti, di dichiarare il titolare effettivo d'impresa. Questa è una necessità importante, anche perché, come il processo Aemilia ci ha mostrato e i processi che sono in corso in questa fase ci mostrato quotidianamente, laddove si riscontri l'infiltrazione mafiosa all'interno delle aziende, il primo dato è il calo degli iscritti ai sindacati. In una fase come questa credo sia indispensabile ricordare questo passaggio, che è quantitativo e che dimostra come sia impossibile coniugare una lotta alle mafie senza una battaglia quotidiana per i diritti sociali.