Discussione generale
Data: 
Lunedì, 22 Novembre, 2021
Nome: 
Debora Serracchiani

Grazie presidente. Il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Dominicana furono uccise 3 attiviste politiche, le sorelle Mirabal: Patria, Minerva e Maria Teresa, per ordine del dittatore Trujillo. Quel giorno le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del servizio di informazione militare; condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio a bordo delle loro auto per simulare un incidente. Nel 1981 nel primo incontro femminista latino-americano e caraibico, svoltosi a Bogotà, in Colombia, venne deciso di celebrare il 25 novembre come la giornata internazionale della violenza contro le donne, in memoria delle sorelle Mirabal. Nel 1993 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione per l'eliminazione della violenza contro le donne, ufficializzando la data scelta dalle attiviste latino-americane; nel dicembre del 1999 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la risoluzione sulla base della quale oggi noi ricordiamo il 25 novembre come la giornata internazionale sulla violenza contro le donne. Quando si fissano date così importanti, poi ci si chiede il perché; certamente, per ricordare fatti drammatici e tragici come quelli che ho ricordato e per ricordare quotidianamente a tutti noi il tema di cui hanno molto ben parlato prima di me i colleghi e le colleghe relativo appunto alla violenza sulle donne. Mi verrebbe anche da dire, Presidente, che non c'è bisogno di una data e non c'è bisogno di quella data per ricordare, visto che guardando soltanto ai femminicidi, laddove muore una donna ogni tre giorni, non c'è neanche bisogno di una data che ce lo ricordi.

Purtroppo, infatti, le morti, gli omicidi, le vittime ci ricordano tutto questo quotidianamente, non più tardi di qualche ora fa. Credo, però, che sia importante, per chi come noi legifera, per chi come noi ha a cuore il fatto che il Paese migliori, il fatto che il Paese si modernizzi, il fatto che il Paese superi anche alcune arretratezze culturali, fissare queste date, perché queste date ci aiutano anche a prendere delle decisioni importanti. Vorrei ricordare, ad esempio, quello che è stato fatto comunque negli ultimi 10 anni (qualcuno potrebbe dire anche in ritardo).

Come ricordava prima il collega Ungaro, vi è l'approvazione importante della Convenzione di Istanbul, che è intervenuta a giugno del 2013, con l'importanza che questa convenzione in qualche modo ha tracciato nelle direttive che sono state poi oggetto della legislazione seguita al recepimento della Convenzione di Istanbul. Si tratta di far procedere in parallelo i piani della prevenzione, della protezione delle vittime, della formazione e della repressione - lo ricordava bene prima la Presidente Spadoni -, sulla scorta delle indicazioni e dei principi della Convenzione. È per questo, ad esempio, che la legge n. 119 del 2013, per la prima volta ha definito con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche; infatti, Presidente, nel 2013 avevamo ancora bisogno di stabilire cosa fosse nelle mura domestiche una violenza di genere. Questa legge ha quindi introdotto anche profonde modifiche processuali a tutela della vittima, con misure di sostegno per le donne e per i minori nella fase processuale. Siamo poi arrivati ovviamente a dotarci di strumenti repressivi ancora più forti, come ricordavano prima le colleghe. Di particolare rilievo è, ad esempio, l'introduzione di un'aggravante per i gravi delitti violenti, da applicare nel caso della cosiddetta violenza assistita, cioè quando la violenza avviene in presenza di minori.

Cito soltanto alcune questioni; ovviamente ce ne sono di molto più profonde, più approfondite, più ampie, ma cito alcuni titoli che sono importanti per capire anche il lavoro che è stato fatto in questi anni. Si è agito infatti, inoltre, introducendo importanti misure di prevenzione, come l'ammonimento del questore anche per condotte di violenza domestica, sulla falsariga di quello che già accade per il reato di stalking; l'allontanamento dalla casa familiare e l'arresto obbligatorio in flagranza dell'autore delle violenze. Inoltre, i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking hanno avuto una priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza ed è stato ad essi esteso anche il gratuito patrocinio. È stato istituito, come veniva ricordato, il fondo per il ristoro patrimoniale delle vittime dei reati intenzionali e violenti e, negli ultimi giorni della XVII legislatura, il Parlamento ha approvato anche la legge n. 4 del 2018, che rafforza le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, riconoscendo tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso dal coniuge o altre persone vicine alla vittima.

La medesima legge, inoltre, modifica anche il codice penale, intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali. Con l'entrata in vigore, poi, della legge n. 161 del 2017, quando si è riformato il codice antimafia, agli indiziati di stalking sono state estese e possono essere applicate nuove misure di prevenzione (in particolare, sarà loro applicabile la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e si può utilizzare anche nei loro confronti il cosiddetto braccialetto elettronico).

Ho ricordato tutti questi interventi di prevenzione e di repressione, perché credo che siano stati tutti interventi estremamente importanti, ma tutti non sufficienti. Se, infatti, oggi noi ricordiamo ancora le donne vittime di omicidio, le donne vittime di violenza, vuol dire che tutto quello che è stato fatto fin qui non è ancora sufficiente. C'è una parte che anche la legge migliore non potrà da sola risolvere ed è l'aspetto culturale di questa vicenda. Io condivido quello che ho letto anche nelle mozioni che sono già state depositate e in quella che depositeremo come Partito Democratico. È così che riteniamo tutti di dover chiedere, ad esempio, di intervenire profondamente sul tema dell'educazione, del superamento degli stereotipi, partendo dalle scuole, anche dalle scuole dei più piccoli, perché è lì che si formano i cittadini di domani ed è lì che uomini e donne futuri capiscono, si orientano, intendono il tema della violenza e riescono anche in qualche modo ad avere relazioni importanti con i propri compagni e con le proprie compagne, senza che queste relazioni siano distorte o - mi verrebbe da dire - cattive.

Quindi, tanta educazione e formazione. Come veniva ricordato prima, educazione e formazione nei confronti di tutti coloro che poi hanno a che fare con la donna, vittima di violenza, e con i figli. Abbiamo parlato dei magistrati, abbiamo parlato della Polizia, abbiamo parlato degli operatori sanitari; ma tutte queste persone sono state bambini o bambine e da piccoli fossero stati educati alla non violenza nei confronti del prossimo, alla non violenza nei confronti delle compagne o dei compagni, magari noi oggi conteremmo meno morti e meno vittime. A questo fine, credo che sul tema dell'educazione scolastica la sensibilizzazione di tutti debba essere superiore a quella avuta fin qui.

Come ricordavano prima la collega Marrocco e la Presidente Spadoni, c'è poi un tema: è chiaro che una donna vittima di violenza che ha difficoltà legate alla non indipendenza economica è una donna che è doppiamente vittima della violenza che subisce, perché non è in grado da sola di liberarsene. Per questo motivo è stato importante, ad esempio, anche il lavoro che abbiamo cercato di fare in questi anni proprio sulla possibilità per le donne di raggiungere quell'indipendenza economica, anche con un aiuto, perché, ahimè, purtroppo in alcune circostanze è necessario quell'aiuto.

È anche necessario superare, tra i vari stereotipi esistenti, anche quello, su cui tutti siamo concordi, che a parità di condizioni e di mansioni una donna, dal punto di vista retributivo, guadagni sempre di meno rispetto ad un uomo. Da qui l'importanza della legge, che ricordavano prima i colleghi Ungaro e Spadoni, approvata proprio da questo ramo del Parlamento qualche settimana fa, sulla parità salariale; importante perché crea le condizioni affinché, rispetto a questo gap, questa differenza retributiva, tra uomini e donne, si possa finalmente superare. Superare, quindi, questo stereotipo che dà per scontato che le donne debbano essere pagate di meno o che debbano svolgere sempre un'attività lavorativa meno importante rispetto a quella svolta dagli uomini.

Occorre poi mettere in campo - lo sa benissimo la Ministra Bonetti - attraverso il Family Act, ma non soltanto, tutti gli strumenti di welfare, di protezione sociale e di aiuto alla famiglia, a partire, ad esempio, dall'assegno unico che sono convinta potrà essere uno strumento utile e positivo, anche per le famiglie in difficoltà nelle quali magari ci sono donne che sono vittime di violenza o che hanno una relazione malsana all'interno di quella famiglia. Cosa serve? Sicuramente servono stanziamenti adeguati, su cui dobbiamo fare di più e meglio, soprattutto se è vero quello che abbiamo letto sui centri antiviolenza. Non è possibile che ci siano ancora questi ritardi e che quegli istituti, quei centri non abbiano i fondi esattamente come tutti vorremmo che avessero, cioè in forma strutturale e tempestiva. È necessario fare di più rispetto al finanziamento di questi centri, proprio perché questi sono spesso il presidio non solo di legalità, ma il primo luogo nel quale la donna può recarsi per chiedere aiuto; sono luoghi dove ci sono grandi competenze, dove ci sono grandi sensibilità, dove c'è davvero la possibilità di ricostruire una vita e di consentire a quella donna di superare momenti di grande difficoltà.

L'aspetto culturale, quindi, prima di tutto e da parte nostra sollecitare il Governo - approfitto della presenza della Ministra – a rafforzare tutte quelle misure processuali per garantire le vittime e per prevenire la commissione di gravi reati - veniva prima ricordato l'ultimo drammatico evento di Reggio Emilia -, in modo da superare le lacune normative che il codice rosso ha indubbiamente, altrimenti oggi non parleremmo probabilmente di quelle morti. Mi permetto anche di ricordare la grande opportunità che abbiamo in questo momento – faccio riferimento alle risorse - del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Dico ciò non perché tale Piano è la panacea di tutti i mali, ma perché abbiamo chiesto - è una condizionalità che come Partito Democratico abbiamo posto - di fare molta attenzione all'occupazione femminile e giovanile; abbiamo le risorse, c'è la possibilità di modernizzare il Paese, partiamo dalle persone più fragili, dalle categorie che in questo momento sono maggiormente colpite dalla pandemia, e le donne sono tra queste. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha oggettivamente le risorse utili per questo salto di qualità, anche culturale, che per troppo tempo il Paese non ha fatto.

Concludo Presidente, con un ringraziamento. Desidero ringraziare la presidente Valeria Valente e tutti i colleghi e le colleghe, senatori e senatrici, che fanno parte della Commissione d'inchiesta sul femminicidio perché hanno svolto un lavoro prezioso in questi anni e, nei prossimi giorni, presenterà un rapporto, una relazione che è estremamente interessante. È stata intitolata “La risposta giudiziaria ai femminicidi in Italia” e questo rapporto perché è importante? Perché parte dallo studio dei fascicoli delle indagini, proprio per mettere l'accento su quelle criticità, difficoltà e lacune che oggi non permettono di proteggere le persone, le donne in difficoltà. Ma sa qual è uno dei dati, Presidente, più drammatici che risultano da questa relazione, da questo rapporto? Che il 63 per cento delle donne vittime di violenza non ha mai parlato della violenza con nessuno, cioè non ha semplicemente non denunciato, non ha parlato di quella violenza neppure con la sorella oppure con un'amica e questo perché? Perché, quando diciamo che dobbiamo affrontare il tema anche e soprattutto dal lato, dal profilo culturale, questo è: non colpevolizzare le donne, superare quegli stereotipi, aiutare quelle donne e cercare di farle sentire assolutamente una parte integrante e importante della comunità nella quale vivono.

Mi permetto quest'ultimissima considerazione: è importante che si superino tutte le lacune che questo Paese culturalmente ancora ha, sono tantissime e sono all'origine di alcuni errori a cui assistiamo anche quotidianamente, ma nulla può essere dato per scontato. Recentemente mi è capitato di poter acquisire, attraverso un centro antiviolenza, alcune informazioni su una sorta di questionario che era stato fatto nelle scuole superiori di una città italiana; ebbene, alla domanda fatta a queste ragazze di 14, 15, 16 e 17 anni se trovassero giusto che il loro compagno di classe, il loro amichetto o il loro moroso, come si dice in alcune regioni, desse loro uno schiaffo, la risposta era: “sì, perché evidentemente ho fatto qualcosa di sbagliato”. Ecco, non diamo per scontato nulla, perché nulla è stato conquistato abbastanza e questo deve essere un momento nel quale, senza nessuna divisione, nessun colore politico, nessuna diversità, facciamo tutti un passo in avanti per aiutare, non tanto e non solo noi, sono tante le donne da aiutare, ma soprattutto quelle figlie e quelle nipoti che hanno dato per scontate delle libertà che oggi vengono messe in discussione.