Discussione generale
Data: 
Lunedì, 23 Giugno, 2025
Nome: 
Alberto Pandolfo

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Grazie, Presidente. Colleghe deputate e colleghi deputati, la discussione di oggi è frutto della necessità di azioni a salvaguardia del nostro sistema produttivo in relazione alla prospettata applicazione dei dazi da parte degli Stati Uniti d'America. Affrontiamo la questione di vitale importanza per il futuro del nostro Paese e dell'Europa all'indomani di un preoccupante attacco di Trump ai siti nucleari iraniani, che aggrava ulteriormente lo scenario internazionale e che coinvolge tutti. Il Governo italiano deve lavorare a stretto contatto con i principali Paesi europei, che hanno condannato le violazioni iraniane sul nucleare, per far ripartire i negoziati, tenendo aperti i canali di dialogo.

L'unico modo per favorire la de-escalation è fermare l'azione militare e riaprire un percorso negoziale per portare pace e sicurezza nella regione mediorientale. La strategia dei dazi è solo un antipasto, ma si è già trasformata in una crisi, fatto che rischia di compromettere la stabilità economica globale e che per l'Italia si configura come un problema enorme, non certo come un'opportunità, come qualcuno vorrebbe farci credere. Vorrei ripartire dalle parole del Presidente Mattarella, che ha parlato di un errore profondo circa la previsione di dazi innescata da Trump.

Non è stata una gentile concessione la sospensione temporanea ma è stata una retromarcia necessaria, fatta a pochi passi dal baratro, dopo giorni di sconvolgimento sui mercati azionari e turbolenze sui titoli di Stato americani. Questa strategia spericolata di Trump, che usa i dazi come vera e propria arma contrattuale per spuntare accordi convenienti, genera incertezza, frena gli investimenti e comporta una contrazione degli scambi commerciali e un aumento dei prezzi che si ripercuote sui consumatori, sulle imprese, danneggiando l'economia globale. Il rischio di escalation di una vera e propria guerra commerciale è ancora dietro l'angolo. Rimane un clima di profonda incertezza che sta già condizionando negativamente le decisioni di consumatori e investitori.

Nel 2024 il nostro Paese ha esportato negli Stati Uniti ben 73 miliardi di euro, con un surplus commerciale di 43 miliardi. Numeri che parlano da soli; siamo tra i Paesi che hanno più da perdere da questa stretta protezionistica. Le stime più recenti, Presidente, ci dicono che con l'applicazione dei dazi al 20 per cento l'impatto sul nostro PIL potrebbe arrivare a un taglio dello 0,2 per cento nel 2025. L'Ufficio parlamentare di bilancio ha addirittura previsto una possibile riduzione di 68.000 posti di lavoro a causa dell'incertezza generata. Non è una minaccia lontana, è una realtà che bussa alle nostre porte, che bussa alle porte delle imprese, delle famiglie.

Di fronte a questa amministrazione americana sempre più imprevedibile e inaffidabile, il mondo di prima non tornerà e la risposta non può che essere europea, compatta, serena, ma determinata. Non si tratta di mettere in discussione l'Alleanza atlantica - ci mancherebbe - ma di fare gli interessi nazionali ed europei. Iniziative dei singoli Stati membri, infatti, indeboliscono la posizione negoziale dell'UE a fronte di vantaggi limitati in un sistema economico fortemente integrato come quello europeo.

È vitale quindi una strategia negoziale condivisa a livello europeo, negoziando non solo l'interscambio commerciale, ma anche sui servizi digitali e finanziari, mettendo sul tavolo una tassazione efficace per le big tech. L'Unione europea ha avviato negoziati con gli Stati Uniti, ma un accordo non è ancora stato raggiunto, soprattutto dopo il tentativo fallito del G7 in Canada. Il 9 luglio terminerà la sospensione dei dazi nei confronti dell'UE decisa da Trump, rendendo questa data un momento cruciale per riaprire il dialogo e cercare punti di convergenza. Parallelamente è fondamentale rilanciare l'iniziativa multilaterale per l'introduzione della global minimum tax per garantire che le multinazionali paghino una quota equa di tasse, riducendo la competizione fiscale e rafforzando le entrate pubbliche.

L'Europa, un mercato di 450 milioni di consumatori, la terza potenza globale e la seconda per commercio, deve avere la schiena dritta, consapevole della propria forza quando è unita. Dobbiamo rafforzare scelte come la creazione di un fondo europeo di sostegno, finanziato con i dazi di riequilibrio, e orientare le misure difensive verso i settori dove sono più forti la specializzazione e la pervasività dell'economia americana nel nostro continente.

È fondamentale anche attivare un nuovo quadro temporaneo per gli aiuti di Stato, sul modello SURE, per rafforzare la rete di protezione sociale dei lavoratori e rimuovere le barriere interne al nostro mercato unico europeo. E se citiamo il rapporto Draghi dobbiamo essere conseguenti e attuare le politiche industriali a livello europeo che quel rapporto chiede con forza, promuovendo un ampio impulso agli investimenti e ai consumi, anche attraverso una crescita dei salari, dei lavoratori e del potere di acquisto delle famiglie. Purtroppo sul fronte interno il Governo ha dimostrato ancora una volta la sua inadeguatezza: mentre l'Europa si muove, la maggioranza qui ha perso tempo prezioso minimizzando inizialmente l'impatto e presentando piani di sostegno che sono più un gioco delle tre carte che una vera strategia. È un fallimento, in particolare sulle politiche industriali. A quasi tre anni dal vostro insediamento non avete ancora una strategia chiara, pensiamo ad alcune crisi, quella drammatica dell'Ilva, dell'automotive con i fondi tagliati del 70 per cento, o al flop annunciato di Transizione 5.0.

Il Governo Meloni infatti ha assunto una posizione del tutto ambigua, schiacciata sulla linea dell'amministrazione Trump e isolata in Europa, relegando il nostro Paese del tutto ai margini delle trattative. Noi chiediamo una strategia di risposta più solida e credibile: rifinanziare gli ammortizzatori sociali e aumentare la dotazione finanziaria per l'internazionalizzazione delle imprese.

Sull'energia, signor Presidente, è inaccettabile che l'Italia paghi di più di qualsiasi altro Paese europeo. Il vostro decreto Bollette è stato troppo poco e troppo tardi, invece si può agire a costo zero, investendo sulle rinnovabili, semplificando i processi, disaccoppiando il prezzo dell'energia elettrica dal gas e sviluppando naturalmente i contratti a termine. Invertire la rotta è l'imperativo, Presidente. Servono una visione chiara, una strategia europea coesa e un sostegno concreto alle nostre filiere produttive e ai nostri territori.

Il Partito Democratico è pronto a fare la sua parte per difendere l'Italia e naturalmente il nostro futuro.