Data: 
Lunedì, 28 Aprile, 2014
Nome: 
Antonio Misiani

Signor Presidente, la mozione in discussione affronta sicuramente un tema delicato e di grande importanza, ma lo fa – e anticipo con queste parole la valutazione del Partito Democratico – con contenuti, con toni e con accentuazioni che noi non condividiamo. 
  È vero: come veniva ricordato, c’è stata una lunga parte della storia della Repubblica in cui le nomine delle aziende controllate o partecipate dallo Stato erano terreno di lottizzazione. Erano gli anni in cui il manuale Cencelli valeva non solo per gli incarichi di Governo, ma anche per la galassia di società controllate o partecipate dallo Stato e per il sistema bancario, che era in gran parte controllato dalla mano pubblica. 
  Negli anni Ottanta, anzi fino all'inizio degli anni Novanta, lo Stato, la mano pubblica controllava un quinto dell'economia e tre quarti del sistema bancario di questo Paese e allora veramente si poteva parlare di assalto alla diligenza nelle varie tornate di nomine pubbliche. 
  Ma quella stagione, la stagione delle partecipazioni statali, è largamente alle nostre spalle. Dal 1992 in avanti c’è stato in questo Paese un imponente processo di privatizzazioni, che ha generato introiti per 119 miliardi per le casse dello Stato ed ha largamente ridotto il peso del settore pubblico nel sistema produttivo e nel sistema finanziario. 
  Ci sarebbe tanto da discutere su un bilancio della stagione delle privatizzazioni e sul ruolo delle partecipazioni statali nello sviluppo economico di questo Paese e forse noi oggi affronteremmo questa discussione con toni diversi rispetto a quelli che vennero usati vent'anni fa. Ma non è questa la sede e quindi tralascio una discussione su questi contenuti. 
  Noi oggi ci occupiamo di nomine e su un punto credo che siamo tutti d'accordo, sono d'accordo le forze di maggioranza e quelle di opposizione in quest'Aula della Camera: è indispensabile consolidare una discontinuità rispetto ai metodi, ai criteri ed alla prassi vigente nell'era delle partecipazioni statali a cui facevo riferimento. E vanno sicuramente in questa direzione numerosi interventi via via assunti dal Parlamento e dal Governo. Da ultimo, come ricorda la mozione stessa, la mozione approvata dal Senato, Tomaselli ed altri, del 19 giugno 2013, la conseguente direttiva dell'allora Ministro dell'economia e delle finanze Saccomanni del 24 giugno del 2013, atti richiamati nelle premesse della mozione. 
  Mi permetto di aggiungere un altro atto rilevante: la risoluzione approvata l'8 aprile 2014 dalla X Commissione attività produttive del Senato, sempre in materia di nomine. E tutti questi atti del Parlamento e del Governo stabiliscono dei criteri importanti ed assolutamente condivisibili.

Ciò non toglie però, Presidente, che al netto di questi criteri, di questi punti fermi di onorabilità e professionalità che devono essere rispettati nelle nomine delle società a partecipazione pubblica, vi è il tema, rimane il tema di una necessaria assunzione di responsabilità da parte della politica e di chi guida il Paese.

Non esistono nomine neutre, buone per tutte le stagioni e per tutti gli indirizzi politico-programmatici. Le nomine in società controllate o partecipate dallo Stato devono avere un certo grado di coerenza con la cornice politico-programmatica del Governo pro tempore in carica. 
  E non spetta certo alle società di head hunting o ai comitati di garanzia la selezione finale di chi deve rivestire incarichi nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali. Il compito affidato alle società di cacciatori di testa, piuttosto che ai comitati di garanzia, che devono fare il filtro, è quello di un lavoro istruttorio di preselezione delle candidature. Un lavoro importante, che deve essere improntato alla massima trasparenza e al massimo rigore, basato su criteri di competenza, di professionalità, di onorabilità, di rispetto dei criteri richiamati dagli atti parlamentari e dalle direttive del Governo, ma la scelta finale non può che ricadere sulla responsabilità della politica. 
  E, da questo punto di vista, io credo che il processo di selezione messo in atto dal Governo nelle scorse settimane sia stato coerente con i criteri a cui facevo riferimento in precedenza. Lo testimoniano i curricula delle personalità che sono state indicate per i consigli di amministrazione e per i collegi sindacali di ENI, di ENEL, di Poste e di Finmeccanica. Sono curricula che testimoniano importanti esperienze imprenditoriali, di direzione aziendale, di partecipazione ad organi amministrativi di primarie società. Sono curricula che testimonianobackground, esperienze del tutto coerenti con i settori di attività in cui operano le imprese in cui sono stati nominati le donne e gli uomini oggetto della scelta del Governo nelle scorse settimane. 
  Ed è per questi motivi di valutazione complessiva che credo che molte accentuazioni polemiche della mozione presentata dai colleghi del MoVimento 5 Stelle vadano fuori bersaglio. Infatti, Presidente, qui Caligola non c'entra nulla. La verità è che questa prima tornata di nomine è andata esattamente nella direzione indicata dalle risoluzioni parlamentari e dalla direttiva del Ministro Saccomanni. 
  E a questo si aggiungono due ulteriori elementi che io credo vadano valutati positivamente: un importante elemento di innovazione rispetto agli organi amministrativi e ai collegi sindacali uscenti e un'assoluta novità dal punto di vista dell'equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società che ho citato, su cui si è esercitato, come purtroppo spesso accade in questo Paese, un eccesso di ironia. La verità è che per la prima volta abbiamo donne ai vertici, come non mai era accaduto in passato, delle principali società controllate o partecipate dallo Stato. 
  Quanto ai presunti limiti della direttiva Saccomanni – e mi avvio alla conclusione – che venivano ricordati nella mozione dei colleghi del MoVimento 5 Stelle (l'assenza di un limite massimo ai mandati, l'assenza di un limite massimo di età degli amministratori), limiti giudicati poco stringenti per l'eventuale nomina di politici non rieletti, io mi limito a dire che sono opinioni naturalmente assolutamente legittime, ma io credo non condivisibili. 
  Non è condivisibile un approccio eccessivamente restrittivo al tema dei mandati dell'età degli amministratori. Il rinnovamento delle classi dirigenti è un tema importante in questo Paese, ma vivaddio l'esperienza non può e non deve diventare un disvalore nella selezione della classe dirigente di questo Paese. Dobbiamo trovare un punto di equilibrio garantista anche sul tema dei procedimenti giudiziari e penso che il punto di equilibrio trovato nella direttiva Saccomanni sia il punto di equilibrio giusto per quanto riguarda il tema delle condanne anche in via non definitiva che diventano fattore di esclusione dalla nomina nelle società controllate o partecipate dallo Stato.
  Aggiungo qualche parola sul tema del limite che il MoVimento 5 Stelle vorrebbe alzare a cinque anni della non nominabilità di chi ha ricoperto incarichi elettivi. È un'idea che considero del tutto non condivisibile. 
  Io credo che vada messo un punto fermo anche nel dibattito politico nel nostro Paese. Non è pensabile che chi ha servito il Paese ricoprendo incarichi elettivi, dal più piccolo consiglio comunale alla Camera dei deputati, al Senato della Repubblica, debba essere trattato come un appestato che deve rimanere in quarantena per anni e anni prima di potere essere speso, utilizzato o rimesso al servizio della cosa pubblica in altri incarichi. Questo è un principio non accettabile. Credo che vada difeso, invece, il punto di equilibrio trovato anche su questo tema nelle risoluzioni parlamentari e negli atti di Governo che si sono espressi sui criteri di nomina nelle società pubbliche. 
  Ho concluso veramente, signor Presidente: nessuno vuole tornare agli eccessi del manuale Cencelli e della lottizzazione selvaggia che hanno purtroppo caratterizzato molti decenni della storia della Repubblica, ma sarebbe un errore passare da un eccesso all'altro, abdicando ad una responsabilità che la politica si deve assumere fino in fondo nel momento in cui si decide che lo Stato deve mantenere delle partecipazioni significative in alcune imprese ritenute di valenza strategica. Finché è così, la politica e chi guida pro tempore il Governo deve assumersi la responsabilità delle scelte finali. È chiaro che deve farlo con una base solida di onorabilità e professionalità delle donne e degli uomini che devono essere indicati per i consigli di amministrazione e per i collegi sindacali. Sta a noi ricercare il migliore punto di equilibrio da questo punto di vista sulle nomine. Sta a noi, sta al Parlamento valorizzare il più possibile la propria funzione di controllo sullaperformance degli organi amministrativi, sui risultati che via via raggiungono o non raggiungono coloro che vengono nominati nei consigli di amministrazione delle società a partecipazione. 
  Credo però che con le nomine fatte dal Governo poche settimane fa noi abbiamo compiuto in questa direzione uno sforzo, un passo in avanti apprezzabile che intendiamo difendere e valorizzare.