Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 17 Settembre, 2025
Nome: 
Andrea Casu

A.C. 1917-B

Grazie, Presidente. Durante questa lunga notte, durante questa giornata, durante queste ore, tante sono le argomentazioni che abbiamo ascoltato in quest'Aula, tante sono le motivazioni e le idee, anche diverse, differenti, su cui ci siamo confrontati. Però c'è un aspetto che spero ci possa vedere uniti in quest'Aula, in questo momento, a quest'ora, dopo tutte queste ore di lavoro: io penso che dobbiamo tutti ringraziare fortemente le funzionarie e i funzionari della Camera, tutto il personale dipendente, le donne e gli uomini che, con il loro lavoro - un lavoro che non ha avuto sosta durante questa notte - ci hanno consentito di svolgere quella che è la nostra funzione parlamentare.

Ora, io non voglio entrare nelle polemiche; voglio dire però il senso, dal mio punto di vista, dal nostro punto di vista, dell'importanza di questo passaggio, che è il motivo per cui oltre cinquanta parlamentari del gruppo del Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista sono già intervenuti per ribadire il nostro forte, secco e determinato “no” a questa proposta, a questa modifica della Costituzione.

Noi pensiamo che sia veramente pericolosa la direzione verso cui si sta avventurando questo Governo e, badate bene, non è il tema della separazione delle carriere. Noi sul tema della separazione delle carriere ci siamo anche confrontati nella scorsa legislatura: la riforma Cartabia è intervenuta; le porte girevoli non esistono già più nel momento in cui è possibile un unico passaggio nei primi dieci anni tra funzione requirente e funzione giudicante (nei primi dieci anni e poi nessun'altra possibilità di passaggio); i numeri minimi che ci sono stati dimostrano come la separazione delle carriere ci sia già nei fatti nel nostro sistema, così come la separazione delle funzioni, che sono funzioni distinte e distanti e che è giusto che mantengano funzioni diverse. Qui noi abbiamo un attacco a quella che è la separazione dei poteri, che viene portato avanti con un metodo che è molto pericoloso.

Non può non essere osservato con attenzione il fatto che noi ci ritroviamo per la prima volta una riforma costituzionale che arriva all'esito finale, agli ultimi passaggi parlamentari, senza un reale dibattito, con esclusione delle poche battute che abbiamo ascoltato in quest'Aula negli ultimi interventi della maggioranza; che non è stata modificata in alcun modo e che addirittura, questo l'aspetto che abbiamo appreso e che non può e non deve assolutamente diventare precedente con una pretesa della maggioranza di avere anche il diritto di poterla votare ad ora certa. Cioè, di poter sapere che l'attenzione, che viene destinata a un passaggio così importante, una modifica che va a toccare la nostra Costituzione, della maggioranza che decide debba essere concentrata in un orario definito. E, anzi, per questo abbiamo assistito a una forzatura. Perché, veramente, chiamare e invocare la fiducia nella giornata di ieri, quando avremmo potuto tranquillamente portare avanti il nostro dibattito, senza tra l'altro chiedere lo sforzo che abbiamo chiesto alle persone che hanno dovuto lavorare durante questa notte, ci avrebbe consentito comunque di terminarla nei tempi che erano stati indicati. Perché il nostro obiettivo era ed è sempre stato quello di rappresentare le posizioni, non quello di fare ostruzionismo, quello di alzare la nostra voce.

Quindi, da questo punto di vista, noi siamo molto preoccupati. Per quanto riguarda poi il modo in cui siamo arrivati alla discussione di oggi, io penso che ci sia un segnale che personalmente considero importante. Noi ieri mattina, insieme all'onorevole Sarracino, eravamo in piazza Capranica al fianco di 12.000 lavoratrici e lavoratori precari del PNRR della giustizia, che avevano aderito allo sciopero promosso dalla Funzione Pubblica CGIL a Roma e in tutta Italia, per chiedere la stabilizzazione e il riconoscimento delle professionalità anche del personale già di ruolo del Ministero della Giustizia. Ecco, noi stavamo per entrare in questo momento decisivo della discussione e fuori da quest'Aula bussavano alle porte del Parlamento 1.200 ragazze e ragazzi già immediatamente impegnati per far funzionare meglio la giustizia, che hanno fatto un'esperienza, che sono pronti a dare un contributo e che danno già quotidianamente un contributo indispensabile. E sarebbe stato bello portare le loro istanze, portare le loro inquietudini, le loro preoccupazioni, il loro futuro e il contributo che vogliono dare in quest'Aula. Affrontare il tema delle tante questioni di cui ci dobbiamo occupare per far funzionare meglio la nostra giustizia, per far durare di meno i processi e per dotare i nostri tribunali e non solo di quelle figure professionali, perché tanti passaggi camminano sulle gambe delle donne e degli uomini che li devono portare avanti. Noi da questo punto di vista possiamo e dobbiamo fare di più.

E invece questa occasione è stata persa. Noi abbiamo cercato in tutti i passaggi di richiamare l'attenzione del Governo su quelle che sono le vere priorità che dovevano essere affrontate e abbiamo trovato un muro. Un muro invalicabile, perché l'obiettivo era un altro. Era di portare a compimento un patto che tiene insieme le forze di maggioranza e che prevedeva il raggiungimento di questa bandierina. Ma è una bandierina che viene conficcata nel corpo vivo del Paese e che non produce risultati positivi, se non quello di consentire ad alcuni parlamentari di poter rivendicare una vittoria. Ma quella che avremmo dovuto invece rivendicare è una vittoria collettiva su un tema su cui non ci dovrebbero essere divisioni, ma ci dovrebbe essere anzi la necessità di costruire punti di incontro e di confronto.

Per questo cercherò di inserire in questa discussione come, a mio avviso, questo dibattito, questa scelta, queste modifiche alla Costituzione, siano profondamente intrecciate a un altro dibattito, a un altro confronto, che stiamo vedendo portare avanti dal Governo e su cui richiamo l'attenzione della Sottosegretaria presente. Avrei voluto poter richiamare l'attenzione del Ministro, ma sono sicuro che per suo tramite sarà possibile portare anche all'attenzione del Ministro Nordio questa preoccupazione. Ora, noi abbiamo sentito e assistito a voci autorevoli del Governo da più parti invocare la necessità di poter controllare quelle che sono le applicazioni di messaggistica che offrono la crittografia end-to-end. Ora, oggi, noi tutti facciamo passare le nostre comunicazioni attraverso dei sistemi sapendo che, attraverso delle chiavi crittografiche, queste comunicazioni sono protette. Non succede solo in Italia, succede nel mondo. È una tecnologia chiaramente avanzata e che chiaramente garantisce la segretezza delle nostre conversazioni e delle nostre comunicazioni. È chiaro che c'è un tema di come intervenire, ma ci sono strumenti adeguati laddove è necessario, nelle more di quelle che sono le prerogative dell'autorità giudiziaria di conoscere poi il contenuto di queste conversazioni.

Ma l'idea che qualcuno sta cercando di portare avanti al Governo è quella di poter seguire una strada, che è la strada che altri Paesi hanno cercato di portare avanti. Recentemente, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo ha esplicitamente sanzionato la Russia per la sua normativa anti-crittografia.

Cioè, l'idea di prevedere la necessità, per operare nel nostro Paese, di donare e di rendere disponibile una chiave di tutte le comunicazioni crittografiche, che possa essere poi immediatamente azionabile per conoscere il contenuto di quelle conversazioni produce un effetto pericolosissimo, perché una volta creata una chiave se ne possono creare cento. Una volta rotto il vincolo della crittografia end-to-end, o - come è successo in altri Paesi - i principali operatori decidono di lasciare il Paese o di sospendere la crittografia end-to-end, esponendo quindi tutte le comunicazioni dell'intero Paese, non solo all'esposizione nei confronti di quelli che sono i legittimi interventi dell'autorità giudiziaria, ma nei confronti della possibilità di essere ancora più esposti nei confronti degli attacchi informatici, degli attacchi hacker e di qualunque tentativo di intrusione nelle conversazioni di tutti noi. Oppure - ancora peggio - ci ritroveremmo nella condizione in cui, di fatto, non avremo più accessibili questi servizi e ci ritroveremo nel nostro Paese a non poterne godere. E tranquillamente sapremo, avendo reso vietata questa tecnologia, che chi vuole aggirare questo sistema troverà strumenti illegali per poter continuare comunque a comunicare attraverso una crittografia end-to-end. Avremo semplicemente negato la possibilità a tutti quanti i cittadini. E da questo punto di vista, noi, in occasione del confronto parlamentare sulla cybersicurezza, avevamo posto il tema di vietare esplicitamente, con la legge n. 90 del 2024, l'inserimento nei sistemi delle backdoor. Lo avevamo fatto per tante ragioni: per tutelare la segretezza delle comunicazioni legittime dei cittadini e delle cittadine, ma anche per tutelare quelle imprese che anche nel nostro Paese stanno, con coraggio, cercando di affermare e di ottenere una parità regolatoria con le aziende extra UE e produrre prodotti di eccellenza. Ecco, da questo punto di vista noi siamo molto, molto preoccupati. Ecco, non vorremmo che il disegno complessivo di questo Governo, questa separazione dei poteri che viene infranta, questa volontà di mettere la magistratura sotto il controllo politico, parallelamente a una scelta politica molto pericolosa, cioè, quella di far...