Presidente, la presente proposta di legge intende porre fine alla situazione paradossale venutasi a creare agli inizi del Novecento e che riguarda 200 famiglie di Chioggia. La vicenda rappresenta un caso emblematico, che dimostra come la pubblica amministrazione, quando si avvita su se stessa, può diventare fonte di gravi soprusi per i cittadini. La legge che andiamo ad approvare rende finalmente giustizia, dopo un secolo, a 200 famiglie chioggiotte, che hanno temuto di perdere la casa costruita con tanti sacrifici. Stiamo parlando di case popolari di pescatori, ortolani, agricoltori, costruite quindi dai ceti popolari della città di Chioggia; abitazioni che sono trasmesse nel corso dei decenni di padre in figlio fino ai nipoti. Questa legge pone fine a un vero e proprio calvario e rappresenta un esempio di buona politica, a dimostrazione che quando i parlamentari, le forze politiche e le istituzioni sanno mettersi in ascolto dei cittadini sono in grado di offrire soluzioni concrete ai problemi delle persone e lo possono fare in modo trasversale, al di là delle appartenenze politiche.
La vicenda, signor Presidente, ebbe origine nel 1920, cent'anni fa, quando si rese necessario imbonire gli specchi d'acqua lagunari e costruire urgentemente il muro di sponda del canale Lusenzo per esigenze di igiene pubblica e riassetto idrogeologico del territorio. A causa della difficile situazione economica dopo la fine della prima guerra mondiale, né il Magistrato alle acque di Venezia, né il comune di Chioggia furono in grado di intervenire per la mancanza di risorse; pertanto venne proposto ai cittadini di costruire a proprie spese il muro di sponda, con l'intesa che in cambio dei lavori avrebbero ricevuto gli appezzamenti di terreni bonificati, dove avrebbero potuto costruire le proprie abitazioni. I terreni, per legge, divennero automaticamente demanio marittimo e perciò inalienabili, e negli anni Sessanta passarono al patrimonio dello Stato, senza però che vi fosse un atto formale che sancisse che la proprietà sarebbe passata ai cittadini, come da accordi degli anni Venti.
Negli anni su quei terreni sono stati costruiti immobili regolarmente registrati al catasto e inseriti nel piano regolatore della città di Chioggia, su cui vengono regolarmente pagate tasse e imposte.
Il trascorrere del tempo ha fatto cadere in oblio la vicenda finché, a seguito del federalismo demaniale previsto dal decreto legislativo 28 maggio 2010, l'Agenzia del demanio di Venezia ha predisposto delle verifiche e, resasi conto della presenza di costruzioni su aree di proprietà dello Stato, ha inoltrato ai residenti le richieste di pagamento dei canoni di locazione, compresi gli arretrati, per decine di migliaia di euro. Purtroppo, la burocrazia ha continuato a mostrare la sua totale indifferenza anche quando l'iter del provvedimento che stiamo discutendo aveva già avviato il suo corso, tant'è che alcune famiglie si sono viste recapitare pochi mesi fa cartelle esattoriali tra i 70 mila e i 250 mila euro e, in alcuni casi, provvedimenti di ipoteca delle abitazioni e pignoramento dei conti correnti, azioni vessatorie che hanno generato negli abitanti un clima di insicurezza e in molti casi di vera e propria disperazione. Come se non bastasse, signor Presidente, in un quadro di così grande incertezza molte delle famiglie di Riva Lusenzo sono state colpite anche dall'acqua alta eccezionale dello scorso novembre che a Chioggia ha raggiunto quota 170 centimetri. A causa degli allagamenti le abitazioni hanno subito diversi danni a impianti elettrici, idraulici, alle murature, agli elettrodomestici e al mobilio per svariate centinaia di migliaia di euro. Ora finalmente, grazie alla proposta di legge che andiamo ad approvare, i terreni passeranno al comune di Chioggia. Il provvedimento in esame va quindi a risolvere la vicenda delle case di Riva Lusenzo e rappresenta un bel segnale di attenzione verso una città troppo spesso trascurata.
Sono molteplici le questioni aperte ma deve essere affrontata con tempestività anzitutto la vicenda di Chioggia che riguarda il deposito GPL. Mi riferisco a un deposito di 9.000 metri cubi di GPL in zona Val da Rio della laguna sud: un intervento considerato a rischio di incidente rilevante poiché realizzato vicino a una zona densamente abitata, che pone diverse criticità in particolare per la sicurezza e la salute dei cittadini e rischi per il fragile ecosistema lagunare. Chioggia non vuole il deposito: l'ha già detto in tutte le lingue. Contro l'apertura dell'impianto sono state raccolte oltre 15.000 firme. Il consiglio comunale ha già deliberato all'unanimità con tre atti successivi la contrarietà all'impianto. Personalmente ho presentato un'interrogazione al Governo per chiedere che intervenga per bloccare il deposito GPL. Ci sono stati diversi incontri al MISE e da ultimo, nei giorni scorsi, si è svolto un sopralluogo nell'area dove sorge il deposito da parte della Commissione UNESCO, in quanto la laguna di Venezia, com'è noto, è un sito patrimonio dell'umanità. Ma tutto è ancora sospeso e il Governo credo debba intervenire al più presto per chiudere anche la vicenda che riguarda la città di Chioggia.