Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 22 Luglio, 2020
Nome: 
Alberto Pagani

A.C. 875-A/R

Signora Presidente, sottosegretario, colleghi, è utile affrontare la discussione su questo importante provvedimento facendo un rapido excursus sulla sua genesi. Noi legislatori siamo stati chiamati in causa dalla sentenza della Corte costituzionale che, nel sopprimere il divieto per il personale militare di costituire associazioni a carattere sindacale, ha indicato chiaramente quali sono le prerogative da tutelare per garantire, insieme al valore della libertà sindacale, anche quel bene essenziale che è la sicurezza del Paese, che le Forze armate hanno il dovere di garantire.

Con la riforma del servizio di leva è stato semplicemente sospeso il reclutamento obbligatorio, per sostituirlo con uno volontario. Oggi sono i nostri volontari tutti, uomini e donne, di ogni ordine e grado, a garantire in prima linea quel sacro dovere indicato dall'articolo 52 della Costituzione. Nello scrivere questa legge era necessario conciliare esigenze diverse, ma non opposte né inconciliabili.

Le nostre Forze armate, per adempiere al ruolo che la Costituzione affida loro, hanno l'assoluta necessità di garantire seriamente la disciplina interna e la coesione lungo tutta la scala gerarchica. Un concetto di disciplina che non è più definito nell'ordinamento militare dalla vecchia formula che la vedeva pronta e assoluta, ma come partecipazione consapevole agli ordini ricevuti. La differenza fra queste due formulazioni è abissale, e rappresenta lo spartiacque tra un ordinamento che si informa allo spirito democratico della Repubblica e una semplificazione sbagliata con la quale abbiamo convissuto per troppo tempo, che indicava, in omaggio alla disciplina, il valore assoluto dell'obbedienza.

In particolari momenti storici, come ai tempi della Grande guerra, e in condizioni altrettanto particolari, ovviamente, la forzatura estrema su questo tema ha portato a condannare alla fucilazione e ad accettare la pratica delittuosa della decimazione dei nostri soldati che a volte erano colpevoli proprio di reati contro la disciplina. Ma la storia insegna a chi la studia e a chi ha l'umiltà di riconoscere gli errori e di imparare qualche cosa.

Tornando all'oggi e al provvedimento, che per la seconda volta giunge in Aula, voglio ricordare che questo secondo passaggio, dopo la decisione di ritorno in Commissione, è anche il risultato di una posizione politica assunta dal Partito Democratico, che decise di portare in Aula un proprio testo alternativo. Non si è trattato di una decisione dovuta alla collocazione politica del Partito Democratico, che allora stava all'opposizione, quanto alla profonda convinzione che andava superata una semplificazione che tuttora permane in alcuni ambienti che stanno misurandosi con l'esperienza sindacale avendo già costituito associazioni a carattere sindacale; un'impostazione secondo la quale per i militari sarebbe sufficiente fare come è stato fatto per le Forze di polizia ad ordinamento civile.

Senza scomodare i principi costituzionali ed il fatto che esiste il codice dell'ordinamento militare, è sufficiente guardare alla realtà organizzativa della Forza armata per cogliere le differenze. La questura e il commissariato rappresentano le due unità fondamentali sulle quali si basa l'organizzazione della Polizia di Stato; gran parte dell'attività operativa è condotta da piccole unità, unica eccezione gli interventi di ordine pubblico, che però conservano una altrettanto particolare disciplina organizzativa.

Nelle nostre Forze armate, lo stormo, la squadra navale e la brigata costituiscono le basi organizzative intorno alle quali si identifica, per migliaia di militari, l'autorità dei comandanti di corpo, quelli che nel lessico sindacale potremmo definire tranquillamente i datori di lavoro.

Dal comandante di un reparto a un comandante di grande unità siamo di fronte a datori di lavoro molto particolari, ed in certi aspetti potremmo dire imperfetti, in quanto privi di autonomia decisionale piena e soprattutto di autonoma capacità di spesa. Inoltre, a complicare ulteriormente le cose, in ciascuna di queste grandi realtà, si esercitano tutti i mestieri e le professioni che esistono nella vita civile e, forse, anche qualcuno in più. Rispettare i diritti e i doveri di questi lavoratori e i diritti e i doveri dei comandanti, in qualità di datori di lavoro, non è semplice. Proprio per questo, si è reso necessario un intervento legislativo, auspicato anche dalla stessa sentenza della Corte costituzionale. Dunque, serve equilibrio, che si perde, quando si sposa integralmente la visione di una parte sola. Nella fase iniziale del lavoro istruttorio, abbiamo presentato un nostro testo, solamente al termine di un articolato ciclo di audizioni in Commissione. Abbiamo preferito ascoltare diverse opinioni, prima di depositare un testo base. Dopo il ritorno in Commissione, debbo riconoscere - e ringraziare per questo i colleghi - che si è lavorato in un clima diverso e molto positivo, che ha consentito di superare alcuni nodi, che non erano stati sciolti in maniera adeguata precedentemente. Per questo, siamo fiduciosi che l'Aula possa apprezzare il nostro lavoro, approvando la nuova proposta, che ci accingiamo questa sera a votare. È un testo coordinato, che ha superato le classiche divisioni tra maggioranza e opposizioni e ha ricevuto in più punti, anche importanti, il contributo di tutte le forze politiche, ferme restando alcune differenze di impostazione. Nel dibattito pubblico e sui social network c'è anche chi, ovviamente, esprime giudizi negativi su questo provvedimento, ritenendolo un cedimento alle richieste dei vertici militari. È del tutto evidente che abbiamo discusso con i vertici militari e tenuto conto di alcune loro esigenze, così come abbiamo fatto con i Cocer e con le associazioni sindacali e anche con quelle nazionali del mondo del lavoro. Dovendo definire con legge quelle che dovranno essere le regole di comportamento, è evidente che queste regole debbono essere accettate da entrambe le parti in causa. Ed è corretto che sia così, è giusto che sia così. Per questo, con tutte le parti in causa ci siamo confrontati, ascoltandone e interpretandone le ragioni. Ci siamo impegnati per costruire un testo che, attraverso delle regole, deve avere come obiettivo quello di migliorare le condizioni di lavoro e di vita del personale militare e raggiungere la massima armonia e cooperazione a livello interforze. La capacità di operare e di garantire a loro stessi e al Paese la massima sicurezza dipende, quasi sempre, per i nostri marinai, dall'efficienza della nostra aviazione, per i nostri aviatori, dalla capacità di reazione rapida dei nostri soldati a terra, e viceversa. Questa reciprocità dei comportamenti interconnessi nasce da un'esigenza molto più forte di qualunque spirito di corpo ed è un obiettivo a cui devono tendere, da un lato, i comandanti, anche nella loro veste di datori di lavoro, e, dall'altro, i militari tutti, anche nella loro veste di lavoratori sindacalmente organizzati. Sarebbe sbagliato individuare gli uni come la controparte degli altri. L'esperienza sindacale che si sta avviando nelle nostre Forze armate non nasce dal nulla e non cade nel vuoto. Da quaranta anni ad oggi ha operato nel mondo militare un istituto di rappresentanza costituito su base elettiva, un'esperienza complessivamente positiva, che è cresciuta fino a conquistare il diritto alla definizione delle norme che regolano lo stato giuridico e il trattamento economico dei militari, attraverso decreti del Presidente della Repubblica, che rappresentano, di fatto, atti contrattuali, sottoscritti con il Governo, a seguito di una procedura di concertazione riconosciuta per legge. Il passaggio dal sistema della rappresentanza elettiva a quello della rappresentanza sindacale è un cambiamento molto profondo e si perfezionerà con decreti attuativi, che la nostra proposta di legge delega al Governo. Poiché è importante evitare un vuoto di rappresentanza, è auspicabile che le norme attuative siano adottate con la necessaria tempestività e finché i Cocer sono ancora in carica. Nel concludere, mi sia consentita un'ultima considerazione. Quello che votiamo oggi, evidentemente, come è stato detto più volte nel dibattito, è un testo di legge frutto di compromessi. Ma il compromesso e la mediazione non sono necessariamente sinonimo di impoverimento e di svilimento dei propositi iniziali, quando rappresentano la volontà di trovare una condivisione più ampia possibile su una base comune, per definire le regole del gioco. Il sindacato che nascerà non lo farà la legge, che serve solo a stabilire una cornice normativa, ma lo faranno i lavoratori delle Forze armate, che daranno vita alle associazioni militari a carattere sindacale. Potranno essere, questi sindacati, costruttivi e utili ai militari a riconoscere e tutelare nuovi diritti e nuove prerogative, oppure potranno essere sindacati inutilmente rivendicativi e conflittuali, incapaci di contribuire realmente al miglioramento della qualità della vita dei militari. Sarà il tempo a dirci quello che accadrà. Con questa legge siamo convinti che il Parlamento stia facendo quanto è nelle sue possibilità perché si realizzi la prima ipotesi e non la seconda, affinché i lavoratori militari godano di maggiori tutele ed operino al meglio per garantire la sicurezza del Paese. Per queste ragioni annuncio il voto favorevole del Partito Democratico.